PROBLEMI? UNA RISATA LI SEPPELLIRA’. L’umorismo e la caduta degli dei

Inviato da Nuccio Salis

ragazza sorridente

In una società che sembra delegittimare le emozioni, a favore di un atteggiamento rigido e controllato, confuso con il fatto di avere un’identità forte e sicura di se, è sufficiente il comportamento del ridere, per attribuire alle persone caratteri di superficialità e poca serietà. La risata, culturalmente percepita molto spesso come un fastidio, che si intromette in una società basata sul controllo e sulla paura, e che preferisce sentire di avere colpe da espiare, risulta il più potente antidoto che protegge dalle derive depressive, vissute in contesti in cui viene più esaltata la morte che la vita.

Elusa e bandita dalle caratteristiche che, secondo i canoni comuni devono appartenere ad una persona che mostri serietà e rigore, l’adulto capace di ridere è facilmente percepito come immaturo, inaffidabile, poco incline alla responsabilità. Se almeno sul piano teorico, questa visione è stata messa in crisi, sul piano pratico, e nelle relazioni sociali, la risata è ancora poco accettata come motto espressivo di un adulto, specie se le aspettative verso lo stesso riguardano un’immagine di compostezza e di stabilità.

 

Specie nel mondo dei nostri nonni, la risata condivisa in piccoli gruppi era quasi sempre sinonimo di un tentativo di complotto o di derisione verso qualcuno, e più che altro una certezza diagnostica sul poco valore intellettuale e morale di ogni ridente.

Un certo modello sociale autoritario ha da sempre condannato il valore dello scherzo e dell’ilarità, e mai ha compreso l’utilità dell’umorismo.

Si deve riconoscere a Freud l’impegno in una ricerca che ha cominciato a riabilitare il valore della risata: barzellette, aneddoti comici, doppi sensi allusivi, motti di risa, sono stati fra gli oggetti di studio del fondatore della psicanalisi. La valenza liberatoria della risata fu così studiata dagli psicanalisti, in quanto le fu attribuita una funzione di sfogo, e quindi vista come fenomeno psichico in grado di far fluire pulsioni eccessivamente inibite e represse. Sarebbe proprio la risata, dunque, a generare un espediente interno in grado di aggirare la censura super-egoica prodotta dagli influssi ambientali e dall’educazione primaria. L’umorismo, infatti,  architettando  un linguaggio ricco di alternative retoriche, riuscirebbe a by-passare le difese castranti dei nostri meccanismi reattivi di controllo, ed a prorompere nella vita quotidiana mostrandoci il lato grottesco, ridicolo e paradossale di tutto ciò che chiamiamo realtà.

Inclinazioni razziste, convenzioni e ritualità sociali, o altri argomenti quali il sesso, il matrimonio, le divergenze politiche, le vessazioni dei capi sui luoghi di lavoro, i vizi, vengono tutti restituiti al pubblico dominio della condivisione, e rivisitate da una declinazione umoristica, che è ciò che le rende discutibili ed accessibili al tempo stesso.

In questo senso, lo humor vela e rivela al tempo stesso una struttura di realtà, ponendosi come mediatore attendibile fra l’Io e il Non-Io, fra ciò che un soggetto è abituato a percepire ed a rappresentarsi, e ciò che gli viene rimandato in chiave re-interpretativa dall’umorismo.

Risorsa preziosa per il benessere personale, la risata rientra dalla finestra anche nel campo dell’intervento sulla salute umana. L’esperienza pionieristica e coraggiosa del celebre Patch Adams, ha ricollocato fieramente il valore del sorriso e della felicità nell’ambito della cura della persona. Rivalutata da una moltitudine di approcci, seppur faticosamente, la risata sta riguadagnandosi il posto che le spetta nell’orizzonte della promozione del benessere dell’individuo.  Risoterapia, comicoterapia, lo yoga della risata, sono ormai termini con cui prendiamo man mano confidenza. Anche nell’ambito del counseling, come sappiamo, esistono ramificazioni che si sono lasciate contaminare disinvoltamente da discipline che propongono l’approccio della risata, ed ora inglobano al loro interno strategie di caring fondate sull’attivazione liberatoria della risata.

La catarsi sviluppata dal motto del riso è un sano processo riequlibratore utilizzato già spontaneamente da ognuno di noi. C’è chi, nei momenti di maggiore sconforto, ricerca una compagnia amica per sentirsi magari alleviato da una situazione di sofferenza. Naturalmente,  tutto dipende dal contesto e dalle attitudini temperamentali di ciascuno. Non sempre, di fatto, c’è da ridere o scherzare.

Attraverso la risata suscitata da artifici verbali, parabole, giochi di parole e varie allocuzioni sofistiche, l’energia immobilizzata dalla reticenza imposta dagli argomenti tabù viene scaricata, provocando una sensazione di leggerezza e allentamento tensionale. Il beneficio che ne consegue può estendersi alla dimensione globale della persona. Sciogliere il corpo e la psiche in sinergia, grazie alla risata, può avere riscontri apprezzabili sullo stato di benessere personale.

Laddove si può introdurre l’elemento umoristico, con la sua congrua sfaccettatura espressiva, adattata alla circostanza, il soggetto può giovarsi di una ricaduta benefica sotto diversi aspetti. Fra gli aspetti principali della funzione umoristica, infatti, non si può certo non citare la potenza esorcizzante del ridere, specie se accompagnata da un reale sarcasmo che sostiene una ricognizione del proprio dramma esistenziale. Questo aspetto dell’umorismo deve interessare molto l’operatore dell’aiuto, soprattutto laddove si è intenti nel lavorare con il ridimensionamento e la rilettura delle vicende di vita, alla ricerca di soluzioni efficaci nel processo di fronteggiamento dei problemi.

Altro importante ruolo ricoperto dallo humor consiste nel rovesciare ciò che è noto come ordine delle cose, sia dal punto di vista logico che arbitrario. Ad esempio, mediante racconti che irridono le autorità e le gerarchie, è possibile ricostruire a livello ideale un nuovo modello di rapporto sociale, sovvertendo la assimetria e la distribuzione iniqua del potere. La satira sull’uomo potente serve proprio a ristabilire il valore dell’equanimità nel sentirsi soggetti con pieni diritti giuridici al pari di chi possiede uno status privilegiato. Dentro una visione umoristica, i forti sono spogliati della loro sovrastruttura che li rende corazzati alle loro fragilità. In questo senso, l’umorismo dispiega la realtà umana, fatta di contraddizione e fragilità. Il lato debole e vulnerabile diventa comune, gli eroi perdono i superpoteri e i re rimangono in mutande.

L’umorismo, nella vita di tutti i giorni, è il bambino che grida che il sovrano è nudo!

In pratica, dentro una cornice a carattere umoristico ed irriverente, e che tutto avviluppa con la sua irruenza, tutte le dimensioni politiche e sociali vengono ridisegnate con nuovi metri e parametri di giudizio. Ciò che è piccolo diventa grande e ciò che si mostrava come imponente diventa quasi insignificante. È la finalità propria di un umorismo che non vuole solo divertire, ma che si diverte a scomporre e ricomporre l’ordine delle cose, proprio come nel processo di de-costruzione e ri-strutturazione guidato dalla prorompenza creativa. E come la creatività, l’umorismo rompe le righe, fabbrica sogni e alimenta i desideri di libertà, istiga all’espressione delle parti migliori e più sane di un soggetto umano.

L’umorismo, infine, assolve una funzione espressiva di ribellione. È una piccola rivoluzione che ci fa indossare dei nuovi occhiali che magari, nel esacerbare gli aspetti tragici della quotidianità, svela proprio nel rilievo caricaturale l’ipotesi di un nuovo mondo possibile, sollecitando l’azione verso la costruzione di nuovi significati e favorendo il pensiero divergente e creativo.

L’enorme potenziale insito nell’umorismo non va dunque trascurato, semmai recuperato anche in quei setting e in quei luoghi della formazione in cui, insieme alla creatività e all’esplorazione divergente delle ipotesi di realtà, sembra essere il grande assente, soffocato dall’austerità della resistente immagine stereotipa della persona seria, ovvero colui che non ride.

Da tale spunto argomentativo può essere avviato un discorso che costruisce invece la sua trama proprio intorno alla necessità di espressione libera dell’individuo, che si ricongiunge al suo Sé che accetta le emozioni e le istanze del suo Bambino interiore, rivisitandole con gli accenti maturi e sofisticati di un Io adulto che sa anche riflettere, progettare… e ridere.

Potrebbero interessarti ...