era fatto di favola o illusione anche se...era vero


dino buzzati babau

 

era fatto di favola o illusione anche se...era vero

           

            È il Babau, sì proprio lui, quello che i così detti adulti, educatori chiamano in aiuto per porre fine ad un capriccio o al pianto di un bimbo, un essere fantastico che nessuno ha mai visto, ma che ha un nome efficacissimo per creare un'eco di spavento, di terrore che ottimamente funziona: distrae immediatamente il bimbo e, bloccando ogni sua pretesa, lo riavvicina in cerca di protezione proprio a quell'adulto che se ha il potere di chiamare il babau, sicuramente avrà anche il potere di allontanarlo.

            Il Babau vive in quell'angolo ampio dell'immaginario collettivo in cui si creano e coltivano le paure, ma dove anche tornano quando svaniscono su questa terra e il Babau è in buona compagnia in verità, con la befana, con l'orco, con il lupo cattivo (perché il lupo può essere anche buono, in altre circostanze), con l'uomo nero (estraneo, è quasi certo, ad una collocazione razziale, piuttosto metafora della paura legata all'oscurità, appunto a ciò che non ha luce).

 

            E oggi?

            Oggi i bimbi sono in genere molto più coccolati, molto meno oppressi dagli adulti evocatori di esseri misteriosi e paurosi e anzi familiarizzano precocemente con esseri alieni, mostri, robot e vivono immersi in una realtà virtuale che ancora una volta gli adulti hanno confezionato per loro.

            In questo mondo affollato di mostri paurosi e prevalentemente aggressivi, il bimbo di oggi riesce a "curare" le sue paure?

            Il Babau ci riusciva: da adulti ricordiamo bene la sensazione di paura che questo Babau ci incuteva, forse paragonabile a quella del buio in cui appunto  immaginavamo potesse nascondersi e insieme ancora proviamo quel grande sollievo che ci restituiva la voce dell'adulto quando il Babau se ne era andato.

Appunto! la voce dell'adulto, presente e pronto a cogliere il momento di difficoltà del bimbo, pronto ad accoglierne e scioglierne la paura, in un sapiente equilibrio in cui paura e consolazione/protezione/sicurezza allenano alla vita futura. E oggi, mi auguro che questa voce dell'adulto per il bimbo sia ancora profondamente sentita, pur in un mondo tanto diverso da ieri.

            È così, il Babau assumeva su di sé tutta, proprio tutta la nostra paura, la assorbiva e poi quando veniva mandato via, se la portava con sé.

            E allora guardiamolo questo Babau con gli occhi di Dino Buzzati, a cui dobbiamo anche il disegno che sopra il titolo ho riportato.

Da Dino Buzzati, Le notti difficili, parte del racconto intitolato Il Babau:  

           Era molto più delicato e tenero di quanto si credesse. Era fatto di quell'impalpabile sostanza che volgarmente si chiama favola o illusione: anche se vero.

 

"L’ingegnere Roberto Paudi, assistente alla direzione della COMPRAX e assessore all’urbanistica, andò sulle furie quando una sera sorprese la bambinaia Ester che, per placare un capriccio del piccolo Franco, gli diceva: «Guarda che se non fai il bravo, questa notte arriverà il Babau». Era intollerabile, secondo lui, che per educare i bambini si ricorresse ancora a stolte superstizioni che potevano creare nell’acerba psiche dei penosi complessi. Fece una predica alla ragazza che se ne andò piangendo e lui stesso mise in letto il figliolo il quale ben presto si quietò.

La notte medesima il Babau, lievitando a mezz'aria come era suo costume, si presentò nella camera dove l’ingegnere Paudi dormiva da solo, procurandogli qualche minuto di orgasmo.

Il Babau, come è noto, assumeva, a seconda dei paesi e delle costumanze locali, forme diverse. In quella città, da immemorabile tempo aveva le sembianze di un gigantesco animale di colore nerastro, la cui sagoma stava tra l’ippopotamo e il tapiro. Orribile a prima vista. Ma a ben osservarlo con occhi spassionati, si notava, per la piega benigna della bocca e il luccichìo quasi affettuoso delle pupille, relativamente minuscole, una espressione tutt’altro che malvagia.

Si intende che, in circostanze di una certa gravità, sapeva incutere trepidazione, e anche paura. Ma di solito eseguiva le sue incombenze con discrezione. Avvicinatosi al lettuccio del bambino da redarguire, non lo svegliava nemmeno, limitandosi a penetrare nei suoi sogni dove lasciava, questo sì, una traccia imperitura. Si sa bene infatti che pure i sogni degli infanti piccolissimi hanno una capienza illimitata e accolgono senza sforzo anche bestioni mastodontici come il Babau, i quali possono compiervi tutte le evoluzioni del caso in piena libertà.

Naturalmente, presentandosi all’ingegnere Paudi, l’antica creatura non aveva una faccia troppo bonaria, adottando anzi la fisionomia, si intende ingigantita, del professore Gallurio, da due mesi nominato commissario straordinario della COMPRAX, società che stava navigando in difficili acque. E questo professore Gallurio, uomo severissimo se non addirittura intrattabile, era appunto la bestia nera del Paudi, la cui eminente posizione nella ditta poteva, in tale regime commissariale, correre notevoli rischi.

Il Paudi, risvegliatosi in un sudario di gelida traspirazione, fece in tempo a scorgere il visitatore che se la filava attraverso il muro (la finestra non sarebbe bastata a tanta mole) mostrandogli la monumentale cupola del suo posteriore.

Si guardò bene il Paudi, il mattino successivo, dallo scusarsi con la povera Ester. L’avere constatato di persona che il Babau esisteva davvero accresceva anzi, insieme al suo sdegno, la ferma determinazione di fare tutto il possibile per togliere di mezzo il tipo.

Nei giorni successivi, in tono scherzoso come è naturale, egli andò tastando il terreno con la moglie, gli amici e i collaboratori. E rimase stupito nell’apprendere che l’esistenza del Babau era generalmente data per scontata, quale classico evento della natura, come la pioggia, il terremoto e l’arcobaleno. Soltanto il dottor Gemonio, dell’ufficio legale, sembrò cadere dalle nuvole: si, da piccolo aveva sentito parlare vagamente della cosa, ma poi si era ben persuaso ch’era un’ebete favola senza costrutto.

Quasi intuisse la sua aspra avversione, il Babau da allora prese a frequentare con notevole assiduità l’ingegnere, sempre con la sgradevole maschera del professore Gallurio, facendogli le boccacce, tirandolo per i piedi, scuotendogli il letto, e una notte giunse al punto da accucciarglisi sul petto, che per poco non lo soffocava.

Non c’è quindi da meravigliarsi se il Paudi, alla successiva riunione del Consiglio comunale, ne parlasse a qualche collega: si poteva consentire, in una metropoli che si vantava di essere all’avanguardia, il perpetuarsi di un simile sconcio, degno del medioevo?

Non era il caso di provvedere finalmente, con mezzi risolutivi?

Furono dapprima fuggevoli pour-parler di corridòio, scambi informali di vedute. In breve, il prestigio di cui godeva l’ingegnere Paudi gli diede via libera. Non passarono due mesi che il problema veniva portato in Consiglio comunale. Va da sé che, a scanso di ridicolo, l’ordine del giorno non faceva parola del Babau ma al comma 5 accennava soltanto a “Un deplorevole fattore di disturbo per la quiete notturna della città”.

Contrariamente a quanto il Paudi si aspettava, non solo l’argomento fu preso da tutti in seria considerazione ma la sua tesi, che poteva apparire ovvia, incontrò vivaci opposizioni. Si levarono voci a difendere una pittoresca quanto inoffensiva tradizione che si perdeva nella notte dei tempi, a sottolineare la complessiva innocuità del mostro notturno, tra l’altro del tutto silenzioso, a rilevare i benefìci educativi di quella presenza. Ci fu chi parlò addirittura di un “attentato al patrimonio culturale della città” qualora si fosse ricorsi a misure repressive; e l’oratore si ebbe una salva di applausi. D’altro canto, nella questione di merito,  prevalsero alla fine gli irresistibili argomenti di cui troppo spesso si fa forte il cosiddetto progresso per smantellare le ultime rocche del mistero. Si accusò il Babau di lasciare una malsana impronta negli animi infantili, di suscitare talora incubi contrari ai principi della corretta pedagogìa. Furono messi sul tappeto anche motivi di igiene: si, è vero, il mastodonte notturno non insudiciava la città né spargeva escrementi di alcun genere, ma chi poteva garantire non fosse portatore di germi e virus? Né si sapeva nulla di positivo circa il suo credo politico: come escludere che le sue suggestioni, in apparenza così elementari se non rozze, nascondessero insidie sovversive? Il dibattito, a cui i giornalisti non erano stati ammessi data la delicatezza del tema, terminò alle due dopo mezzanotte. La proposta Paudi venne approvata con una esile maggioranza di cinque voti. In quanto alla sua applicazione pratica, si nominò una apposita commissione di esperti, di cui il Paudi stesso fu presidente. Infatti: proclamare l’ostracismo al Babau era una cosa, un’altra il riuscire a eliminarlo. Chiaro che non si poteva fare assegnamento sulla sua disciplina civica, tanto più che era dubbio se fosse in grado di capire la lingua. Né era pensabile di catturarlo e di assegnarlo allo zoo municipale: quale gabbia avrebbe trattenuto un animale, se era animale, capace di volare attraverso i muri?

Anche il veleno era da scartare: mai il Babau era stato Visto nell’atto di mangiare o di bere. Il lanciafiamme allora? Una piccola bomba al napalm? Il rischio per la cittadinanza era eccessivo.

La soluzione, insomma, se non impossibile, si presentava assai problematica. E già il Paudi si sentiva sfuggire di mano il desiderato successo, quando gli si profilò un dubbio: sì, la composizione chimica e la struttura fisica del Babau erano ignote ma, come è di molte creature registrate nell’anagrafe delle leggende, non poteva per caso essere molto più debole e vulnerabile di quanto si supponesse?

 

[...]

 

Galoppa, fuggi, galoppa, superstite fantasia."

 

            Grazie a Buzzati per l'incomparabile verità e leggerezza con cui ha trattato una materia così ostica, una realtà che riguarda ibambini, ma forse ancor di più noi e le nostre adulte paure

           

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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