Riflessioni sul silenzio


ambiente silenzioso

Quante volte ci siamo soffermati sul Silenzio?

Quante volte abbiamo ascoltato ciò che sa evocare o far risuonare in noi?
PAURA, PACE, SOLLIEVO, RIFLESSIONE?
Forse tutte queste cose insieme, in barba al principio di non contraddizione.

Ed ecco alcuni degli opposti che in esso convivono:

 

  • APERTURA-CHIUSURA,
  • DOMANDA-RISPOSTA,
  • PRESENZA-ASSENZA,
  • PAURA-SERENITA’,
  • MERAVIGLIA-DISGUSTO,
  • GIOIA- DOLORE.


Emergono un silenzio inascoltato da una parte, un silenzio riconosciuto ed apprezzato dall’altra.


Molteplici sono le sfaccettature del silenzio e le possibilità che ci offre, ed ognuna di queste vive in modo diverso: c’è quello necessario alla creatività, quello che accompagna il morente, quello che permette nuovi spunti di riflessione, quello della vicinanza e della lontananza, quello delle pause che supportano le note musicali.

Questi sono solo alcuni dei termini ed esempi che mi giungono alla mente soffermandomi sul concetto di silenzio.
Il silenzio è tutte queste cose insieme.


In qualità di Counselor nutro un grande interesse verso la dimensione del silenzio, per le sue sfaccettature, e questo sia professionalmente che personalmente.
Ed allora imparo ad ascoltarlo e lui stesso mi aiuta ad ascoltare l’altro, o a negarmi all’altro.
Posso stare in silenzio per ricevere, oppure per dare.
Posso usarlo per chiedere spiegazioni, o può diventare una risposta molto eloquente.
Così tante esistenze per ciò che viene comunemente definito un’ASSENZA di suono, di rumore.
Personalmente lo percepisco come un’ assenza fortemente presente, anche, e forse ancor di più, dove è negata.
E mi sono chiesta: perché il silenzio, a volte, fa così paura?
Credo che il silenzio sia inconsciamente associato alla morte.
Nel grembo materno non c’è mai silenzio: la calda voce materna, i gorgoglii dei visceri, il rassicurante battito del cuore.
E così, il bambino, quando nasce, scopre e riscopre tanti suoni: quelli del mondo “esterno”, nuovi ed a volte spiacevoli, e quelli materni, familiari, che riportano al ricordo di un mondo in cui ogni bisogno era appagato, prima ancora di emergere.
E così il bambino dormirà più serenamente (con grande stupore degli adulti), in un luogo abitato da suoni, a volte anche forti, piuttosto che nel totale silenzio.
Perché?
Il silenzio è per lui legato all’assenza della mamma, che significa morte.
Ed allora forse troppo spesso questo panico interiore ci segna negli anni e si maschera: lo chiamiamo con tanti nomi, tante sono le fobie, ma è sempre lui…il nostro terrore di essere abbandonati e di morire.
Ciò nonostante, arrivati all’età adulta, possiamo imparare ad apprezzare le possibilità che ci offre ed addirittura, a volte, lo cerchiamo, perché ne sentiamo la necessità.
Ed ecco che torniamo all’ inizio: il silenzio può esserci amico o nemico, in una relatività senza fine.

 

Valentina Cantù

 

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