Il setting d’aula, strumento formativo e
di apprendimento
La cura del setting, come è indispensabile nella relazione d’aiuto e affidata alla competenza organizzativa e professionale del counselor, così è elemento strutturale di ogni altra relazione interpersonale, segnatamente di quella educativa finalizzata all’apprendimento.
Noi alunni del secolo scorso abbiamo ritenuto ininfluenti sul nostro vissuto gli ambienti scolastici, li abbiamo visti anonimi, mai li abbiamo osservati con un senso di appartenenza e da estranei li abbiamo abitati; distrattamente abbiamo vissuto ogni spazio, ampio o angusto che fosse, utilizzato armadietti, scelto il banco per condividere con un compagno piacevole e fidato le pesanti ore di lezione, o proprio quello in fondo all’aula nell’illusione di nasconderci agli occhi del prof.
L’aula, i corridoi, persino la palestra, unico ambiente liberatorio, o i laboratori erano nulla di più che contenitori entro i quali vivevamo presi da ben altri pensieri, dal dramma delle verifiche, della valutazione finale, della mancata promozione all’anno successivo che cominciava a profilarsi con l’arrivo della primavera e coincideva ad ogni anno puntuale, con l’aumentato rifiuto per l’applicazione i quelle prime lunghe giornate di primavera. Cominciamo finalmente a chiederci anche in ambito scolastico come sia realizzato il setting di apprendimento, lo spazio nell’aula, qual è la disposizione degli arredi, dei banchi, la posizione della cattedra; se i materiali per attività e approfondimento sono accessibili agli allievi; come viene gestito il tempo In base a quali regole viene condotta l’attività scolastica; quali forme di interazione vengono proposte e utilizzate; oltre il codice orale e scritto, quali altri sono abitualmente utilizzati: codice visivo, immagini, slide, filmati, codice musicale, gestuale, ecc…
È già una realtà (anche se non capillarmente diffusa) la Scuola 3.0 che prevede aule 3.0 come ambienti dematerializzati, spazi flessibili con suppellettili munite di ruote per facilitare allestimenti diversi (un esempio in foto), setting d’avanguardia che coniugano diverse soluzioni per varie esigenze didattiche della Didattica Innovativa. Il setting a scuola viene riconosciuto come elemento formativo che dà credibile risposta ad un insegnamento come evento organizzativo, contesto specificamente dedicato all’apprendimento.
Non si tratta di novità recentissime e dal mondo ci giungono esempi di progettazioni didattiche caratterizzate da un diverso uso della spazio come il parco giochi-scuola infanzia giapponese (Fuji Kindrgarten); la scuola secondaria danese nella quale non si utilizza cartaceo, bensì solo tablet, stando seduti su pouf e cuscini; la scuola primaria di Stoccolma che offre molteplicità di spazi aperti per attività laboratoriali. Fermo restando che ogni realtà ha suoi tratti peculiari e identitari e che quindi elabora un proprio modo di creare e vivere lo spazio formativo, alle nostre latitudini, anche se in molte scuole sono realizzati ambienti formativi di apprendimento e aule 2.0, 3.0, non è facile creare un setting di apprendimento accogliente e invitante; molto più facile è invece trovarlo, come frequentemente è, anonimo e inospitale. Migliorarlo significa creare nell'aula un clima di autentica vitalità.Scrive Marco Orsi: La vitalità e l'importanza della scuola non stanno negli innumerevoli progetti di cui ormai tutti gli istituti si fregiano, né nel lavoro pur encomiabile e apprezzabile dei dirigenti e dei docenti degli staff, né tanto meno nel lavoro, pur di valore, degli assistenti amministrativi e dei collaboratori scolastici. La vitalità e l'importanza della scuola risiedono proprio nel mondo vitale dell'aula che oggi sembra essere dimenticato, reso oscuro, anonimo: quello è, invece, il bene più prezioso [...]cuore dell'organizzazione. La progettazione è progettazione dell'ambiente formativo, lo sforzo è quello di uscire dalla logica di insegnanti che progettano le cose che devono far fare ai bambini e ai ragazzi a favore della logica che richiede una costruzione condivisa di progetti e significati per cui tutti fanno qualcosa, hanno un ruolo, si prendono un impegno per portare avanti una ricerca, per scoprire una partedi mondo, per acquisire nuove conoscenze. Progettare significa <chi fa che cosa> e ciò riguarda tanto gli alunni quanto i docenti.(Marco Orsi A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per una didattica innovativa, Erickson, 2016, pag. 16)
Tra setting e relazione educativa esiste un’influenza reciproca ricorsiva: il setting è strumento di lavoro e ogni setting "parla", dell’impianto metodologico-didattico che il docente ha scelto di seguire, il setting formativo nel suo insieme veicola un determinato modello pedagogico che, proprio in quanto agito piuttosto che espresso attraverso parole, incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati.(Mario Castoldi, Didattica Generale, Mondadori, 2010, Parte prima Le parole chiave della Didattica, pag. 9)
Nella misura in cui come docenti ed educatori facciamo nostro questo itinerario di co-costruzione dell’apprendimento, avvertiamo l’urgenza di progettare diversamente. La cura del setting assume un rilievo fondamentale come operazione propriamente metodologico-didattica, come parte interconnessa all’intero processo insegnamento/apprendimento, nel momento stesso in cui il docente vive il proprio ruolo di operatore e agevolatore di ricerca-azione (action researcher), supervisore, in un clima di attiva collaborazione con gli alunni.
In questa ottica di mediazione educativa (non più semplicemente cognitiva e finalizzata al sapere, alla conoscenza) ad ogni alunno va riconosciuto uno specifico, individualizzato e personalizzato itinerario di apprendimento in continua osmosi con il gruppo classe. Se il gruppo classe, in quanto contesto di riferimento, assume la fisionomia di protagonista dell’azione educativa insieme all’alunno e al docente e ne determina la qualità e l’efficacia, il setting assume i contorni di un ambiente autentico di apprendimento, di pietra angolare, di valenza strategica, per realizzare l’apprendimento e l’insegnamento sulla base del modello formativo della scuola, in cui anche la valutazione si fa parte di un processo costruttivo e di interazione, ri-costruzione di quanto posseduto, ri-elaborazione di quanto appreso e dell’ oggetto della conoscenza.
Il setting necessita di confini chiari per favorire lo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso come suggeriscono le Indicazioni per il Curricolo della Scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo d’Istruzione.
Importante è che il setting si configuri con norme e regole frutto di progressiva negoziazione tra docente e gruppo classe, proprio perché il rispetto di quelle regole è parte integrante del processo educativo e la rottura del setting è paragonabile all'interruzione del ciclo di contatto (ved. la gestalt e il ciclo di contatto). Sono quelle stesse regole che possono prevenire tentativi di bloccare il setting o manovre di attacco.
Chi e come può intentare una manovra di attacco al setting? Ad esempio, l’alunno che si atteggia a bullo, o l’alunno che, incontrando difficoltà di apprendimento, ne attribuisce la responsabilità a quelle norme e le mette in discussione. Persino l’alunno che manifesta punti indiscutibili di eccellenza potrebbe usare la sua malintesa superiorità per imporsi sulle norme dagli altri condivise. Di certo le manovre di attacco non appartengono solo agli alunni: genitori agguerriti o docenti, in disaccordo per i motivi più diversi e con le giustificazioni più ardite con quanto stabilito insieme agli alunni, possono rappresentare un serio ostacolo a che il setting si mantenga funzionale al raggiungimento di obiettivi cognitivi, emozionali e socializzanti. Solo la reale condivisione del progetto e la cura quotidiana con cui è monitorato dal docente e dagli alunni costituiscono la vera risorsa per mantenersi centrati su obiettivi e relazione efficace.
Ancora una volta, a scuola, è compito del docente (a casa è compito dei genitori, nella vita fuori dalla scuola di ogni adulto che alleni, segua, si relazioni con i ragazzi) far sì che gli alunni esplorino il loro zaino, ne vedano i condizionamenti, perché da questa progressiva consapevolezza impareranno a desiderare di superarli, neutralizzarli ed anche individuarne qualche possibile risorsa.
Considerando che l’apprendimento umano presuppone una natura sociale specifica e un processo attraverso il quale i bambini si inseriscono gradualmente nella vita intellettuale di coloro che li circondano (Lev. S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, 1934), lo sviluppo cognitivo va ricondotto alle interazioni sociali dell’individuo nell’ambiente che, in quanto apprenditivo, è il contesto d’azione entro cui si genera la conoscenza, contesto socio-culturale, relazionale e culturale, funzionale a sollecitazioni differenziate. Occuparsi dunque dell’allestimento del setting è creare l’ambiente formativo in cui docenti e studenti vivano in un sistema di interdipendenza, in cui l’aula, come scena educativa, [sia] presupposto fondamentale e imprescindibile per una crescita intenzionalmente guidata verso la formazione.(Maria Rosaria Strollo, a cura di, Scienze cognitive e aperture pedagogiche, FrancoAngeli, 2007, pag. 28)
Poiché anche per la classe, come per ogni gruppo sociale il sistema di regole stabilito è in parte determinato dal meso-contesto (per la scuola l’organizzazione scolastica complessiva), non è escluso che sia proprio questo contesto l’elemento frenante o addirittura di ostacolo alla realizzazione del progetto formativo (vincoli economici, ritardi burocratici, ecc…); in tal caso dunque la negoziazione per creare un ambiente formativo prima ancora che con gli alunni andrà avviata per via gerarchica a Dirigenti, Ministero, a Enti del territorio coinvolti nelle iniziative didattiche.
È certo tuttavia che il docente non rinuncerà a gestire ciò che gli compete: spazi, tempi, metodologie per creare, insieme agli alunni, un clima educativo e formativo in cui gli attori protagonisti sono il docente, o i docenti (compresenza di uno o più docenti, presenza di insegnante di sostegno, di un facilitatore, di un osservatore counselor o altro) e gli alunni impegnati in diversificate attività (individuale, in piccoli gruppi spontanei o gestiti dal docente, gruppo classe).
[Dal progetto promosso dall'IRRE Toscana, "A scuola senza zaino"], complessivamente emerge un modello educativo caratterizzato dalla varietà dei setting, dalla compresenza di modalità di lavoro differenti, dalla valorizzazione della socialità, da un ruolo più defilato dell'insegnante.
L'uso progettuale dello spazio punta a sottolineare il valore di una intenzionalità pedagogica sottesa alla predisposizione del setting formativo, assunto come variabile indipendente da pensare e gestire.
A uno spazio scolastico tradizionalmente pensato in termini di separazione, rigidità, anonimato, minimalismo si tende a sostituire un'idea di spazio scolastico caratterizzato da connessioni, flessibilità, appartenenza, vivibilità. (Mario Castoldi, Didattica generale, Mondadori, 2010, pag. 10).
Cordialissimamente,
Giancarla Mandozzi
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