Cosa potrebbe consentire un nuovo mondo possibile? Einstein affermava che: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”. Un nuovo mondo possibile necessita di un cambio di azione e per questo un cambio della percezione che è essa stessa un'azione. Chiediamoci, dunque, come percepiamo noi stessi ed il mondo? Come ci relazioniamo? Qual è l'ambito cruciale in cui portare il cambiamento? La mia idea è che tale spazio sia la form-azione, che vedo interconnessa con lo sviluppo personale inteso come l'azione di prendere la propria forma.
Quando osservo il mondo, interno o esterno, mi trovo di fronte ad una molteplicità, una moltitudine indifferenziata, un infinito potenziale per sua natura imprevedibile. Di fronte a questo scenario, spesso, la prima reazione è l'angoscia e la prima risposta, anziché essere il dialogo, è il tentativo di controllo. In passato, le culture tribali hanno utilizzato i miti e i riti per dare ordine ed organizzare quel caos. Un approccio relazionale che conserva gran parte di quella moltitudine sebbene in una contrazione simbolica. Oggi utilizziamo il meccanicismo, il determinismo ed il riduzionismo. Il meccanicismo trasforma il complesso in complicato immaginandolo come una sommatoria di parti separate e catalogabili. Il determinismo immagina un nesso causale unico e lineare aprendo la strada ad una supposta prevedibilità. Il riduzionismo semplifica la moltitudine di elementi ed interconnessioni dichiarando che ciò con cui ci confrontiamo: “non è altro che...”. Provocatoriamente potremmo dire che si tratta di un trucco. Siccome ciò che ho di fronte è troppo grande ed incerto, anziché lavorare sulla mia angoscia e creare mappe ordinate ma complesse, deformo ciò che sta di fronte immaginandolo come piccolo e prevedibile. Proviamo ad immaginare di fronte a noi una persona impegnata in una formazione. Come formatore, ho due strade per lavorare con lui o lei, sia che ci troviamo a scuola, in una formazione post-diploma o post-laurea così come all'interno di un percorso di crescita personale. Nella prima, fisso un obiettivo standard da raggiungere. Sulla base di quello stilo un programma a tappe fisse. Durante il percorso continuo a guardare chi ho di fronte come un insieme di caratteristiche che valuterò come rinforzare o correggere in base alla pianificazione o al modello ideale. In quest'attitudine la modalità educativa sarà quella dell'imboccare (in-ducere e in-segnare) in modo frontale ed uguale per tutti e del correggere. Nella seconda, incontro il TU di fronte a me nella sua soggettività e nell'autentico desiderio di conoscere lui o lei ed il suo mondo, nella consapevolezza della sua unicità. Il vero incontro sorprende e prevede una relazione circolare dove ogni stimolo immesso nella relazione educativa riceve un feed-back che orienterà lo stimolo successivo. Qui il focus non è sul programma ma sulla relazione. La relazione educativa si impronterà così nella direzione dell'ex-ducere (portar fuori) e ad-prendere (togliere dal caos dando senso e forma all'evento). La prima strada è quella largamente diffusa la seconda è quella che crea la possibilità di una ri-forma della formazione, dell'educazione e dello sviluppo personale. Tale riforma deve partire dall'emancipazione dai tre elementi sopraccitati: la separazione o disgiunzione, la riduzione ed il determinismo. Le loro conseguenze, sono la separazione mente-corpo, sé-mondo, oggetto-soggetto e nelle relazioni educative, la negazione del corpo e delle emozioni a favore della cognizione, delle intelligenze multiple a favore di quelle linguistiche e logico-matematiche. Un circolo vizioso che potremmo definire come caratterizzato da un “atteggiamento pedagogico disincarnato" (Zambianchi-Scarpa). Tali separazioni sono frutto del barattare la complessità con la complicazione. Il complicato (cum-plicare) è assemblato, piegato insieme e pertanto va s-piegato, togliendo le pieghe. Spiegare significa considerare una persona o un gruppo come un oggetto, applicandogli tutti i mezzi oggettivi di conoscenza. Al contrario, comprendere empaticamente comporta identificazione e proiezione da soggetto a soggetto. Se vedo un bambino che piange, lo comprenderò non misurando il grado di salinità delle sue lacrime, ma ritrovando i miei sconforti infantili, identificandolo con me e identificandomi con lui. Potrò così sentirmi simile a lui per umanità e differente rispetto alla sua singolarità. L'educazione alla comprensione empatica, l'opera educativa principale, è assente dai nostri insegnamenti. Gli ostacoli alla comprensione umana sono l'indifferenza, l'egocentrismo, l'autogiustificazione e l'automenzogna. Questi portano a vedere soprattutto i difetti altrui e a disconoscerne l'umanità. Comprendere significa considerare più elementi, avere una visione complessa, spostandosi dal problem solving al problem setting/exploring. Una pedagogia in grado di comprendere e stimolare può generare un'attenzione autentica e partecipe. Per formare, diceva Platone, c'è bisogno dell'Eros, cioè dell'amore. Per lui non si apre la mente senza il cuore. La punizione considera solo il sintomo e non le cause. L'errore è un'informazione che ci racconta qualcosa, se vogliamo impegnarci nella comprensione, delle possibili cause: etichette che colludono con immagini di sé condizionanti, intelligenze alternative, assenza di riconoscimenti, contesto socio-culturale ed altro ancora. Bisogna passare a una metastruttura di pensiero complesso, quella che Bateson chiamava la struttura-che-connette, in grado di capacitarsi delle cause dell'incomprensione degli uni nei confronti degli altri. Occorrerebbe trasmettere la comprensione empatica a partire dalla scuola primaria e continuare attraverso la scuola secondaria fino all'università, senza scindere l'insegnamento dall'educazione, perché non c'è cure senza care. Cure è un'approccio focalizzato, come insegnare un lavoro, guarire, risanare. Care significa avere cura della relazione, tenerci, prendersela a cuore. Incarnare la relazione educativa significa restituirle la sua enattività, ovvero della sua capacità di generare, produrre forme significanti, apprendendo un modo di conoscenza che colleghi, integrando una visione complessa. Complessità (cum-plectere) significa intrecciare insieme tante cose in un'unità così che la moltitudine caotica possa apparirci come un'unitas multiplex. “Il tema del cambio di paradigma riguarda il modo di conoscere noi stessi ed il mondo che ci circonda. Questa nuova visione non è fondata sulle cose in se stesse ma sulle relazioni che intercorrono tra loro.” (Rossi). In quest'ottica, formare è un agire che mentre fa inventa il proprio modo di fare, attraverso un processo relazionale circolare. La relazione di counseling è quel rapporto intersoggettivo teso a dare forma, non nel senso di “plasmare” ma di facilitare l'altro nell'atto di prendere la propria forma. In tal senso, la relazione è formativa, ovvero enattiva, generativa di conoscenza. E' capace di “dare forma al sé” in modo da consentire l'autorealizzazione, ovvero la realizzazione autopoietica. L'autopoiesi è quel processo relazionale attraverso il quale ogni variazione viene integrata in modo che ogni volta il sistema/persona/gruppo possa ritrovare la propria unicità. Il counseling affonda le sue radici epistemologiche nella fenomenologia. In questo, supera il modello meccanicista-determinista- riduzionista, a favore di una visione olistica, complessa, funzionale alla comprensione della relazione che si sviluppa nel qui ed ora. Il sapere non è valido sempre e comunque, ma è coinvolto ed interamente immerso nell'attualità della particolare situazione. Il processo fenomenologico è costruito intorno al “movimento dialettico”. L'approccio è centrato sulla persona ed è caratterizzato da: autenticità e congruenza, accettazione positiva incondizionata ed empatia. Nella mia scuola di counseling LASU di Parma (www.lasu.it), ad esempio, lo proponiamo con due indirizzi. Quello umanistico lo unisce alla gestalt, mentre quello transpersonale alle tecniche olistiche. La modalità didattica è integrata ed innovativa. L'approccio interdisciplinare, approfondisce, crea connessioni ed esperienze, supportando con e-learning e supervisione online, rendendo circolare la formazione attraverso l'uso della flipped classroom con lab simulate e tell simulate.
Autore: Fabrizio Rossi Dottore in Filosofia, Counselor, Formatore e Supervisore CNCP. Direttore LASU Parma. Autore di "Tutto è Relazione, la visione olistica del counseling" (ed. Crisalide). Info: www.lasu.it
Bibliografia
Bateson, G., Verso un'ecologia della mente, Adelphi, 1988
Gembillo, G., Anselmo, A., Filosofia della complessità, Le Lettere, 2019
Morin, E., Insegnare a vivere, manifesto per cambiare l'educazione, Cortina, 2015
Rossi, F., Tutto è Relazione, una visione olistica del counseling, Crisalide, 2019
Zambianchi, E., Scarpa, S., En-attività della relazione educativa e costruzione del sé, Tab, 2020
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