CREATIVITA' E TRISTEZZA. Esperienze di Art Counseling


 

Nel laboratorio di art counseling e yoga, raccogliamo frammenti di poesie sparsi a terra li leggiamo ognuno in silenzio e ci lasciamo ispirare dalle singole parole, frammenti di frasi .
Ci lasciamo attrarre da alcune parole, ne ascoltiamo la risonanza interna e poi sezioniamo il testo, includiamo e d escludiamo e poi riassembliamo, incollando e scrivendo, aggiungiamo altre parole nostre che emergono, creando un nuovo componimento poetico personale.
Con le parole che l’intuito ha scelto come più significative.

 

Prima di questo abbiamo stimolato il quinto chakra, collegato alla creatività, alla parola che prende forma dalla nostra voce, alla verità personale e alla sua espressione. Con movimenti,  posizioni, soprattutto con vocalizzazioni e con quello che mi piace chiamare “movimento sonoro”, il movimento ora accompagnato ora guidato dal suono spontaneo.

Laura si ritrova un frammento che cita la tristezza, quel frammento le rimane in mano e lei si interroga come mai la tristezza. Abbiamo parlato del gioco, dello stupore, della gratitudine, ma la tristezza proprio no, non l’avevamo evocata.

Qualcosa di simile accade a Lidia, ed allora ci interroghiamo insieme sul rapporto tra tristezza e creatività. Se ci è venuta a trovare questa emozione un motivo ci sarà..

Quello che è emerso è il rapporto tra la perdita, il dolore e la creatività.
 
Per creare dobbiamo essere disposti a lasciar andare, a sperimentare la perdita del noto e dell’acquisito per esplorare nuovi percorsi.
La distruzione e il morire delle forme note sono ciò che permette al nuovo di manifestarsi.
Nel modello degli archetipi del viaggio dell’eroe della Pearson, l’archetipo del Distruttore precede quello del Creatore.
Quindi ecco che la tristezza, come consapevolezza della perdita, esperienza corporea del vuoto che precede la nuova creazione si manifesta.
E forse lo sperimentarla è garante di un autentico processo creativo in quanto ci segnala anche la preziosità di ciò stiamo lasciando o abbandonando.
Permettendoci di sentire e sperimentare il sentimento della perdita ci apriamo autenticamente al nuovo a possibilità inesplorate, con un senso di gratitudine per ciò che è stato, integrando progressivamente tutte le esperienze.
In fondo quel tagliare i frammenti di poesia era un atto di distruzione, anche se abbastanza delicato, che permetteva poi il successivo ricreare, forse lì si è cominciata a manifestare la tristezza.
La bellezza della poesia non favoriva il pur necessario taglio, e allo stesso tempo forse rendeva poetico il taglio, con la giusta atmosfera emotiva.

E poi sopraggiunge l’intuizione improvvisa, come sarebbe se la trasformassimo in un canto?
Questa domanda mi risuona in testa, non era prevista una pratica simile, mi rendo conto che è un po' forte, ma mi affido al processo creativo, mi permetto di proporla al gruppo che subito raccoglie l’invito con entusiasmo.
Ed allora sentire l’emozione nel corpo e poi lasciare che la vibrazione diventi suono.
Quando l’esperienza è pienamente sentita, assaporata, e poi le si permette di diventare suono, di esprimersi liberamente con dei suoni, all’inizio abbastanza disarticolati, che piano piano diventano un canto, accade l’inaspettato.
Il canto libero e spontaneo cha nasce dal sentire corporeo, ha un sapore antico, pregno di umanità che si confronta con le difficoltà del vivere, ma anche con il lato poetico del dolore.
Allo stesso tempo conferisce un prezioso contenitore all’ emozione mentre la esprime pienamente, le dà letteralmente voce, sottraendola al silenzio dell’isolamento, non è più solo mia, c’è la percezione di un universalità del sentimento.
La vocalizzazione trasforma e nobilita l’emozione mostrandone una quantità di sfumature, di sapori qualità e movimenti.
Dare spazio al dolore lo alleggerisce e commuove la vibrazione che si espande e si libera nella gola e nel  petto, le voci che si fondono, un senso forte di comunanza, un momento molto toccante, forse il più intenso del laboratorio. 

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