La figura professionale del counselor si indirizza verso la relazione d'aiuto.
Almeno così la definizione più convenzionale.
Ovvero, si ricorre alla figura professionale del counselor nel momento in cui ci sentiamo disorientati o percepiamo un disagio nella gestione di un particolare momento della vita, che sia individuale o che riguardi un "sistema organizzato" di dinamiche interpersonali e relazionali, pensiamo a tutte le dinamiche interne alla famiglia, coppia, relazione genitori-figli, ovvero al gruppo di lavoro, all'ambiente di lavoro, ad organizzazioni, comprese quelle scolastiche, fino ad enti privati e pubblici, al fine di una sua comprensione e risoluzione.
Il punto di partenza è l'incontro con il counselor.
Per chi, come me, si è formato come counselor con Approccio Empirico Michel Hardy, in questo primo incontro l'Ascolto diventa cardine e protagonista essenziale e necessario.
E non solo come si sente spesso dire "mettersi a disposizione nell'ascolto dell'altro"; come se il counselor si ponesse come ricettore di parole a fiume del cliente. Anche quello, ma non solo quello. Quello può farlo chiunque.
L'Ascolto per il counselor con approccio empirico diventa da un "Ti Ascolto", iniziale e necessario, ad un "Mi Ascolto": un "mettersi in ascolto", metter-me in ascolto permettendo al racconto di arrivare a toccare e risuonare in me le corde di quegli strumenti necessari, acquisiti, riconosciuti ed integrati, affinchè possa prendere per mano il cliente ed accompagnarlo proprio là, dove poter scoprire i medesimi strumenti, dentro di Sè, prendere in mano il bandolo della matassa e risolvere il conflitto, ascoltar-Sè e accedere a risorse interiori, alla consapevolezza e alla conoscenza del Sè più autentico.
Un approccio che parte dall'esistenza e affonda le sue radici nell'esperienza, nel sentire e nell'autenticità, come qualità imprescindibili del Counselor con Approccio Empirico.
Dott.ssa Milena Freni
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