Gli studi sulla resilienza nel campo delle scienze umane nascono da una ricerca longitudinale che seguì qualche centinaio di soggetti che durante la loro infanzia avevano subìto delle forme invasive di abuso. Incuriosì il fatto che si dovette verificare che non tutti gli individui, seppure esposti a vicende molto simili di tipo traumatologico, svilupparono conseguenze emotive di sofferenza e dolore. Circa un terzo di tali soggetti affrontava l'esistenza dimostrando di poter appellarsi alle proprie risorse e poter proseguire a prendere iniziative ed assumersi responsabilità progettuali, generando idee, ponendosi obiettivi e perfino costruendo relazioni sane e costruttive. Cosa poteva essere successo?
Diverse fino ad oggi sono state le varie spiegazioni offerte da diversi autori impegnati nel settore, fino a convergere, tutto sommato, a un modello teorico-clinico che accompagna la descrizione di questo processo combinando l'importanza dell'interazione tra fattori protettivi interni e fattori protettivi esterni. Si tratta di un paradigma multifattoriale che considera il contributo interdipendente sia di elementi favorevoli personali (endogeni) che impersonali e contestuali (esogeni). Prima, però, sarebbe bene chiarire cosa si intenda come fattore protettivo. Si fa riferimento a una variabile la cui presenza è in grado di prevenire, ammortizzare e compensare gli stimoli e le circostanze che premono sull'equilibrio di ciascun soggetto, aiutando in pratica l'emissione di una risposta efficace e congruente (coping) in grado di ristabilire (e modificare con successo) lo stato precedente turbato dall'evento stressogeno. All'interno dell'Università tedesca di Erlengen si è cercato anche di individuare ed elencarne i principali, che sono stati così annoverati: - Presenza di una relazione affettiva stabile - Supporto sociale (sia intra che extra-famigliare) - Esempi positivi e congruenti su cui modellarsi - Assunzione di responsabilità ed impegni idonei alle proprie capacità e aderenti alle proprie attitudini - Caratteristiche costituzionali del temperamento - Occasioni esperienziali che misurino se stessi scoprendo ed espandendo l'autostima e l' autoefficacia Altri osservatori hanno catalogato i fattori protettivi in tre categorie: individuale, famigliare, sostegno. Fanno parte del primo gruppo: - Avere per natura un temperamento orientato alla stabilità, alla mitezza, alla dolcezza - Buone attitudini e funzionalità cognitive - Percezione adeguata e realistica di sé - Esprimere empatia nei rapporti sociali - Usare lo humor - Essere belli, attraenti e carismatici Nel secondo gruppo: - Avere avuto genitori attenti e premurosi ( caring educativo funzionale) - Avere una buona rete parentale di supporto (affettivo e/o economico) - Godere di armonia e serenità nella propria famiglia Nel terzo gruppo: - Poter contare su un contesto allargato di sostegno (comunità e territorio come supporto sistemico efficiente) - Esperienze di successo nell'ambito scolastico Da considerare che ciascun soggetto può modificare una parte di tali parametri indicatori, impegnandosi per esempio con caparbia volontà a reperire i propri talenti e attitudini per investire competenze ed abilità mediante le quali costruire una storia più appagante, riscattarsi ed affrancarsi dall'identificazione col trauma. Più questi fattori descritti sono robusti e consolidati più aumentano le possibilità per un individuo di riscuotere la sua rivincita sugli eventi spiacevoli. La debolezza o l'assenza di vari fra questi fattori essenziali conduce invece verso una zona di vulnerabilità, quindi a un potenziale di debolezza (sia intrinseca che contestuale) che può esporre il soggetto a una reazione non caratterizzata dal successo o dall'efficienza di fronte ad eventi critici. Che la struttura e il processo del dramma traumatico costituiscano une accavallamento di fattori è illustrato da un edificante esempio proposto dallo psicologo francese Michel Mancioux, il quale si chiede "perché bambini esposti a medesimi episodi infelici molto simili hanno sviluppato da adulti reazioni, atteggiamenti, approcci e strategie di coping diversi? Lo studioso citato richiama in causa anche i fattori di rischio (concetto complementare a quello di fattore protettivo, in tutta l'analisi della faccenda) e riconosce 3 dimensioni fondamentali quali: il rischio, la resistenza e l'adattamento. L'esempio utilizzato è comunque il seguente: Se lascio cadere una bambola, si romperà? Dipende dalla natura degli elementi in gioco. Essi sono i seguenti: a) Di che materiale è la bambola? La proprietà materiale in termini di robustezza, resistenza e spessore rappresenta lo status costituzionale dell'individuo: anche metaforicamente siamo soliti usare espressioni del tipo "sei fatto di ferro", "sei fatto di burro" ecc. b) Caratteristiche del suolo. La piattaforma di impatto rappresenta i fattori contingenti e le variabili contestuali. L'ambiente supporta e ammortizza la caduta o contribuisce (nella coincidente sommatoria di eventi) a spaccare la bambola? In pratica, è diverso per la bambola cadere sulla sabbia o su un pavimento di ceramica. c) Forza del lancio. Ovvero l'intensità dell'evento disturbante, anche l'altezza da cui precipita l'oggetto. Fenomeno che include, però, oltre alla sua valenza oggettiva (lutto, perdita di sicurezze, malattia debilitante, divorzio, trasferimento, licenziamento, evento catastrofico naturale, guerra) anche il modo con cui una persona percepisce e gestisce l'evento, ricorrendo anche al suo soggettivo locus of control. La bambola può essere di per sé fragile ma lo rimane sostanzialmente sempre in relazione a... Perciò se non cade dall'alto o non viene sospinta con violenza magari non si romperà. Inoltre vi è una sintesi complessa di fattori congiunti sempre da considerare. È questa conclusiva deduzione che imposta attualmente tutto l'impianto progettuale sul percorso educativo per favorire la resilienza. Soltanto un approccio poliedrico, aperto e multidimensionale può garantire di occuparsi con efficacia di questa importante qualità, da esprimere con sufficiente valore, diretti al ripristino o alla riconfigurazione di un modello esistenziale caratterizzato dall'equilibrio fra stabilità e flessibilità.
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