ALIENAZIONE PARENTALE E TRIANGOLO DRAMMATICO. Una possibile lettura transazionale

Inviato da Nuccio Salis

triangolo drammatico

Appurato il crescente aumento statistico di divorzi e separazioni, il fenomeno ha sollecitato una notevole curiosità scientifica, rivolta sia alle cause che agli effetti di tali decisioni e condotte. Inoltre, anche nell’ambito giuridico, sono emerse da tempo imponenti necessità circa la corretta gestione di tali processi e delle loro conseguenze. Nuove disposizioni normative e inedite figure professionali  specializzate, si sono dovute creare appositamente per affrontare la risoluzione di tali vicende umane e delle loro sorti a livello giurisprudenziale. In anni piuttosto recenti, per giunta, si discute sempre più di un evento legato ai modelli relazionali, in seno a processi di rottura o modifiche di contratti  o unioni matrimoniali. Il nocciolo dell’intera questione riguarda la separazione coniugale che avviene quando la coppia ha un/a figlio/a, specie se in età infantile, ed uno dei due genitori riesce a coalizzarlo dalla propria parte, mentre dirige le sue decise schermaglie al partner avverso. In pratica, una delle due parti in causa approfitterebbe della debolezza psicologica dell’elemento terzo (un/a bambino/a) per promuovere un’alleanza con lo stesso e renderlo complice in una deliberata campagna di diffamazione agli occhi del medesimo, dei soggetti giuridici ed eventualmente della famiglia allargata o di altre parti sociali.

 

Il soggetto maggiormente vulnerabile all’interno di questo scenario, risulta naturalmente il bambino, il quale verrebbe in pratica manipolato e plagiato mentalmente, sottraendo allo stesso il diritto di godere di relazioni genitoriali comunque efficaci sul piano affettivo ed educativo. Il bambino si forma in pratica una falsa immagine di uno dei due genitori, a cui si trova costretto ad aderire, anche per sfuggire inconsciamente al trauma di pensare come inaffidabile proprio la persona da cui dovrebbe ricevere attenzioni, supporto incondizionato e gratificazioni affettive.

Il fenomeno prende il nome di ‘Sindrome da Alienazione Parentale’, e costituisce un argomento piuttosto controverso nell’ambito della ricerca sul comportamento del bambino, in quanto non è stata raggiunta ancora una sostanziale concordia volta a dover riconoscere la presenza di tale tipo di condizione. Pertanto, nonostante la puntuale descrizione proposta da Richard Gardner, psichiatra statunitense che ha coniato tale nomenclatura, non si troverà nel manuale ufficiale conosciuto come il DSM (giunto alla sua quinta edizione nell’anno 2013).

L’aspetto curioso di tale diatriba parentale, che prevede il coinvolgimento involontario di un minore, riguarda un ridondante elemento di drammaticità ancora una volta presente nelle relazioni a struttura triangolare. Come ci insegna l’Analisi Transazionale, infatti, le relazioni che esprimono contenuti personali legati a personaggi interiori, e che quindi ricalcano copioni auto-prescritti, danno luogo a rapporti caratterizzati da fattori disturbanti quali insidie e tranelli che fanno volgere i rapporti stessi verso esiti infelici e non gratificanti per ciascun soggetto coinvolto.

In modo particolare, esiste nell’ambito della letteratura scientifica prodotta dall’AT, lo studio di un fenomeno delle dinamiche interpersonali noto come ‘triangolo drammatico’, o ‘triangolo di Karpman’ qualora gli si volesse riconoscere la paternità. Sembrerebbe applicabile anche nel contesto sopradescritto, in quanto per poterlo attivare sono necessarie tre figure di ruolo e l’interscambiabilità delle stesse. In pratica, lo scenario verrebbe occupato da 3 personaggi che sono sempre: Salvatore, Vittima e Persecutore. Un genitore può convincersi di essere il solo ad essere degno di conservare la potestà legale sul bambino, e quindi ergersi come Salvatore di quest’ultimo, esponendolo piuttosto a un processo di condizionamento negativo, per cui il bambino assumerebbe in pratica la parte della Vittima. Il genitore raggiunto da tale pregiudizio, agli occhi del figlio si profila come lo stregone cattivo che vorrebbe abusare di lui, e difatti reagendo all’offensiva del genitore alienante, appare come un Persecutore. Egli, ben presto, si rende conto di come l’influenza della controparte sul bambino, abbia reso lo stesso come soggetto oppositivo e rifiutante nei propri confronti, e quindi non può che giungere alla conclusione di essere una Vittima, di fronte a due soggetti divenuti Persecutori, e di conseguenza vorrebbe fare qualcosa per togliere suo figlio da quell’ingiusto guazzabuglio di bugie e di indottrinamenti a cui è sottomesso. Diventerebbe perciò un Salvatore.

Si assiste cioè ad un rovesciamento di ruoli, la cui conservazione degli stessi continuerà a far girare l’ingranaggio della triangolazione drammatica.

L’Analisi Transazionale indica sempre nell’autenticità un rimedio possibile per interrompere la circolarità ripetitiva di tali giochi sociali.

All’interno della gestione di una relazione così complessa, in cui vi è di mezzo un soggetto debole e plagiato, è necessario far agire i soggetti coinvolti nella massima trasparenza e congruenza di sé. Un invito a disporsi nella situazione di genuinità è quanto di più auspicabile si possa chiedere e ottenere, in quanto, al di là del riconoscimento ufficiale del quadro sindromico, vanno difesi e tutelati gli interessi del bambino, ed il suo diritto a ricevere cure ed attenzioni parentali dalle rispettive parti, senza essere arruolato come partigiano dell’una o dell’altra, ma aiutandolo invece a poter godere della presenza di entrambe le figure genitoriali, laddove ciò fosse naturalmente e giuridicamente possibile.

Insomma, mettere al centro l’interesse del bambino dovrebbe essere il focus principale da cui pianificare l’azione più efficace, in modo da provvedere a procurare vantaggio a tutela del soggetto più vulnerabile, dal momento che porsi dalla parte del più debole è il principio etica guida di qualunque operatore dell’aiuto.

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