le emozioni nella memoria, “effetto amarcord”
Secondo uno studio della New York University le forti emozioni sarebbero capaci di far riemergere ricordi nascosti e dettagli che abbiamo finora considerato insignificanti, in una sorta di “amarcord”: situazioni presenti sono in grado di far riaffiorare nella mente un'esplosione di vecchi ricordi del passato, non direttamente connessi all'evento e come sopiti nella memoria.
È appunto la teoria di un team di scienziati degli States che, in uno studio pubblicato su Nature(2015), svelano l'effetto "amarcord", retroattivo, che cambia anche il passato e aggiorna particolari accantonati, potenziandone il ricordo. L'emozione, dunque, non fa solo ricordare ogni dettaglio di uno specifico episodio coinvolgente, ma rafforza nella mente anche le memorie più datate, che fino a quel momento sembravano insignificanti e non avevano apparentemente lasciato un segno. Joseph Dunsmoor, responsabile dello studio condotto con altri specialisti, afferma che l'apprendimento emotivo può portare al rafforzamento dei ricordi più vecchi, cambiandoli: Noi monitoriamo continuamente il nostro ambiente e, in questo processo, accumuliamo innumerevoli dettagli. Poi ne dimentichiamo la maggior parte, ma i nuovi risultati ottenuti con la ricerca suggeriscono che gli eventi significativi o emotivi possono preservare selettivamente la memoria di informazioni incontrate in precedenza e accantonate perché allora ritenute senza particolare significato.
Gli scienziati hanno condotto una serie di esperimenti per seguire il destino di queste informazioni apparentemente non rilevanti, che solo in un secondo momento diventano più significative, con l’obiettivo di capire se e come i ricordi passati vengono "aggiornati" alla luce di un nuovo apprendimento emozionale che "scava" nel passato, influenzando pure il ricordo. È così che, secondo questi scienziati, siamo in grado di richiamare alla mente un ricordo ordinario del passato anche quando o in quanto, si lega all'apprendimento emozionale nel presente.
Questa memoria "potenziata" di eventi precedenti, oggetto di ripetute osservazioni, suggerisce che il miglioramento retroattivo dei ricordi avviene facilitando la memoria a lungo termine. I risultati evidenziano la natura altamente adattativa del nostro sistema di "archiviazione" e suggeriscono che la memoria non solo può viaggiare indietro nel tempo per recuperare eventi del passato, ma può aggiornare questi ricordi, con importanti nuove informazioni o dettagli, concludono gli autori Lila Davachi ed Elizabeth Phelps.
A questo punto, ci domandiamo: possiamo usare i ricordi nel modo giusto?
Sì, possiamo nella misura in cui leggiamo i ricordi che appaiono nel presente come una porta aperta verso il futuro, una nuova energia per ri-motivarci; solo così riusciremo a non lasciarci intrappolare nel passato.
(cfr.https://www.riza.it/psicologia/l-aiuto-pratico/5211/usa-i-ricordi-nel-modo-giusto.html)
I ricordi sono frequentemente un terreno minato per chi sente di avere dei conti in sospeso col passato. Qualcuno racconta: I momenti della vita che ho passato con lui mi tormentano. Anche piccole cose scatenano i ricordi: una strada, un oggetto... Perché arrivano? Si vive tra il desiderio di metterci una pietra sopra e il continuo rivangare della mente. Più vogliamo cancellarli, e più i ricordi che ci fanno male riemergono. Qualcun altro dice: Da bambino, mio fratello mi tiranneggiava,e da allora mi faccio sempre trattare male.
È abbastanza evidente che siamo noi a percepire i ricordi come riprova di ciò che nel presente sentiamo, secondo il copione del povero sfortunato, della vittima designata che abbiamo nel tempo codificato e, dunque, è molto più recente di quegli accadimenti che ritornano nei nostri ricordi.
Ribaltiamo la prospettiva: e se invece i ricordi custodissero un tesoro? L’anima non fa niente di inutile, non ci porta un ricordo per farci star male o immergerci nella nostalgia. Non ci serve a niente essere consolati, non ci serve qualcuno che ci dica: Poverino hai sofferto, fai bene a zoppicare. Serve accorgerci che possiamo camminare! E se il cervello ci portasse i ricordi non per intrappolarci, ma perché ha bisogno di nuova energia, di un’emozione forte per preparare qualcosa nel futuro? Mi è venuto in mente come giocavo da bambino, mi sono perso in quel ricordo e questo mi ha fatto venire un sacco di idee per il mio lavoro.
È questo l’atteggiamento giusto. Arriva un ricordo: dove mi vorrà portare? Cosa mi vuole fare scoprire? Quale lato di me deve ancora nascere? E l’avventura riparte.
Molti studi dimostrano che il riconsolidamento ripetuto dei ricordi risulta sempre meno accurato rispetto all’evento originale, anche nel caso di ricordi fotografici emozionalmente significativi. Per il cervello lo scopo di immagazzinare ricordi non consiste nel registrarli accuratamente, ma nel creare sequenze apprese di comportamenti (strategie) innescate ogni volta che viviamo un’esperienza sensoriale simile all’originale.
Come utilizzare in maniera più efficace questo sistema di memorizzazione?
In differenti modi possiamo modificare efficacemente la riposta emozionale a un ricordo durante la finestra del riconsolidamento: possiamo utilizzare l’ancoraggio che coinvolge la connessione spaziale del ricordo a una nuova risposta emozionale; ricorrere a movimenti oculari veloci da un lato all’altro e in diagonale, mentre si riconsolida il ricordo; usare la tecnica della cura veloce della fobia.
Per migliorare il ricordo dei fatti che vogliamo proteggere dai cambiamenti riconosolidati, possiamo connettere nuovi ricordi a sequenze resilienti già immagazzinate e pianificare così gli eventi futuri, utilizzando il dato di fatto che la costruzione di esperienze future avviene nello stesso sistema del riconsolidamento.
Il ricalco sul futuro significa connettere le future azioni desiderate a luoghi che innescheranno il loro uso in momenti appropriati nel futuro. Impostare gli obiettivi prevede la creazione di specifiche sensoriali che puntino all’obiettivo futuro e mettano in conto i vari effetti di questo piano. L’immagine del proprio sé futuro può anche essere fatta in maniera più vivida, più attraente e più simile al sé corrente, per migliorare la motivazione a supporto dell’azione.
(cfr.https://pnlecoaching.it/blog/come-unziona-la-memoria-r-bolstad-risponde/)
Àncoraggio, movimenti oculari, sequenza di movimenti, cura veloce delle fobie, Time-line, specifiche sensoriali, immagini e, perché no, submodalità, ricalco, rapport, rispecchiamento, guida, calibrazione, metamodelli: siamo nell’ambito della Programmazione Neuro Linguistica, orientata alla possibilità di programmare il nostro cervello e ri-programmare le nostre scelte e gestire le nostre emozioni, passate e presenti, allenandoci a concepire il futuro con il sistema rappresentazionale con cui avvertiamo la realtà dentro e fuori di noi.
Si tratta di tecniche con cui è possibile agire sulle nostre percezioni, sui nostri meccanismi cognitivi disfunzionali, sostituendoli con altri più funzionali riprogrammandoli: mappe mentali, schemi linguistici e comportamentali per migliorare, cambiare in quanto il nostro cervello è programmabile e, dunque, ri-programmabile.
Rileggiamo Richard Bandler (Richard Bandler, Il potere dell’inconscio e della PNL, NLP ITALY, 2009): Siamo creature facilmente programmabili. Quando iniziai a usare il termine “programmazione”, notai che la cosa dava fastidio a molti. Mi accusavano di considerare le persone alla stregua di macchine. Mi dicevano: “Siamo persone, mica robot!”.
In realtà io sostengo proprio il contrario. Siamo l’unica macchina in grado di programmare se stessa. Siamo “metaprogrammabili”. Siamo in grado di installare e azionare programmi automatici, creati deliberatamente affinché gestiscano compiti noiosi e triviali, lasciando così la nostra mente libera di fare altre cose più creative e interessanti.
Allo stesso modo, se facciamo automaticamente qualcosa che non dovremmo fare […]abbiamo la possibilità di programmare noi stessi per cambiare. Ben lungi dall’essere robotica, questo significa diventare spiriti liberi. [pag. 29]
Abbiamo la capacità di creare complesse combinazioni delle modalità sensoriali e delle distinzioni al loro interno ogni volta che riceviamo uno stimolo.
Questo significa, però, anche che abbiamo la possibilità do riorganizzare questi schemi secondo sequenze estremamente specifiche, per cambiare le nostre reazioni[pag. 123].
Difficile, davvero, resistere all’ondata di pro-attività che ci investe ad ogni ri-lettura di queste poche righe.
Cordialissimamente,
Giancarla Mandozzi
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