La nascita del counseling


 

LA NASCITA DEL COUNSELING 

 

La relazione d’aiuto è emersa nel corso della storia del servizio sociale e la conoscenza delle tappe di questa storia è utile per chiarire la sua natura. Inizialmente, essa si configurava solo come una faccenda di carità, una compensazione umanitaria a un sistema sociale impersonale e ingiusto nei confronti di disadattati, diseredati e diversamente abili; successivamente, soprattutto grazie all’opera di Rochefoucald-Liancourt si trasformò in assistenza privata a scopo filantropico, e solo nel XX secolo si sarebbe arrivati all’istituzione del servizio sociale come professione.

Nel 1930 la relazione d’aiuto era intesa solo come  “intercomunicazione in cui si crea un ponte tra chi assiste e chi è assistito, che fa si che queste due personalità diventino un noi, ciò che produce una sensazione di solidarietà affettiva”, ma già nel 1935 iniziò a porsi obiettivi più solidi. Il 1950 fu determinante nella costruzione di un metodo più preciso: “il colloquio è il mezzo attraverso il quale il cliente viene messo in grado di porsi di fronte al proprio problema e attraverso il quale l’operatore sociale lo porta a vederlo più chiaramente”, che arrivò ad una sua completa definizione nel 1960: “la relazione d’aiuto è una relazione professionale nella quale una persona deve essere assistita per operare un adattamento personale, verso cui la persona non è riuscita ad adattarsi normalmente. Ciò suppone che chi aiuta debba essere in grado di compiere due azioni specifiche: comprendere il problema nei termini in cui si pone per quel particolare individuo in quella particolare esistenza, ed aiutare il cliente ad evolvere personalmente, nel senso di un suo miglior adattamento sociale”; per poterlo fare, il colloquio deve essere non direttivo e centrato sul cliente, definizione coniata da Carl Rogers, padre della psicologia umanistica nel suo libro Client centered therapy. Con questa definizione egli intendeva una relazione nella quale il “cliente” decide di farsi aiutare da un operatore, il “counselor”, ma senza mai abbandonare né la sua libertà né la sua responsabilità nella soluzione delle sue difficoltà.

 

 

Importante diventa quindi segnalare tre conquiste essenziali che le scienze umane applicate devono a questo terapista:

1. lo spostamento di enfasi nell’ambito della relazione di aiuto dal ruolo dell’operatore esperto al ruolo del cliente persona portatore del problema;

2. la concentrazione sul processo di aiuto, inteso come oggetto epistemologico di per sé;

3. lo spostamento dell’attenzione dalle abilità tecnico-procedurali alle qualità umane dell’operatore di aiuto.

Corollari di queste tre conquiste non possono che essere alcuni fondamentali principi, che il counselor deve adottare e tenere sempre presenti:

1. una piena disponibilità all’ascolto;

2. una totale assenza di giudizio e di valutazione;

3. un atteggiamento di non direttività;

4. un’autentica intenzione di comprensione;

5. una buona obiettività;

6. un’assenza di interpretazione;

7. un supporto affettivo (sostegno/consolazione) inefficace anche se può essere richiesto;

8. un’assenza di risposte inquisitive: il colloquio non è un’indagine;

9. un’assenza di soluzioni: il protagonista del cambiamento deve rimanere il cliente.

 

In definitiva Rogers sostiene che essere centrati sulla persona significhi adottare cinque atteggiamenti:

1. accoglienza e non iniziativa;

2. essere centrati su ciò che è vissuto dal soggetto e non suoi fatti che racconta;

3. interessarsi alla persona e non al problema in quanto tale;

4. rispettare il soggetto;

5. facilitare la comunicazione e non fare rivelazioni.

 

Bibliografia

- Danon Marcella, Counseling. La terapia per aiutare gli altri ad affrontare i propri problemi con un nuovo spirito, Milano, Edizioni RED 2003

- Di Fabio Annamaria, Counseling. Dalla teoria all’applicazione, Milano, Giunti, 1999

- May Rollo, L’arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione, Roma, Astrolabio, 1991

- Mucchielli Roger, Apprendere il counseling. Manuale di autoformazione al colloquio d’aiuto, Trento, Erikson, 1987


 

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