Comunicazione, strumento del counseling e del coaching - parte 2


 

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Ripartirei ora dal punto in cui ci siamo lasciati la scorsa volta: comunicare per instaurare una  relazione efficace.

Uno degli elementi base per instaurare una relazione efficace èl’autenticità. La domanda quindi è:  come valuto l’autenticità e coma la coniugo con la comunicazione?

Abbiamo già visto che uno degli elementi intrinseci alla comunicazione è la sua parte analogica, quella parte composta di paraverbale e non verbale che, secondo studi scientifici, fa riferimento ad un codice di comunicazione “genetico” direi universale e che, in parte, condividiamo anche con i primati. Quella porzione del linguaggio che ha una decodifica da parte del cervello molto più veloce ed immediata rispetto a quella logico – verbale.

La parte analogica, a differenza di quella logica, che viene appresa nel corso della vita,  fa riferimento ad un codice che viene decodificato inconsciamente ed inglobato in modo del tutto subliminale nel contenuto complessivo della comunicazione.

Tutti i segnali del corpo sono indipendenti dalle parole  e la comunicazione di sentimenti ed emozioni che, tramite esso avvengono, è percepita, sul totale della comunicazione per il 55% contro una incisività del 7% della nostra comunicazione verbale. Il rimanente 38 % è da attribuirsi alla comunicazione paraverbale.

Possiamo allora abbracciare quanto Watzlawick affermava e cioè che :  quando comunichiamo prima di tutto siamo visti, poi sentiti ed infine compresi.

Ecco allora che il professionista, nella relazione con il suo cliente, dovrà prestare la massima attenzione affinché la sua propria comunicazione sia autentica e cioè congruente.

Quando diciamo congruente, infatti, non facciamo altro che sottolineare l’importanza che la parte logica e quella analogica siano in sintonia; quello che dice il mio corpo deve essere confermato da quello che dicono le mie parole.

Raggiungere questa congruenza è possibile grazie alle attitudini di base, al lavoro ed alla capacità di auto – ascolto profondo che il professionista sa attuare per se stesso.  E’ fondamentale infatti che il counselor o il coach  credano fermamente nella relazione come rapporto sano e aperto,  di fiducia reciproca,  che si sviluppa con l’accettazione ,l’empatia,  il non giudizio, l’accoglienza dell’altro e l’alleanza con il cliente .

Come già dicevamo nello scorso articolo possiamo essere un modello  per il nostro cliente che, di fronte ad una comunicazione congruente, l’accettazione e l’ascolto, sperimenta il beneficio che ne deriva e lo trasferisce nella sua comunicazione  con l’altro ma soprattutto con se stesso.

Come professionisti non possiamo assolutamente prenderci l’impegno di supportare altri se non siamo in contatto con noi stessi: se non siamo in grado di vedere il nostro potenziale come possiamo vederlo nel nostro cliente ?

Dobbiamo lavorare costantemente su di noi, sulla nostra comunicazione interna ed esterna per poter giungere a far sentire l’altro non solo riconosciuto ma prima di tutto accettato .

Non solo “ti vedo” ma “ è bello vederti”!

Con l’esempio possiamo insegnare ad ascoltarsi per poter ascoltare, accettare se stessi per  poter accettare l’altro, mettere da parte i giudizi e le credenze limitanti per evitare di giudicare l’altro.

Sperimentare tutto ciò è di per sé una spinta al cambiamento ed al benessere.

Qualcuno definisce i counselor ed i coach come risvegliatori: coloro i quali sono in grado di sostenere un’altra persona fornendo esperienze capaci di far risaltare il meglio dell’intelligenza e della consapevolezza ed entrare in contatto con il proprio vero sé.

Allora è fondamentale che questi professionisti siano svegli  e non addormentati, siano integri ed autentici per poter risvegliare gli altri.

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My Counselor Manuela Fogagnolo

 

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