LA CREATIVITA’ COME QUALITA’ TOTALE. Creatività e fantasia

Inviato da Nuccio Salis

Creativity and imagination

Tratto dal mio saggio sulla creatività, un capitolo che illustra il legame fra creatività e fantasia.

 

Nel linguaggio comune, i termini creatività e fantasia vengono spesso sovrapposti ed utilizzati secondo una omonimia concettuale che sembra non dare spazio a nessun tipo di differenziazione semantica e a nessun tipo di riconoscimento circa le peculiari caratteristiche che ciascuna di queste due qualità sembra invece avere.

Sarà compito di questo capitolo cercare di delineare un opportuno confronto terminologico fra i due elementi in questione, e di farli anche incrociare secondo criteri utili nell’identificazione di personalità contenenti in varia misura ciascuna di queste due variabili. Se creatività e fantasia non sono la stessa cosa, occorre allora individuare un piano di valutazione che possa cogliere in entrambe reciproci elementi di somiglianza e di differenza.

Analizzando il termine “creatività” si è potuto ampliamente constatare una caratteristica totalizzante circa la struttura della personalità e la modalità di approccio alla realtà determinate dalla salienza creativa in un individuo.

 

Con il termine “fantasia” si può fare riferimento ad una attività magari meno esplicitata o, per dirla in termini junghiani, introvertita, ovvero adducibile ad un complesso mondo interiore caratterizzato dall’immaginazione. In sintesi,mentre la creatività sembra trovare un correlato esplicito nella realtà, nel senso che essa spinge ad esprimere un determinato repertorio comportamentale oppure a realizzare forme espressive nell’arte, la fantasia sembra rimanere sullo sfondo di un orizzonte impenetrabile e non visibile appartenente alla psiche umana.

Può esistere tuttavia una linea di continuità fra le due. Per esempio, secondo il paradigma della fantasia proposto dallo psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), la fantasia è una forma di energia, anche se non è suscettibile di misurazione essa costituisce comunque un fatto. Essa, pur non essendo un oggetto tangibile, è pur sempre un fatto, la manifestazione di qualche cosa (Jung, 1974). La fantasia assumerebbe un valore di realtà soprattutto dal momento in cui si considera che certi eventi pianificati e tutte le opere architettoniche e gli oggetti che ci circondano hanno precedentemente abitato nella fantasia degli umani, o meglio hanno acquisito la loro prima forma nella fantasia di qualcuno. Quando un individuo ha una fantasia, spiega Jung, può succedere che qualcun altro perda la testa oppure che venga costruito un ponte. Il mondo delle idee prodotte dalla fantasia umana, quindi, viene messo in evidenza come strumento preliminare nel processo di costruzione tangibile e manifesta della realtà e dell’ambiente. Le implicazioni circa la necessaria bontà di tale idee risulta evidente. Lo stesso Jung sostiene che il mondo dipende dalla qualità della psiche umana. Una psiche umana che produce fantasie di dominio e di distruzione finisce per creare e progettare un tipo di realtà caratterizzato dall’orrore e dalla sopraffazione. Più recentemente, l’antropologo americano Gregory Bateson (1904-1980) parla di ecologia delle idee. Ciascuna azione umana è preceduta da un pensiero, da una fantasia, quindi ogni  struttura di potere e di condizione di minaccia all’essere umano è da ricercare negli errori delle nostre abitudini di pensiero in gran parte inconsce

Tale approccio, che segna un legame continuativo fra fantasia e creatività, si ritrova anche nelle riflessioni del cognitivista russo Lev S. Vygotskij (1896-1934). Il noto studioso sovietico assume l’immaginazione quale fondamento di ogni attività creativa. Perciò, secondo questo postulato, la fantasia non deve essere volgarmente e riduzionisticamente considerata come tutto ciò che è irreale e discordante rispetto alla realtà delle cose, ma deve essere invece considerata come una forza dell’immaginario in grado di creare nuove logiche combinatorie sulla realtà, quindi di dare luogo ad esperienze formative e di apprendimento basate sulla ricostruzione dei dati noti. In questo senso, tutti i prodotti tangibili ed esperienziali generati dall’attività umana sono da considerare oggetti dell’immaginazione cristallizzata, ovvero un processo in grado di concretizzare l’esperienza dell’immaginario, nonché di interagire con la realtà inmodo attivo, quindi in modo dinamico, esplorativo, costruttivo ed influente.

Secondo Vygotskij, l’immaginazione creativa compenetra ogni dimensione dell’esistere umano, essa si fa onnipresente, promana da qualunque area di attività espressiva dell’individuo.

Questa argomentazione rilancia al paradigma della creatività come qualità totale e totalizzante dell’individuo.

In questo caso, tale caratteristica è maggiormente interconnessa alla dimensione dell’immaginario: la fantasia viene cioè rivalutata come prodotto intrapsichico, capace di orientare uno schema complesso di azione nei confronti dell’ambiente.

La fantasia, dunque, non può più essere considerata come semplice negazione della realtà, ma come strumento in grado di aprire un ventaglio eterogeneo di ipotesi mediante le quali sperimentare successivamente differenti modalità di approccio con la realtà. Al livello dell’espressione cognitiva, la linea di demarcazione fra creatività e fantasia sembra assottigliarsi. Tuttavia vanno rispettivamente riconosciute e teorizzate le relative peculiarità funzionali. Mentre la fantasia sembra avere una qualità squisitamente relativa al mondo del non tangibile e del non visibile, la creatività sembra avere un corrispettivo maggiormente concreto e partecipabile della realtà. Sarebbe come affermare che la fantasia non si può vedere, mentre la creatività è in atto, come qualità in potenza scaturita dalla prima.

L’importante è mettere in relazione entrambe le qualità senza attribuire all’una piuttosto che all’altra un valore superiore.

Si può provare ora, con l’ausilio di una tabella, comporre quattro distinte combinazioni relative a peculiari personalità e modi dell’esistere:
 

IDEALISTA

ARTISTA

 

RAZIONALISTA

ARTIGIANO

Incrociando le coordinate ‘creatività’ e ‘fantasia’,  possiamo convenzionalmente proporre la misurazione dei due fattori presi in esame. Pur non disponendo di una unità di misura, è possibile comunque valutare gli elementi attraverso l’ausilio di opportuni test. Si verrebbero in tal modo a combinare quattro aree, in relazione ai numeri positivi e negativi che descrivono il livello di qualità dell’una o dell’altra variabile. Proviamo ora, a cominciare dalla prima area in alto a destra, a descrivere la tipologia personologica che si viene a definire in virtù dei dati che si possono ricavare.

Un soggetto che si colloca in alto a destra ha evidentemente un’espressione della fantasia e della creatività valutabile mediante numeri positivi, che segnalano la  presenza più o meno intensa di entrambi i fattori. Chiameremo questo individuo ARTISTA (tipo A). Tale soggetto dovrebbe possedere, oltre che un positivo livello legato all’attività del fantasticare, un’adiacente espressione dell’attitudine creativa. In forza della qualità totalizzante della stessa, dovrebbe esprimere capacità adattive più o meno elevate, nonché una propensione ad esprimere la risorsa creativa in tutti i settori della vita sociale e personale.

L’area che si situa in alto a sinistra, combina invece la presenza della fantasia con la carenza della capacità creativa. Ciò da luogo all’individuo IDEALISTA (tipo B). Tale soggetto dovrebbe essere caratterizzato da un atteggiamento di ripiego verso un mondo immaginario. Egli, carente di senso pratico, si riparerebbe in un atteggiamento puerile ed immaturo, condizionato essenzialmente dai propri pensieri fantastici. Diffidente nei confronti della realtà, incapace di assumere responsabilità concrete, si abbandonerebbe in un mondo dominato da una sorta di incantesimo idilliaco, se non di false convinzioni, nell’attesa di un evento improvviso che offra la soluzione definitiva nella realizzazione di progetti spesso irreali ed irrealizzabili. Per spiegarla coi termini precedentemente usati, in questo soggetto dovrebbe avere luogo l’antitesi dell’immaginazione cristallizzata, quindi l’incapacità, la sfiducia o la non volontà di realizzare le cose pensate.

Nell’area situata in basso a sinistra si incrocia un livello carente di creatività con un altrettanta scarsità di fantasia. Si determina così la personalità del RAZIONALISTA (tipo C), soggetto caratterizzato da povertà immaginativa ma anche da un senso pratico basato sulla routine e sulla ripetizione.

L’atteggiamento generale dovrebbe manifestarsi secondo l’incapacità di mettere in discussione le proprie convinzioni e i propri sistemi di conoscenza e rappresentazione della realtà. Il soggetto è dunque caratterizzato da una forte convergenza del pensiero, denotando conformismo e chiusura verso la novità. Possono appartenere a questa area gli individui moralisti, i burocrati e i tecnocrati, e tutti coloro a cui spaventa il cambiamento e la proposta di parametri interpretativi alternativi rispetto al senso di realtà interiorizzato.

Nell’area in basso a destra si delineano invece gli incroci fra livelli positivi di creatività e livelli negativi di fantasia. Si determina il profilo dell’ARTIGIANO (tipo D), individuo pragmatico in senso comunque sperimentatore e ri-costruttivo.

L’esperienza dell’immaginario può dunque determinarsi solo come risorsa con finalità pratiche, contestualizzata a fini operativi e concreti, non come attività fine a se stessa. Si potrebbe identificare tale modello creativo sotto il nome di “creativo della prassi”, rispetto alla tipologia A, che potrebbe essere invece riconosciuta sotto il nome di “creativo del pensiero”.

Il tipo A dirige i suoi atti creativi soprattutto verso l’interno, generando nuovi orizzonti di significazione del pensiero e della parola, dando luogo ad una sorta di grammatica generativa di cui parla una parte della linguistica. Tale movimento interiore, tuttavia, diventa centrifugo dal momento in cui l’individuo A manifesta ed imprime tali idee mediante prodotti visibili e tangibili che potremo chiamare prodotti artistici. L’epicentro motivazionale da cui si origina ogni espressività è comunque legato ad un personale mondo interiore.

Nel tipo D, invece, il prodotto creativo è generato da motivazioni maggiormente pratiche e concrete, per cui ha meno il carattere tradizionale dell’opera d’arte ed ha invece più il carattere dell’invenzione o del capolavoro ingegneristico o tecnologico.

La compresenza di entrambe le qualità, a livelli fra l’altro massimamente pronunciati, dovrebbe contraddistinguere la peculiarità propria del genio. Esempiopiù unico che raro resta Leonardo Da Vinci. In ciascun caso, a livello di espansione delle strategie adattive, funzionali al mantenimento di un rapporto equilibrato con se e con l’ambiente, il tipo A ed il tipo D sembrano essere quelli maggiormente avvantaggiati. La risorsa creativa, infatti, sembra permettere ad entrambi l’applicazione di modalità interattive con l’ambiente, caratterizzate dalla ricerca e dalla possibilità di gestire e determinare il cambiamento. Tale elasticità dovrebbe conferire ad entrambi migliori opportunità nel far fronte a situazioni problematiche.

Ciò dovrebbe costituire un fattore agevolante l’integrazione efficace con l’ambiente. Tuttavia, come è noto anche in psicologia, esiste un rapporto molto stretto fra immaginazione creativa e disturbi del comportamento e della personalità, soprattutto nell’area delle disfunzioni psicotiche. Ma è sempre pur vero che, un rapporto altrettanto solido e interdinamico, esiste fra l’immaginazione e la qualità della vita. Rileggere e reinterpretare la realtà con l’occhio della fantasia sembra costituire un vantaggio nell’evolvere la capacità di programmare le azioni, prevedere ed anticipare il futuro che si desidera realizzare, creare spazi di espressione interiore che generano nuovi stati emotivi, che possono rilanciare la vitalità e la progettualità, estendendo la funzionalità adattiva dell’individuo. Tale scoperta è stata utilizzata in modo pionieristico da Jung con finalità psicoterapeutiche, proponendo così il metodo dell’immaginazione attiva, che risponde perfettamente alla linea di pensiero condotta dallo stesso Jung, nel considerare la fantasia come una fonte propulsiva in grado di canalizzare il senso delle nostre azioni e dei nostri progetti.

La creatività costituisce l’elemento che ne conferisce forma ed espressione, rivalutando il senso dell’esperienza ed aprendo nuovi livelli di rappresentazione e di significazione del mondo e della realtà. L’immaginazione creativa può anche essere rivalutata come risorsa liberatrice in grado di proiettare ciascun soggetto al di là del mondo delle necessità e dei bisogni materiali. Sotto questo aspetto, l’immaginazione riveste un carattere propriamente ludico, persino demistificatore rispetto al mito della ragione pura e del positivismo oltranzista, quindi è propriamente un atto liberatorio che può aprire percorsi di pensiero e di ragionamento non brutalmente vincolati e mortificati dai parametri razionali imposti dalla civiltà tecnocratica. Quest’ultima, di fatto, ha investito l’immaginazione di un carattere logico ed operazionale, facendole perdere i suoi reali connotati e la sua vera funzione originaria, ovvero quella di costituire una risorsa liberatoria e terapeutica per la mente umana.

È noto, in ambito clinico-psichiatrico, un fenomeno di fuga dissociativa dell’immaginazione, che può manifestarsi nel caso in cui un soggetto si senta particolarmente oppresso ed irretito da certi spietati meccanismi sociali di esclusione. L’immaginazione, in quel caso, prorompe nel soggetto travolgendolo mediante esperienze allucinatorie. Ritornano facilmente alla memoria le parole del noto psichiatra britannico David Cooper, il quale sostiene che “i folli sono tuttipoeti strozzati”, rilevando la patogenesi sociale come elemento principale atto a determinare la malattia mentale.

Perfino in ambito clinico-psichiatrico è emersa la necessità di dialogare con l’immaginario creativo del paziente in trattamento. Molto spesso, infatti, il ripiegamento verso l’immaginario può essere considerato come l’unico mezzo che una persona ha per esprimere la propria individualità. Pertanto, l’immaginario creativo può essere anche inteso come una forma artistica e soggettiva del proprio sentire, atta a mostrare un senso di sé che si pone oltre le rigide categorie

antinomiche di giusto-sbagliato, vero-falso ecc.

Difficilmente, un esaustivo impianto teorico e di ricerca sulla creatività può evitare di tralasciare una serie di riflessioni sui modelli sociali ed esistenziali ed il loro legame con la qualità della vita e con la qualità dell’Essere. In questo caso non deve imbarazzare ciò che sembra inevitabile, ovvero che la ricerca sulla creatività si accompagni ad una teoria critica e revisionista della società contemporanea. In questo senso, la scienza non soltanto non perde il suo carattere di osservazione rigorosa dell’oggetto di studio,ma si ripropone per ciò che dovrebbe essere, una risorsa che nel produrre il conoscere eleva allo stesso tempo la dignità e la qualità di vita dell’essere umano. In questo senso, la creatività come oggetto di studio può essere considerata come la poesia delpensiero e della ragione(nda).

Sembra dunque esistere un legame irrinunciabile e non privo di numerose implicazioni fra creatività e fantasia.

Tuttavia, mentre la fantasia rappresenta il mondo dell’immaginario, il pensiero creativo possiede una struttura ancora più complessa che include la stessa attività immaginativa, sia quella conscia che quella inconscia prodotta per esempio dai sogni.

In sintesi, il pensiero creativo è una modalità del pensiero misto, poiché è costituito da una combinazione di pensiero logico-razionale, intuitivo, immaginativo. Pur  riguardando soltanto l’ambito cognitivo, come in questo caso, riemerge la qualità totale del concetto di creatività. Il pensiero creativo è dunque distinto dal pensiero fantastico, che avrebbe invece carattere illogico ed irreale; mentre il primo assume le funzioni del pensiero laterale, ovvero una serie di capacità che aiutano ad espletare un modello fluido e dinamico dell’intelligenza. Tali espressioni del pensiero creativo sono: innanzitutto la capacità di combinare ed associare vari linguaggi e vari paradigmi, in secondo luogo il decentramento rispetto al carattere ordinario dei concetti comuni, quindi la messa in discussione di preconcetti, assiomi, categorie assolute di giudizio e rappresentazione della realtà.

In seguito, attraverso il pensiero creativo è possibile comparare i contenuti di esperienze prima non collegate, elaborare tali dati in funzione della versatilità e della immaginabilità. È possibile inoltre cogliere l’efficacia del paradosso, del doppio senso, dell’umorismo, dell’aspettativa che non si realizza ma che invece determina altri percorsi non scontati. Per giunta è annoverata l’irrinunciabile caratteristica costruttiva del pensiero creativo, quella cioè di configurare la realtà sotto nuove prospettive, generando nuovi elementi e nuove combinazioni. Per ultimo è necessario connettere la dimensione creativa all’attività immaginativa, pur demarcandone le opportune differenze, identificando comunque il soggetto creativo come homo imaginativus.

La differenza sostanziale fra creatività e lateralità del pensiero è che la prima include il secondo, ovvero è piùestesa in quanto mette in sinergia tutte le aree dell’espressione umana. La creatività, insomma, è il sistema dei sistemi. E proprio in ragione della sua complessità totalizzante, Bruner caratterizza il pensiero creativo come pensiero olistico, ovvero capace di includere e di utilizzare un vasto repertorio di possibili soluzioni in risposta a situazioni problemiche. Tale processo di pensiero è stato anche denominato pensiero produttivo, secondo la descrizione che ne fa lo psicologo ceco Max Wertheimer (1880-1943). Tale modalità di pensiero, infatti, darebbe luogo a un comportamento intelligente in grado di collegare i vari aspetti della situazione problemica in modo tale da raggiungere una soluzione alternativa rispetto alle ipotesi già note, che in alcuni casi possono implementare la rigidità del pensiero. Per esempio, davanti alla necessità di calcolare l’area di un parallelogramma, la fissità del concetto matematico della superficie di un rettangolo potrebbe disorientare di fronte a una figura piana che, pur regolare e simile al rettangolo ne differisce per le sue caratteristiche percettive. Tuttavia, con qualche accorgimento di tipo taglia e incolla è possibile ricostruire il rettangolo con cui si ha più famigliarità, e procedere così alla corretta soluzione.

Ricapitolando, la creatività non esperisce soltanto un legame con l’area cognitiva del soggetto, ma in virtù di qualità totalizzante può ridefinire il sistema del sentire e del percepire l’esperienza attraverso intuizioni e stati emotivi, incidendo positivamente, per esempio, sulla capacità di resilienza dell’individuo. Le competenze di regolazione, monitoraggio e riconoscimento dei propri stati emotivi, fanno parte, infatti, secondo lo psicologo americano Jack Block, del repertorio a disposizione del Sé resiliente. Quindi, l’estensione delle caratteristiche della personalità e delle competenze cognitive permesse dalla creatività dovrebbero sollecitare anche capacità di valutazione e di riflessione circa i propri contenuti emozionali. Non si parla qui di razionalizzazione, ma di un processo aperto alla ricerca di nuovi sistemi di valutazione circa i propri stati interiori.

In questo senso, la creatività si propone come risorsa attivante una sorta di intelligenza emotiva che compara in modo aperto e flessibile i dati dell’esperienza interiore, evitando l’irrigidimento ed aumentando la possibilità di reagire secondo modalità adattive funzionali.

Potrebbero interessarti ...