Nella relazione counselor/cliente, credo che una riflessione particolare debba essere dedicata ad approfondire ulteriormente il significato di empatia (1), poiché per Rogers è l’elemento fondamentale che favorisce il processo di consapevolezza del cliente rispetto alla propria personalità. Per meglio definire l’empatia, possiamo operare una prima chiarificazione rispetto al termine simpatia.
La simpatia è diretta alla struttura esterna di riferimento della persona, alle sue caratteristiche esplicite. Nella relazione simpatica si tende a formare categorie di persone, a classificarle, a uniformarle; a valutarle in relazione alle proprie affinità, al proprio modo di pensare; si attribuiscono agli altri le proprie emozioni e sensazioni, come fossero un’estensione della propria personalità. La simpatia è in effetti una modalità relazionale discriminante, tendente all’assimilazione o all’esclusione. Il grado di simpatia è comunque importante nelle dinamiche delle relazioni umane dove c’è necessità di sentirsi emotivamente sostenuti anche se non si è compresi.
Rogers parla invece di considerazione positiva incondizionata, dove le congruenze e le incongruenze del cliente non sono discriminate ma accolte. Il counselor afferma: “Del mio cliente ascolto tutto, anche gli aspetti che altri non hanno ne voglia ne tempo e spazio per ascoltare.”
L’empatia rende possibile la percezione e la comprensione della struttura interna di riferimento della persona. La relazione empatica considera l’esperienza dell’individuo dal suo punto di vista dell’individuo stesso, senza porre presupposti di alcun tipo. In questo modo, il cliente sente che le caratteristiche uniche e irripetibili della sua personalità sono accolte e valorizzate.
L’empatia ha dunque il significato di:
1. Abilità di percepire i sentimenti di altri.
2. Esperienza cognitivo/affettiva suscitata da un altro.
3. Identificazione parziale nello dello stato psichico di un’altra persona.
Per meglio comprendere l’empatia, ascoltiamo la riflessione di Rollo May su un suo colloquio di counseling con uno studente:
Io mi ero così immedesimato nella storia del ragazzo che le sue emozioni erano diventate le mie. I suoi sentimenti di disperazione, mentre lottava attraverso le difficoltà della scuola superiore, il suo senso di solitudine dell’esistenza e della inesorabilità del destino erano diventate esperienze mie, che sentivo sulla mia pelle, così come egli le aveva sentite, in origine, sulla sua. E quando concluse dicendo di essere determinato a farcela all’università, anche a costo di morire, provai un senso di eccitazione, come se quella risoluzione l’avessi presa io. Questa identificazione parziale fu così reale che se avessi parlato, la mia voce avrebbe certamente avuto il tono esitante e tremulo della sua. Siamo costretti a concludere che l’io, o lo stato psichico del counselor, si era temporaneamente fuso con quello del cliente: lui e io eravamo una sola entità psichica. Questa è l’empatia: il sentimento o il pensiero di una personalità che entra dentro un’altra, fino a raggiungere uno stato di identificazione. Solo così si può verificare una reale comprensione fra essere umani; senza di essa, in realtà, non ne è possibile alcuna (2).
L’empatia raccoglie quindi i dati psicologici dell’altro all’interno di una relazione d’aiuto dinamica che implica:
1. Identificazione
- Pensarmi nella persona dell’altro.
2. Introspezione
- Nell’ascolto del cliente, il counselor si confronta con la propria esperienza, e si chiede: “Cosa ho provato in una situazione simile?”
Empatia non è però sinonimo di distanza/vicinanza emotiva. Non significa “essere più buoni”. Si può essere empatici e allo stesso tempo mantenere la distanza. L’empatia è inoltre diversa dal contagio emotivo; è un processo che implica l’esercizio della propria volontà. Non deve essere condizionata dall’emotività, altrimenti è simpatia (caratterizzata condivisione e affinità); non è una metodica intellettuale di intelligenza diagnostica, ma intelligenza percettiva.
L’empatia è quindi una modalità relazionale cognitiva che consente di raccogliere i dati psicologici di un’altra persona., per instaurare con questa una comunicazione relazionale. Una madre, ad esempio, ha la capacità di provare l’angoscia del bambino, ma in modo più attenuato, e può agire per soddisfare le necessità del figlio.
I dati psicologici sono di ordine verbale sia non verbale. Il counselor prende in considerazione quello che è detto dal cliente, e quello che il cliente non dice, insieme ad altre informazioni quali: postura, reazioni, azioni, tensioni emotive, rimozioni, resistenze. L’insieme di queste informazioni contribuisce a definire la chiave di lettura di una determinata relazione di aiuto.
Nella richiesta di aiuto all’interno del counseling, il cliente si presenta in stato di disagio; non ha strumenti per affrontare una situazione particolare, ha esaurito le proprie risorse per cercare una soluzione (ad es. amici, colleghi, parenti, genitori; e si rivolge al counselor che, attraverso la comunicazione empatica, lo aiuta a esplorare l’oggetto della sua problematica da più prospettive, per considerare diverse scelte al suo problema.
Per Alexander (1891-1964), psicoanalista statunitense di origine ungherese, l’esercizio dell’empatia nella relazione terapeutica dà luogo a un’esperienza emotiva correttiva. Questa è una nuova modalità relazionale che cambia il comportamento. Tale cambiamento ha quindi luogo senza ricorrere all’interpretazione analitica. Kohut (1913-1970), psicoanalista statunitense di origine austriaca, afferma: l’empatia è la capacità di pensare e sentire se stessi nella vita interiore di un’altra persona. È la nostra capacità quotidiana di provare ciò che un’altra persona prova, anche se, di solito e giustamente, in maniera attenuata.
Per esercitare però empatia con gli altri abbiamo necessità di essere empatici con noi stessi. In altre parole, prima di pensarci nello schema di riferimento degli altri, dobbiamo avere la consapevolezza del nostro stesso sistema di riferimento interno; metterci in contatto con ciò che sentiamo interiormente, con le nostre emozioni, reazioni. Solo così possiamo relazionarci con l’altro nella consapevolezza di noi stessi. Il counselor si cala ogni volta nella relazione d’aiuto non con la presunzione di impartire conoscenza, ma con la consapevolezza di uscirne trasformato dall’incontro con l’altro.
Il counselor deve essere in grado di provare empatia ma anche di trasmetterla al cliente, attraverso una serie di abilità (3):
1. interesse per il cliente e per le sue esigenze;
2. la capacità di comprendere e usare il linguaggio del cliente;
3. la capacità di riflettere i sentimenti espressi dal cliente;
4. la comprensione del perché il cliente faccia esperienze;
5. la capacità di stabilire un rapporto emozionale con il cliente attraverso l’uso dell’ascolto attivo, e un’accurata attenzione alle sfumature che traspaiono dietro al linguaggio del cliente;
6. il periodico parafrasare e riassumere gli elementi essenziali della storia del cliente;
7. l’uso sensibile e pronto delle domande;
8. autocontrollo e pazienza sufficienti a permettere al cliente di procedere con il proprio ritmo;
9. la capacità di identificarsi con il cliente senza lasciarsi sommergere emotivamente dai suoi problemi;
10. la capacità di sostegno verbale e non verbale che incoraggi il cliente a parlare dei suoi problemi;
11. la capacità di sentire i clienti valorizzati e degni;
12. la capacità di far sentire i clienti fiduciosi e motivati.
In definitiva, il processo cognitivo nell’empatia produce:
1. L’esplorazione e la chiarificazione del problema
- C’è sofferenza, di che tipo?
- Aiutare il cliente a chiarire la sua situazione.
- Il cliente narra la sua storia.
2. Lo sviluppo di una nuova comprensione o insight
- Riformulazione del problema.
- Ristrutturazione del campo cognitivo del cliente.
- Il cliente acquista nuova consapevolezza della propria situazione.
al livello intellettuale più importante, quello emotivo.
- La comprensione emotiva (l’insight emotivo) attiva un cambiamento profondo.
3. L’elaborazione e l’attuazione di azioni verso le finalità desiderate
- Il cliente specifica le situazioni.
- Quando queste sono chiare al cliente e al counselor,
si individua l’obiettivo da raggiungere nel counseling.
Il processo cognitivo nell’empatia può essere riassunto in quattro affermazioni:
1. ascolto
2. comprendo
3. riformulo
4. agisco
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(1) Einfühlung, termine tedesco che equivale a «partecipazione emotiva» o «empatia», fu introdotto da R. Vischer (L’atto estetico e la forma pura, 1874) per indicare la trasposizione nell’oggetto estetico di sensazioni organiche, nel tentativo di integrare alla teoria estetica un metodo empirico psicologico. La dottrina estetica dell’Einfühlung, sviluppata tra Ottocento e Novecento, trova la sua più ampia e definitiva sistemazione nel pensiero di Th. Lipps. Lipps: Egli definisce il rapporto empatico come percezione della propria attività emotiva (delle proprie «forze vitali») in un oggetto sensibile. L’atteggiamento estetico caratteristico dell’Einfühlung si verifica quando il soggetto proietta sull’oggetto percepito le proprie emozioni, si immedesima con esso. Questo fenomeno presuppone sia una tendenza del soggetto a trasferire la propria vita psichica nella realtà esterna, sia una disposizione strutturale dell’oggetto a lasciarsi percepire affettivamente. L’opera d’arte è l’oggetto che in massimo grado permette questo tipo di ricezione, perché già predisposto intenzionalmente a stimolare la partecipazione emotiva di chi lo contempla; il rapporto empatico si può verificare, secondo Lipps, anche nelle relazioni tra individui (come«immedesimazione» negli stati d’animo degli altri o nella contemplazione della natura.
Enciclopedia L’Universale Garzanti, Filosofia vol. 6, Milano 2003, p. 302.
em·pa·tì·a
s.f.
1. TS filos. in estetica: proiezione delle proprie emozioni su un oggetto per identificarsi con esso
2. TS psic. capacità di identificarsi con gli stati d'animo di una persona
DATA: 2ª metà XIX sec.
ETIMO: dal gr. empátheia "affezione", comp. di en- "dentro" e -patheia "-patia".
e-ste-tica
s.f.
1. TS filos. parte della filosofia che si occupa dell'arte e del bello | concezione filosofica dell'arte che caratterizza un determinato periodo storico: l'estetica rinascimentale
2. CO estens., aspetto esteriore, bellezza: hanno rovinato l'estetica della piazza | istituto di estetica, per la cura e la bellezza del corpo
DATA: 1756.
ETIMO: dal lat. mod. aesthetica, der. del gr. aisthetikós "che riguarda il percepire", der. di aísthesis "sensazione, sensibilità".
e·mo·ti·vi·tà
s.f.inv. CO
1. capacità di provare emozioni
2. estens. , facilità a impressionarsi, a commuoversi
e·mo·zió·ne
s.f.
1. FO impressione, sensazione forte: provocare, suscitare una forte emozione, un'emozione violenta; un viaggio ricco di emozioni, che emozione rivederti!; turbamento, agitazione: essere in preda all'emozione, non riuscire a parlare per l'emozione
2. TS psic. intensa esperienza psichica, piacevole o spiacevole, accompagnata da reazioni fisiche e comportamentali
DATA: 1644.
ETIMO: dal lat. tardo emotione (m), der. di emovere "smuovere", cfr. fr. émotion.
sim·pa·tì·a
s.f. FO
1a. sentimento di attrazione istintiva verso una persona: provare, sentire simpatia per qcn., ispirare simpatia, simpatia reciproca, immediata | estens., disposizione d'animo favorevole e affettuosa verso qcn.: si è saputo attirare la simpatia dei superiori; essere, entrare, trovarsi nelle simpatie di qcn., godere della simpatia di una persona, dell'appoggio, della protezione
1b. estens., persona nei confronti della quale si nutre istintiva propensione o particolare predilezione: il nipotino era la sua simpatia
2. visibile affinità sentimentale accompagnata dal piacere della reciproca compagnia: tra quei due c'è un'evidente simpatia
3. qualità di chi riesce a ispirare negli altri propensione e predilezione: un uomo di grande simpatia, quella ragazza è di una simpatia unica
4. BU comunanza di stati d'animo con quelli provati da altri: ti offro la mia simpatia in questo momento di sofferenza
5. TS filos. in alcune correnti filosofiche del Rinascimento, forza attrattiva di tipo vitale che lega fra loro gli esseri e li influenza a vicenda
DATA: av. 1543 nell'accez. 5.
ETIMO: dal lat. sympathia (m) "affinità, accordo naturale", dal gr. sumpátheia, comp. di sun- "con, insieme" e -patheia "-patia".
sim·pa·tiz·zà·re
v.intr. (avere) CO
1. entrare in rapporto di reciproca simpatia: ha simpatizzato subito con i nuovi compagni di scuola
2. condividere fondamentalmente idee, opinioni, posizioni: simpatizzare per l'ala democratica di un partito, simpatizzare per un candidato | fare il tifo: simpatizzare per una squadra
3. TS filos. in alcune correnti filosofiche del Rinascimento, avere o manifestare affinità basata sull'intrinseca corrispondenza
DATA: 1598.
ETIMO: cfr. ingl. (to) sympathize.
De Mauro, Dizionario di lingua italiana, Paravia
(2). Rollo May, L’Arte del Counseling, Astrolabio, Roma, 1989, p. 50.
(3). Margareth Hough, Abilità di Counseling, Erickson, Trento, 2004. pp. 71, 72.
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