REDDITO DI CITTADINANZA: SUSSIDIO O PATTO PER L'INCLUSIONE SOCIALE?

Inviato da Stefano Agati

 integrazione sociale

Il 29 gennaio 2019 è entrato in vigore il Decreto Legge 28.01.2019, n.4 concernente le “Disposizioni urgenti in materia di Reddito di cittadinanza e di Pensioni di cittadinanza”. Per comprendere l’ampiezza del provvedimento è sufficiente analizzare i dati dell’Osservatorio INPS aggiornati all’ottobre 2019. A decorrere dal mese di aprile 2019 sono state presentate 1.522.874 domande delle quali il 64,5% sono state accolte, pertanto le domande al netto di quelle decadute, riguardano complessivamente 943.303  nuclei beneficiari di Reddito di cittadinanza (87,5%) e di pensione di cittadinanza (12,5%).

La “macchina organizzativa” connessa all’implementazione del Reddito di cittadinanza ha perlopiù esternalizzato i punti di accesso per la presentazione delle domande e attribuito ad una piattaforma digitale il compito di primo smistamento, pertanto non esiste un sufficiente approfondimento sulle specifiche caratteristiche dei beneficiari e la correlazione tra la tipologia dei servizi ricevuti e i risultati conseguiti, inoltre la situazione dei nuclei famigliari in condizione di povertà è tendenzialmente multiproblematica. Ad esempio questo target presenta elementi di debolezza strutturali come “limiti nel processo decisionale” e “incapacità di sfruttare le risorse a disposizione”.

Alcuni beneficiari potrebbero tendere a semplificare concettualizzando il Reddito di cittadinanza semplicemente come un “sussidio”, mentre questa misura dovrebbe rappresentare un vero e proprio Patto per l'inclusione sociale e per il lavoro. Come dice il sociologo britannico Peter Townsend “i poveri sono esclusi dai modelli di vita, i costumi e le attività ordinari”. Per questo motivo, l’intento progettuale del Reddito di cittadinanza integra più prospettive teoriche e più discipline, come la sociologia, la psicologia e la pedagogia, relativamente ai processi educativi, di empowerment famigliare, comunitario e sociale. Le politiche attive devono pertanto saper avviare il meccanismo complesso della “motivazione” producendo un cambiamento durevole e positivo nelle persone.

 

PROFILO DI STEFANO AGATI

Stefano Agati è un Sociologo professionista, membro del Direttivo Nazionale *ANS, Associazione Nazionale Sociologi e Presidente ANS Dipartimento Veneto.Dottore magistrale in Psicologia dell’Educazione e in Sociologia ad indirizzo psicologico. GiàProfessore a contratto nell’ambito disciplinare del Management sanitario presso l’Universitàdegli Studi di Padova, Facoltà di Medicina e Chirurgia. Counselor Relazionale Professional Trainer, iscritto al n. 369 del Registro AN.Co.Re.

 

*ANS, Associazione Nazionale Sociologi, è stata fondata a Roma nel 1982. Tra i suoi scopi primeggiano la promozione del ruolo del sociologo, il contributo allo sviluppo delle scienze sociali, l’organizzazione di convegni, la realizzazione di ricerche, gli scambi culturali e la collaborazione con altre associazioni ed enti nazionali ed internazionali.

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