Indossare un abito significa trasmettere segnali sociali. Per quanto sembrino aspetti di secondaria importanza, la missione degli abiti non è soltanto quella di tenerci caldo. Essi cambiano la visione del mondo ai nostri occhi e cambiano il nostro aspetto agli occhi del mondo. L’abbigliamento può essere considerato un modello di comportamento umano con tre fondamentali funzioni: il comfort, il pudore e l’esibizione di status. Attraverso l’abbigliamento comunichiamo qualcosa di noi agli altri. “Anche quanti pretendono di non badare all’abbigliamento e si vestono con maggiore praticità possibile, con ciò stesso ci danno precise informazioni sui loro ruoli sociali e suoi loro atteggiamenti verso la cultura in cui vivono.
Per la maggioranza della gente, i segnali di abbigliamento sono il risultato di un unico evento quotidiano: l’atto di vestirsi, effettuato ogni mattina. Al vertice o alla base della scala sociale la frequenza di tale attività può mutare, con la ricca persona di mondo che cambia d’abito parecchie volte al giorno e il povero vagabondo che dorme negli stessi stracci indossati di giorno. Ma, fra questi due estremi, la routine del vestirsi il mattino e svestirsi la sera viene spezzata soltanto per indossare indumenti speciali, come la tuta per l’operaio o i calzoncini corti per l’atleta. Anche le persone che partecipano a particolari cerimonie – matrimoni, funerali, feste in giardino, balli, celebrazioni, riunioni di club, pranzi formali – “si cambiano”, indossano gli abiti appropriati” (Morris, 1977, 213). Così come il filosofo sofista e matematico greco Ippia di Elide (V° secolo aC) confezionava e curava le proprie vestigia per parlare in pubblico, anche le persone del mondo d’oggi dovrebbero saper prestare cura e attenzione nell’indossare gli abiti. “Le caratteristiche della personalità sono rivelate dallo stile: attenzione, dunque, all’eccesso di conformismo o, all’opposto, all’eccesso di originalità, alla qualità di ornamenti, all’uso di colori sgargianti” (Brentano, 1988, 85). Gli abiti e gli ornamenti rappresentano quindi “simboli della funzione” attraverso i quali si ha l’opportunità di trasmettere e sottolineare una corretta e circostanziata immagine di sé, in equilibro e congruenza con il ruolo esercitato in quel preciso momento.
Bibliografia
BRENTANO C.A., Parlare in pubblico, De Vecchi Editore, Milano, 1988.
MORRIS D., L’uomo e i suoi gesti, Mondadori, Milano, 1977.
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