Il counselling per la cura degli acufeni


 

acufeneL'acufene è la percezione di un suono prodotta esclusivamente dall'attività interna del sistema nervoso, senza alcuna attività meccanica o vibratoria all'interno della coclea e senza alcuna stimolazione di qualsiasi tipo (P.J. Jastreboff). Rappresenta un sintomo molto frequente e solo in alcuni casi invalidante: quanti di noi, dopo un concerto o una serata in discoteca, si sono addormentati avvertendo un sibilo nelle orecchie? Di solito questo suono scompare naturalmente entro qualche giorno, addirittura dopo una buona notte di sonno.

In alcuni però, e senza cause facilmente rintracciabili, questo sibilo o fruscio continuo rende la vita difficile da vivere, creando problemi molto seri di concentrazione, ansia, depressione.

Le cause non sono ancora chiaramente identificate (anche se l’evidenza clinica accredita come le più probabili un mix di una particolare sensibilità dell’orecchio ad alcune frequenze – l’iperacusia – e microlesioni dell’orecchio interno; questa è infatti l’eziologia ipotizzata nella terapia dell’acufene nota come TRT); quello che è certo è che l’acufene soggettivo non è una malattia quanto un sintomo, e che le persone che soffrono di questo sintomo sviluppano un particolare stile di risposta ad esso che è in realtà la vera causa del loro disagio.

 

La TRT: Tinnitus Retraining Therapy

Alla fine degli anni 80, il neurofisiologo polacco Pawell J. Jastreboff propose una rivoluzionaria teoria sull’origine e la natura dell’acufene  che spostava l’accento dai processi uditivi periferici a quelli centrali. La teoria, nota come modello neurofisiologico, parte dalla constatazione che:

 

  1. Una parte rilevante della popolazione (si stima dal 15% al 30%)  “sente” gli acufeni ma non ne soffre, nonostante tali acufeni siano dal punto di vista psicoacustico (volume, qualità) del tutto identici a quelli sperimentati dai soggetti la cui qualità di vita è invece più o meno fortemente deteriorata (2 - 4% della popolazione);
  2. Similmente, nei pazienti sofferenti di acufeni, non è mai stata rilevata alcuna correlazione statistica tra il grado di sofferenza e l’esperienza psicoacustica (volume, frequenza, etc) del sintomo;
  3. E’ possibile, inoltre, indurre la percezione di acufeni in quasi tutte le persone, quando vengano chiuse in un ambiente acusticamente isolato per un periodo di tempo sufficiente (diversi minuti).

 

Nella quasi totalità dei casi, anche quando il paziente lamenta un volume dell’acufene molto elevato, l’intensità dell’acufene è in realtà estremamente bassa, inferiore ai 15 dB sopra la soglia (e il gruppo più numeroso di pazienti ha acufeni di circa 5db); un’intensità sonora che, se il suono fosse “esterno”, lo renderebbe di fatto molto difficile da udire.

Da qui, la proposta di “rieducare” l’udito dei pazienti sofferenti di acufeni inducendo l’orecchio interno a classificare il tinnito come un suono senza importanza e senza significati soggettivi particolari.

Per fare un esempio, a qualcuno di noi sarà capitato di aver sentito il suono del nuovo frigorifero nei primi giorni dopo l’acquisto: è abbastanza frequente infatti che il suono basso e continuo dell’elettrodomestico diventi più evidente alla sera, poco prima di coricarsi. Dopo pochi giorni però, questo suono smette di essere per noi un motivo di attenzione: torna ad essere parte del normale sfondo sonoro che ci circonda. Un discorso simile avviene per chi ha la sfortuna di abitare vicino a ferrovie, o a strade molto trafficate: semplicemente le nostre orecchie si “abituano” ai rumori.

Il punto centrale della TRT è fare in modo che l’acufene torni ad essere un suono senza significato, che l’orecchio possa imparare, con un congruo periodo di tempo, a trascurare.

Perché questo avvenga è fondamentale l’utilizzo dei mascheratori: piccoli generatori di suono bianco che il paziente deve portare da un minimo di otto ore al giorno ad un massimo di 16 (cioè fino a tutto il periodo di veglia). Questi apparecchi permettono di mascherare, appunto, parzialmente il suono dell’acufene, rendendolo appena udibile sopra la soglia di questo nuovo “rumore di fondo” ed inducendo il sistema uditivo a riclassificarlo come suono privo di importanza.

Contemporaneamente è fondamentale il ruolo del counselling direttivo, che attraverso precisi interventi informativi e di follow up per la durata di un anno, permette di correggere le abitudini cognitive sbagliate che portano ad interpretare l’acufene come un suono preoccupante, da cui non si può uscire, che rovinerà la vita di chi ne soffre, che obbliga i pazienti a rinunciare ad una vita sociale ed a scambi con i familiari (i figli ad esempio) o ad attività ricreative per paura che possa peggiorare. Agire sia sul piano cognitivo che sul livello di attivazione emotiva, permette così di abbassare la soglia di reazione all’acufene e interrompere il circolo vizioso che lo ha reso un sintomo di cui preoccuparsi.

 

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