Processi di gruppo e ruolo della leadership in un caso di spin-off di Impresa Sociale
Premessa: lo spin-off come cambiamento organizzativo. Una chiave di lettura.
L’idea di fondo di questo intervento è che la nascita di una cooperativa per processo di spin-off è assimilabile a un processo di cambiamento di cultura organizzativa per ciascuna delle componenti coinvolte, e che questa chiave di lettura favorisca una comprensione più ampia, se non di tutti, almeno di alcuni degli aspetti implicati. Ancora più che in altri tipi di organizzazione, infatti, nel contesto dell’impresa sociale gli elementi culturali acquistano una rilevanza che si lega agli aspetti di identità e appartenenza.
Utilizzo quindi l’analisi di un caso realmente avvenuto, qualche anno fa , in un territorio della Regione Toscana, come un esempio da utilizzare in casi di counseling organizzativo interno, ovvero in cui uno o più membri dell’organizzazione siano delegati a funzioni di counseling complementare1 nel supportare la gestione del cambiamento organizzativo in contesti organizzativi. Il focus sarà quindi sulla descrizione della gestione del processo, nel quale la funzione di counseling complementare è stata affiancata da un counseling esterno, quindi di tipo “primario”2, che ha orientato e sostenuto il primo nell’essere pienamente efficace.
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Gli strumenti utilizzati per la lettura del processo
Gli aspetti presi in considerazione, nell’analizzare questo processo, sono:
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il sistema di influenze:il contesto esterno e interno alla Cooperativa “madre” al momento dello spin-off
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il processo di cambiamento: i livelli implicati (a livello teorico) e le fasi di costruzione dell’”alleanza” che ha portato al cambiamento
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i problemi rilevati e le prospettive aperte nelle due cooperative, nella fase in cui il cambiamento viene “metabolizzato”
Per semplificare, chiamerò le due cooperative “madre” e “figlia”
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Il cambiamento organizzativo: una breve traccia teorica
Prima di analizzare il cambiamento che ha avuto luogo, vediamo cosa significa parlare di cambiamento per un’organizzazione.
Il cambiamento dei sistemi organizzativi è un processo complesso, legato alla complessità stessa dell’organizzazione, che va letta a più livelli. A partire dagli aspetti strutturali e dai sistemi di influenze, emerge un’immagine dell’organizzazione come insieme complesso di aggregati che interagiscono tra loro e che influenzano con le loro interazioni i cambiamenti all’interno dell’organizzazione. Quando si propone un cambiamento organizzativo, si interviene quindi su livelli diversi, ma si vanno anche a toccare dimensioni profonde delle persone coinvolte: l’identità lavorativa ha infatti assunto nella nostra cultura un’importanza determinante nell’identità individuale, e il contesto lavorativo ha in parte sostituito il ruolo identificatorio e di appartenenza svolto in precedenza altre agenzie, ora in crisi e non più riconosciute valide dalla nostra cultura. Il cambiamento del proprio contesto lavorativo diventa allora una sfida interessante per chi è umanamente ricco di risorse umane e professionali, e sa di avere l’opportunità di sostituire ciò che perde con qualcosa di ugualmente o maggiormente vantaggioso3. Tuttavia, il cambiamento di uno dei contesti dove si ricevono la maggior parte dei riconoscimenti diventa spesso un rischio e un pericolo per chi è coinvolto in questo processo, e può risultare in certi casi, a livello individuale o di gruppo, un vero e proprio “attacco all’identità4” .
Come nota Orsenigo, il cambiamento organizzativo è spesso rappresentato da chi lo promuove come un processo lineare, o comunque governabile, purché si rispettino certe condizioni di partenza, e vi sia una chiara volontà di attuarlo. Pertanto, se il cambiamento non avviene nei termini previsti, la causa è talvolta riferita a una “cattiva volontà”5 di chi lo promuove o di chi lo recepisce, con un’evidente visione passiva e meccanica delle interazioni tra gli attori in gioco. Questo approccio, che ritiene qualsiasi cambiamento come un progresso tout court, confonde l’obiettivo con il processo e deriva da una visione semplificata delle organizzazioni, in cui il modello di funzionamento è razionale e centrato o sulla realizzazione di compiti e attività tecniche, o sul raggiungimento di un obiettivo comune: viene considerato solo l’aspetto razionale dell’organizzazione6, o comunque la sola struttura visibile. In realtà, sappiamo come la vita di una un’organizzazione sia legata anche alla struttura nascosta, di cui parlano vari Autori che si sono occupati di gruppi e organizzazioni, riferendosi non solo agli individui ma anche ai gruppi che li costituiscono, e che interagiscono e attivano conflittualità e resistenze. Sempre Orsenigo rileva come “sono spesso di maggior ostacolo al cambiamento le rigide rappresentazioni della situazione che utilizzano i membri dell’organizzazione, piuttosto che i vincoli esterni”7.
Introdurre cambiamenti significa dunque tenere conto di questa molteplicità di livelli, affinché non risultino eccessivamente distonici rispetto alla situazione di partenza dei gruppi e degli individui coinvolti; significa soprattutto “…. supportare un processo di cambiamento culturale nell’organizzazione … preparare e formare le risorse umane per tempo, in modo che .. siano in grado di affrontare in modo .. consapevole e costruttivo le soluzioni innovative per il futuro8”.Per far ciò, Giuli propone di considerare tre aree, ognuna delle quali deve essere investita affinché il cambiamento risulti efficace e funzionale, in un modello a cerchi concentrici (cfr Fig.1):
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l’area delle relazioni formali, ossia l’area della struttura pubblica. A questo livello, si creano le condizioni per il cambiamento, ma le innovazioni formali non sono sufficienti a creare da sole il consenso; se la proposta è fatta solo a livello formale, infatti, i membri dell’organizzazione rispondono “adattandosi” alla proposta di cambiamento, ma non si crea la possibilità di interiorizzarlo.
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l’area delle relazioni informali, ovvero i processi di gruppo, tra la leadership e i membri, che vanno riferiti alla cosiddetta “struttura privata”, o nascosta. A questo livello i membri mostrano di solito agitazione nei confronti della leadership: dopo una prima reazione di adattamento, si genera frequentemente un attacco alla leadership; esso va gestito attraverso l’apertura di canali di informazione che rendano possibile processi di comunicazione bidirezionali. E’ il momento in cui il progetto va discusso e condiviso, facendo leva sulle competenze di chi vi è coinvolto e sui vantaggi –e i rischi- che comporta il raggiungimento dell’obiettivo. Le modalità possono essere diverse, ma sostanzialmente consistono nel dare e richiedere informazione, nel “dare il permesso” di esprimere le proprie opinioni, incertezze, paure, nel richiedere esplicitamente partecipazione e collaborazione.
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l’area delle tracce o attribuzioni inconsce: è il livello della cosiddetta imago, cioè l’immagine interna che i membri di un gruppo hanno rispetto a ciò che il gruppo stesso dovrebbe essere, in base a passate esperienze, soprattutto dei gruppi primari (a partire dalla propria famiglia). Questa terza area, relativa alla struttura nascosta, è di fatto strettamente connessa alla precedente, ed ha a che fare con i ruoli e il sistema di riconoscimenti delle persone coinvolte nel cambiamento: si va ad incidere sulle attribuzioni di ciascuno verso gli altri membri dell’organizzazione e dei sottogruppi di appartenenza, sulle caratteristiche dei rapporti instaurati, legati alla struttura di personalità delle persone coinvolte e alla cultura a livello profondo del gruppo interessato. La gestione del cambiamento a questo livello non implica certo intervenire sulle dinamiche profonde, quanto prevederle e tenerle in considerazione: significa pensare in tempo a favorire nuove modalità di reperimento e ottenimento di riconoscimenti, basate magari su nuovi equilibri e dinamiche interpersonali9.
(rielaborazione da: M.Giuli , pag.77)
- Il sistema di influenze
Analizziamo quindi il processo di cambiamento vero e proprio, che ha portato alla nascita della nuova cooperativa per spin-off; prima di prendere in considerazione i processi avvenuti nelle tre aree, è fondamentale definire il contesto nel quale tale cambiamento è avvenuto, ovvero i sistemi di influenze che hanno contribuito a determinare le modalità con cui si è verificato.
Riprendendo la definizione di S.Rossi, ,l’organizzazione – e quindi anche una cooperativa- è “un particolare costrutto sociale complesso all’interno del quale interagiscono un insieme di parti o sistemi sociali dinamici, che operano in funzione di coalizioni complesse di gruppi diversi”10.
Per comprendere a fondo i processi organizzativi, le interazioni tra i diversi gruppi, occorre individuare quelli che sono i sistemi di influenze, situati a 3 livelli: esterne al contesto organizzativo, interne all’organizzazione - come interazione tra sottosistemi- e interne ai piccoli gruppi. Ciascuno di questi livelli, macrosociale, macroorganizzativo e microsociale, è portatore di una sua cultura: si parla quindi di cultura esterna, cultura organizzativa e cultura del piccolo gruppo, ciascuna delle quali determina la cultura dell’organizzazione, e interagisce nei processi di cambiamento, determinandone le modalità11.
Vediamoli nel caso delle due cooperative.
Il livello Macrosociale
A livello di contesto esterno, la scelta di attivare il processo di spin-off appare un’azione soprattutto preventiva, rispetto alle possibilità che altri soggetti si affaccino sul territorio interessato. Da parte dell’Amministrazione del Comune di F., con cui la Cooperativa “madre” ha attivato da anni un buon rapporto, non si rilevano ostacoli al processo attivato. Infine, in relazione alle prospettive di sviluppo, si intravedono buone opportunità, soprattutto nel settore minori e infanzia, dove la Cooperativa è presente con due servizi di Nido. Solo successivamente si penserà di aggregare allo spin-off della zona di F. anche quelle di S. e C.: tutte e tre fanno infatti parte della stessa Conferenza di Zona12, che può così costituire un interlocutore unico, e in tutte e tre la Cooperativa non è finora riuscita ad ampliare in maniera significativa la propria presenza.
Il livello Macro-organizzativo
La decisione di attivare processi di spin-off in vari territori della Cooperativa “madre” si situa in linea con la cultura imprenditoriale di quest’ultima, che coniuga la necessità di mantenere il radicamento territoriale con lo sviluppo: questo è infatti considerato una conseguenza del primo. Laddove infatti si è fortemente radicati, si è anche in grado di leggere bisogni e di recepire opportunità. La decisione di procedere allo spin-off per la Cooperativa “madre” si colloca quindi in un preciso momento della sua storia e in un quadro di riferimento culturale ed imprenditoriale ben definito nelle sue coordinate principali.
Una prima tappa del processo è stata, due anni prima la nascita del Consorzio “C.” , di cui la cooperativa è stata fondatrice: con la nascita del Consorzio , nasce il contenitore, nasce la rete che dovrà orientare e sostenere le cooperative presenti nei singoli territori.
Inoltre, con l’adesione al Consorzio, per la cooperativa si aprono nuovi scenari ed aumentano le conoscenze ; in particolare, la cooperativa entra in contatto con una rete nazionale di consorzi all’interno della quale i processi di spin-off sono esperienza consolidata, know how ormai acquisito che, grazie a contatti, incontri e formazione, viene trasmesso ai dirigenti e agli amministratori della cooperativa.
Lo spin-off della cooperativa “madre” non nasce quindi per caso: esso trova la sua ragione e la sua spiegazione nell’adesione ad una rete e ad un sistema, locale e nazionale, che poggia la propria azione imprenditoriale su valori ed orientamenti chiari e forti, che non hanno possibilità di essere fraintesi, né di non essere praticati una volta scelto di aderirvi. Per la cooperativa “madre” questo ha significato mettere mano alla sua prima azione di spin-off e far nascere la cooperativa ”figlia”.
Il livello micro organizzativo
Inizialmente, come abbiamo visto, i gruppi coinvolti nella nascita della cooperativa ”figlia” coincidono con le équipes di lavoro di due Nidi presenti su territorio della città di F.. A livello di dinamica dei gruppi, il processo viene attivato in un momento delicato, in cui tra il gruppo di F. e la dirigenza della Cooperativa “madre” sono emerse forti conflittualità:alla distanza fisica e al relativo isolamento di quel territorio si somma uno scarso senso di appartenenza della base sociale, leggibile attraverso una serie di manifestazioni sia all’interno del gruppo di lavoro che nella gestione dei rapporti tra leadership e soci. Sarà dunque questo un elemento di cui si dovrà tenere conto nella gestione del processo.
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La costituzione dell’alleanza per il cambiamento: come è stata attivata dalla leadership nella gestione dello spin-off di.
Tenendo conto di quanto detto finora, è evidente che qualsiasi cambiamento organizzativo, e uno spin-off in particolare, richiede da parte della leadership che lo promuove la ricerca di alleanze con i “sistemi sociali” interessati, al fine di attivare azioni efficaci, che abbiano presente la complessità dei processi implicati13. La ricerca di alleanze si realizza attraverso il passaggio di varie fasi: per leggere il processo che ha portato alla nascita della nuova cooperativa, utilizzerò una sequenza che S.Rossi indica come tipica di un cambiamento organizzativo pianificato, ovvero:
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Decisione dell’introduzione di una modifica o di un cambiamento organizzativo
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Comunicazione di tale modifica
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Interpretazione di tale modifica da parte dei diversi livelli organizzativi coinvolti
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Resistenza-opposizione a tale modifica
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Negoziazione di tale modifica, (…) sia in relazione diretta all’oggetto del cambiamento sia in relazione al proprio rapporto con l’organizzazione
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Reinterpretazione di tale modifica
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Cristallizzazione di tale modifica, cioè acquisizione formale di quest’ultima
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Metabolizzazione di tale modifica come parte integrante della cultura organizzativa14
Possiamo ora analizzare i vari passaggi al momento dello spin-off.
Dalla decisione alla comunicazione dl cambiamento
Queste due prime fasi si situano a livello delle relazioni formali. In questa fase si possono analizzare le modalità della decisione presa e come la comunicazione è stata attuata e recepita inizialmente.
Abbiamo già visto che la decisione viene presa in un preciso contesto di tipo culturale, esterno ed interno. Alla fine dell’anno in cui nasce il Consorzio C., il CdA della Cooperativa “madre” individua quindi questa scelta come una strategia da perseguire, soprattutto in alcuni territori – come F. - in cui sono presenti servizi “storici”, che consentono “reggere” economicamente un distacco dalla Cooperativa, ma che non sono stati affiancati da altri servizi. Si ritiene che, attraverso la creazione di un nuovo soggetto, sia possibile imprimere nuova vitalità a uno sviluppo che appare “bloccato”.
La comunicazione viene gestita attraverso una serie di Assemblee di Area, che hanno lo scopo di preparare il terreno all’ Assemblea Generale; già in quest’ occasione, alcuni consiglieri di amministrazione anticipano che la zona dove hanno sede due servizi di nido, ha buone possibilità per essere “candidata” allo spin-off. In Assemblea viene poi sottoposto a discussione, e quindi a votazione, il documento di pianificazione strategica elaborato dal Consiglio, del quale è parte consistente l’attivazione dei processi di spin-off quale strumento di sviluppo.
Interpretazione e resistenza
L’emergere di una resistenza, come abbiamo visto all’inizio, è legata alla fisiologia e alla storia dei gruppi coinvolti, soprattutto se la loro interpretazione va in direzione opposta al cambiamento, in relazione alla propria “cultura” di partenza e al proprio sistema di riconoscimenti.
Coerentemente al contesto descritto all’inizio, emergono dunque forti resistenze soprattutto al momento della discussione assembleare: probabilmente, il livello accentuato di conflittualità impedisce al gruppo di F., che fa opposizione, di superare la dinamica presente, interpretando presumibilmente la proposta:
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come una conferma alla propria visione dei rapporti con la Cooperativa “madre”, da cui ritiene di non essere stato abbastanza coinvolto al momento della decisione;
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come un cambiamento che va contro l’immagine e la “cultura” del proprio gruppo, che non si sente pronto a partecipare a questo processo: questo implica, infatti, un coinvolgimento e un senso di appartenenza molto forti al sistema e alla sua cultura, che emergono come “distonici” rispetto al proprio gruppo.
Pertanto, in Assemblea l’intero gruppo di F. vota contro la proposta, a cui invece vota a favore la maggioranza dell’Assemblea, e la decisione viene comunque approvata come decisione assembleare.
Le resistenze si situano qui a livello delle “relazioni informali” e delle cosiddette “tracce”, che hanno a che fare con l’identità personale e di gruppo, con le rappresentazioni della situazione di cui parla Orsenigo.
Dalla negoziazione alla reinterpretazione
La fase della negoziazione è il momento in cui la leadership è chiamata a leggere le resistenze e ad attivare la parte dell’ Adulto15 dei membri del gruppo, ossia la parte capace di acquisire informazioni, rielaborarle e valutarle tenendo conto dei dati di realtà; si passa dalle relazioni formali a quelle informali, aprendo canali di comunicazione bidirezionali e “dando il permesso” di manifestare opinioni e stati d’animo; soprattutto, come afferma Giuli, si tratta di “non assumere comportamenti da imbonitori, bensì da operatori del cambiamento, consapevoli delle difficoltà ma razionalmente convinti dell’efficacia dell’iniziativa”16. E’ anche il momento in cui, sempre per lo stesso Autore, si rende necessario rivedere le forme di riconoscimento in relazione alla cultura di partenza. Il tutto, al fine di creare quella che S.Rossi definisce “alleanza per il cambiamento”, che passa attraverso una reinterpretazione della proposta da parte dei gruppi coinvolti.
Abbiamo visto come, per il gruppo che esprime le resistenze più forti, la situazione di rapporto con la leadership sia fortemente incrinata, dove le modalità di riconoscimento reciprocamente possibili sembrano essere solo di tipo negativo. La strategia di negoziazione attuata dalla leadership è perciò quella di creare un contesto favorevole al confronto, uscendo dall’impasse della dinamica conflittuale: viene così attivato un gruppo di interesse, gestito da un membro del CdA,17 a cui si invitano i soci interessati al processo, allargando contemporaneamente il progetto di spin-off anche ai territori di S. e C., e relativi soci. Questo fa in modo che, chi non condivide il processo, possa mantenere la propria posizione di dissenso, mentre ad altri appartenenti al gruppo consente di esprimere anche una opinione diversa, in un contesto più allargato, dove le dinamiche conflittuali sono così diluite, ed è possibile un’attivazione della parte Adulta del gruppo. A questo scopo, viene organizzata una serie di incontri tenutisi dopo la decisione dell’assemblea, dove è esplicitamente chiesto ai soci di esprimersi personalmente in merito all’adesione al nuovo soggetto; la richiesta viene fatta, cercando di lasciare libertà e autonomia a ciascuno, ma anche con l’obiettivo di responsabilizzare il più possibile i soci nella propria scelta. Il fatto che ognuno si esprima, dichiari e definisca la propria posizione non sentendosi né valutato né giudicato al riguardo è infatti ritenuta una premessa necessaria per il buon proseguimento dello spin-off. Questi momenti rappresentano dunque una svolta importante, rassicurando gli indecisi o i contrari (potranno comunque continuare a svolgere il loro lavoro senza timore di perdere niente) e responsabilizzando maggiormente all’interno del gruppo i soci favorevoli. In linea con la strategia comunicativa descritta, questi incontri informali,- ma non lasciati al caso,- consentono di recuperare e risanare la frattura che il primo approccio comunicativo, di natura strettamente formale, aveva causato. L’alleanza si concretizza sostanzialmente nel prospettare lo spin-off come un progetto condiviso, da costruire insieme, e che non sia né una forma di “aggiramento” manipolatorio del problema legato alla conflittualità, né un’alternativa in contrapposizione alla Cooperativa di origine; la condivisione avviene semmai sulla cultura del radicamento territoriale, comprovata dalla presenza di un membro dell’Associazionismo locale, che partecipa praticamente dalle prime fasi al progetto della nuova Cooperativa. E’ quindi su questa base progettuale che si “reinterpreta” l’adesione al processo, e si genera una nuova immagine del gruppo: che è possibile, cioè, creare qualcosa di nuovo, senza ignorare o annullare l’esperienza passata, assumendosi la responsabilità della scelta.
Cristallizzazione del cambiamento
A questo punto, vediamo come il cambiamento viene formalmente concretizzato. Da un lato, solo pochi membri del gruppo di F. mantengono le proprie posizioni di partenza; dall’altro, il nuovo gruppo definisce la struttura e le caratteristiche della nuova Cooperativa, approvandone lo Statuto e arrivando alla Costituzione.
Dalla Cooperativa “madre” , la ”figlia” eredita alcuni elementi culturali: oltre a quelli di tipo valoriale, che abbiamo già visto, (l’aspetto “Genitoriale” o di Etichetta) gli aspetti tecnico-metodologici legati alla gestione e al coordinamento dei servizi, e alle modalità di gestione generale e sviluppo (ossia l’aspetto Adulto, o “Tecnica”). Questo è reso possibile dalla presenza nella leadership della nuova Cooperativa di due membri provenienti dal CdA della Coperativa “madre” in due ruoli strategici, rispettivamente Presidente e Vice-Presidente che si suddividono alcune funzioni-chiave (legate a: sviluppo e coordinamento generale, progettazione, il primo, e gestione delle risorse umane e monitoraggio della qualità dei servizi il secondo. Contemporaneamente, si attiva un processo che porta all’emergere di nuovi “quadri”, legato alla necessità di coordinamento dei servizi, già presenti o nascenti, processo che contribuisce anche alla coesione sociale, attraverso il riconoscimento delle potenzialità individuali.
Nel frattempo, si attiva tutto il complesso processo di passaggio di servizi dalla cooperativa “madre” alla cooperativa “figlia”, che richiede una serie di tempi tecnici non immediati. A monte, per la prima si tratta anche di compiere una riflessione sulle necessità di riassetto globale della Cooperativa, una volta avvenuto il distacco, sia in termini di risorse umane che economiche. Sarà questo il passaggio successivo, che vedremo meglio nella fase di metabolizzazione.
La cristallizzazione si concretizza dunque per la cooperativa “madre” nell’attivazione di un riassetto di tipo funzionale e gestionale, per la cooperativa “figlia” in una prima definizione di cultura e struttura, tra eredità e novità.
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La “metabolizzazione” del cambiamento: le due cooperative dopo lo spin-off
La metabolizzazione si può definire come l’assorbimento del processo di cambiamento in termini culturali e strutturali, una sorta di ridefinizione organizzativa ai vari livelli, a partire dal nuovo quadro di riferimento che si è venuto a creare per le componenti implicate.
Per la nuova cooperativa , si è evidenziato come la premessa del radicamento territoriale si confermi come strategia di sviluppo in linea con i riferimenti valoriali. La presenza costante sul territorio sta consentendo di rinforzare i rapporti fiduciari con le Amministrazioni, o di crearne di nuovi, anche attraverso l’intrecciarsi di relazioni “dal basso” con rappresentanti di soggetti significativi dal punto di vista territoriale. In questo senso si evidenzia una continuità “culturale”, anche rispetto al modello di gestione fortemente incentrata sullo sviluppo,derivante dalla cooperativa “madre”, che sottolinea l’importanza di rapporti costanti e personali . A livello di coesione interna, il processo di metabolizzazione si concretizza in un buon coinvolgimento, che evidenzia un senso di appartenenza abbastanza diffuso tra i soci aderenti alla Cooperativa. Inoltre, appare chiaro come lo spin-off abbia in qualche modo costretto a far emergere nuovi dirigenti e nuovi quadri, con tutto ciò che ne consegue in termini di valorizzazione delle potenzialità, crescita delle competenze, novità di stile, nuovi canali di comunicazione: il tutto con una ricaduta positiva sia sulla coesione interna che sul sistema più ampio (consortile).
All’inizio, restano comunque alcuni aspetti da tenere in attenzione : la struttura della leadership è quella iniziale, in cui Presidente e Vicepresidente si suddividono le funzioni principali. Va forse riconsiderata la funzionalità della struttura iniziale, a fronte di un ampliamento sia della base sociale che della rete di rapporti e del numero di servizi, e che si traduce in un aumento di complessità. Inoltre, anche se complessivamente il senso di appartenenza appare soddisfacente, in alcune parti potrebbe essere ulteriormente incrementato, laddove si nota un minor coinvolgimento: magari, andando a far emergere “le voglie” e le risorse di ciascuno, nell’ottica della valorizzazione e della delega diffusa.
E’ la cura dell’aspetto “Bambino”, o “Carattere” del gruppo, che non va sottovalutata.
E per quanto riguarda la cooperativa” madre”?
La cooperativa ha affrontato il processo di spin-off dalla parte di chi stava perdendo qualcosa, con tutti i sentimenti, le contraddizioni e le dinamiche che questo comporta. Essere la generatrice di un nuovo soggetto, ha costretto i suoi membri, in particolare la leadership, fare i conti con la propria identità le proprie paure e incertezze. Questo è stato più che mai evidente quando, passati i comprensibili entusiasmi per l’avvio di un progetto così importante, si è passati alla sua effettiva realizzazione. Se durante la fase di formazione dei nuovi dirigenti o durante le Assemblee e le innumerevoli discussioni con il nuovo gruppo, ciò che prevaleva era un sentimento di forza e fiducia profonda nella bontà dell’operazione, subito dopo l’avvio delle prime fasi operative ( dalla pianificazione dei conti al piano temporale dei vari passaggi di servizi, persone e risorse) si è iniziato ad avvertire un senso di privazione emotiva e affettiva che a volte ha rischiato di togliere lucidità e razionalità alle azioni. In primo luogo è stato necessario riuscire ad attuare un passaggio nella percezione di alcuni “vecchi” soci, considerandoli come un nuovo soggetto, un nuovo gruppo. E’ stato necessario procedere a questa separazione per evitare sovrapposizioni, invasioni di campo e confusione nel tracciare confini: era importante, prima di tutto, che la Cooperativa riconoscesse e legittimasse una nuova leadership ed un nuovo gruppo. Per fare questo è stato anche richiesto l’intervento di consulenti esterni, che hanno aiutato il gruppo della cooperativa” madre” ad affrontare e pianificare la gestione dello spin-off in modo più distaccato e per certi versi più efficace. Di seguito a questo, è stato necessario rafforzare il livello di comunicazione informale con il nuovo gruppo per aumentare il livello di fiducia e di sicurezza, gestito, come abbiamo visto, nella fase di negoziazione.
In sostanza, si è trattato di modificare la propria percezione di sé e quella dei rapporti interni ed esterni, che giocoforza sono andati modificandosi, modificando pertanto gli equilibri precedenti, sia a livello relazionale che strutturale. E’ stato anche necessario rinforzare la parte Adulta, non solo del gruppo che si staccava, ma anche del proprio, per i motivi evidenziati.
L’intervallo di tempo intercorso tra la decisione di attuare lo spin-off e la nascita della nuova cooperativa è stato un periodo altalenante, contraddistinto dalla continua ricerca di un giusto equilibrio da parte della leadership della cooperativa “madre”, per la quale era arrivato il momento di divenire controparte paritaria del nuovo soggetto nella discussione e nel confronto; si sono dovuti trovare nuovi canali e nuove modalità di comunicazione . Il contrasto e le tensioni , che a volte si sono verificate, sono state compensate anche dalla volontà di mantenere momenti comuni di scambio con la nuova cooperativa che esulassero dalle riunioni tecniche relative alle fasi di passaggio dei servizi. Alcuni strumenti sono risultati utili in questa fase: per esempio, i coordinatori delle due cooperative hanno continuato a riunirsi insieme mensilmente per tutto l’anno; inoltre, sono stati attivati corsi di formazione che hanno visto la partecipazione congiunta di entrambe le cooperative. Attraverso questi momenti, la cultura comune e i legami di appartenenza si sono rinsaldati e hanno assunto nuove connotazioni. In questa fase, la cooperativa madre si è misurata con la propria capacità di “ lasciare andar via” , con un’oscillazione della leadership, che ha alternato momenti di delega totale a momenti di riaccentramento di funzioni e autorità.
Soprattutto, la questione cruciale, che ogni cambiamento a questo livello porta con sé, ha riguardato l’identità o meglio la nuova identità della cooperativa. Identità non formale, bensì sostanziale:l’identità culturale, organizzativa , gestionale, che rende visibili e concreti i valori, lo stile, le politiche e le idee.
Lo spin-off ha costretto la cooperativa” madre”a rivedere modelli e strumenti di trasmissione della cultura valoriale ed identitaria.
Rispondere alla domanda “chi siamo adesso?”, dopo lo spin-off e dopo tutti gli altri cambiamenti, ha fatto assumere alla cooperativa una nuova consapevolezza ed una nuova visione; è stata l’occasione per ripartire nella riformulazione di un nuovo patto e di nuove politiche, con nuovi soci e nuovi dirigenti.
Questo non ha significato il disconoscimento del passato, né l’allontanamento della cooperativa dalla propria memoria storica e culturale, tutt’altro; il “ nuovo” patto ha rappresentato forse l’esito più significativo della gestione o meglio della metabolizzazione di questo cambiamento ( laddove metabolizzazione differisce notevolmente da rimozione, negazione, distruzione, etc.). Metabolizzare il cambiamento ha significato trasformare, originare ed iniziare a creare e definire un’identità rinnovata e adeguata a ciò che è poi è diventata la cooperativa.
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CONCLUSIONI
Per entrambe le cooperative, spin-off ha dunque voluto dire cambiamento, strutturale, ma soprattutto culturale, sia negli aspetti visibili che in quelli “nascosti” e inconsapevoli. Un processo non sempre semplice e lineare, a causa dei livelli implicati, che, come abbiamo visto, hanno generato talvolta crisi o blocchi nel percorso: è stato necessario considerare e rivedere culture diverse e diverse immagini di sé, di cui non sempre si era consapevoli, ma che sono stati sempre presenti come elementi di influenzamento. Un processo che può dirsi comunque realizzato sulla scelta fondamentale della continuità culturale, che si è rivelata la base più solida per l’efficacia del cambiamento ottenuto.
Fondamentali si sono rivelate entrambe le funzioni di counseling esterno e interno, -quest’ultimo svolto dai membri del CdA,- sia nella fase di lettura, che di definizione degli interventi più opportuni e nella loro realizzazione, affidata poi in concreto a un delegato del consiglio di amministrazione. Il concorrere di entrambe le funzioni ha sicuramente fornito potenza ed efficacia all’intervento.
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1 Il “Counselling complementare (o uso di abilità di counselling)” viene definito “come sottocompito nell’ambito di diverse professioni psico-sociali, socio-educative,come pure in altre professioni nel campo sociale, psicologiche, mediche, legali ed economiche”- Cfr Traduzione italiana del Manuale di Training ed Esami -Training and Examination Handbook- European Association Transactional Analysis (EATA) a cura di C. De Nitto, sezione 5, pag 3 in: www.eatanews.org/italianhbk.htm.
2 Ibidem:“Counselling primario utilizzato da counsellors professionisti che operano nel privato, nei centri di counselling, in organizzazioni di volontariato, in organizzazioni no - profit e profit ecc”
3 cfr Orsenigo, “Cambiamenti organizzativi” in Animazione Sociale , dic.1997 pag.46
4 ibidem
5 ibidem
6 cfr S.Rossi , già cit. pag.314- L’autrice nota come nel tempo le teorie del funzionamento organizzativo siano passate attraverso la considerazione del solo aspetto Adulto dell’organizzazione (ad es con Taylor, Weber, Simon ecc), a quello centrato sulla sopravvivenza (Parsons, Mayo, Selznick), e infine a quello di tipo valoriale, fino alla considerazione di tutti e tre gli aspetti.
7 cfr Orsenigo, già cit
8 in M. Giuli “L’analisi transazionale nelle organizzazioni” F. Angeli ed., Mi, 1990 - pag.74
9 ibidem, pag.82
10 cit. in E.S,.Rossi “Identità e appartenenza sociale: l’importanza della variabile cultura nell’intervento organizzativo” Atti del Convegno Naz. Di Analisi Transazionale SIAT, Torino aprile 1998, pp.301-304- Roma:SIAT, pag 301
11cfr E.S,.Rossi, già cit., pagg 302-30
12 Raggruppamento di più Comuni
13 cfr E. S. Rossi , già cit., pag. 316
14 ibidem
15 Il concetto di “Adulto del gruppo” deriva dall’Analisi Transazionale; secondo il suo fondatore, E.Berne, un gruppo organizzazione ha una sua personalità, che costituisce la sua Cultura, la quale ha tre aspetti, che corrispondono ai cosiddetti “Stati dell’Io” della persona: Genitore, Adulto e Bambino. L’Adulto, o Tecnica, è la parte che in relazione al qui e ora, definisce le modalità operative e le conoscenze necessarie alla sopravvivenza e allo sviluppo del gruppo e della sua attività.
16 cfr M.Giuli, op. cit., pag.80
17 In specifico, si tratta del futuro presidente della nuova Cooperativa
di Daniela Giovannini
Counselor Professionista CTA-C e Formatrice
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