Quando è possibile affermare che un individuo è sano dal punto di vista psicodinamico? L’esperienza inerente alla relazione d’aiuto condurrebbe ad affermare che l’equilibrio di un Sé maturo è dato dalla sua capacità di individuarsi consapevolmente, raggiungendo una condizione di armonia fra tutte le sue parti, stabilendo responsabilmente valori propri e scelte dell’agire, adoperandosi per pianificarle e realizzarle, promuovendo obiettivi costruttivi per se e per gli altri.
La caratteristica della differenziazione è propriamente quel processo che definisce il Sé nella sua intrinseca qualità individua e irripetibile. Un Sé che affronta i passaggi di un tale percorso, adotta con più frequenza quelle strategie in grado di attivare risposte efficaci e resilienti di fronte a ostacoli e difficoltà, ad intravedere soluzioni creative ed agire non soltanto per la conservazione e il mantenimento del proprio equilibrio ma anche per la continuità evolutiva e l’espansione progressiva delle proprie strutture.
Come da immemorabile tempo tramandatoci da saggi e sapienti, appassionati cultori dell’umana natura, il fine del diventar nient’altro che se stessi coincide coll’obiettivo di ciascuno. Questa e soltanto questa è l’unica, vera ed importante missione che emancipa ciascun individuo da ogni inganno e da ogni arretratezza.
Il fatto che l’esperienza vitale del formarsi sia costellata da una moltitudine di influenze ambientali, non deve far pensare all’impossibilità di individuarsi. Sarebbe una conclusione alquanto pressappochista. L’oggetto dell’attenzione che dovrebbe impegnare le nostre riflessioni educative, riguarda piuttosto le modalità e la qualità attraverso cui ciascuno di noi processa tale esperienza, alla ricerca di una personale costruzione di senso e significato esistenziale. Maturare attenzione selettiva, capacità critica, consapevolezza emozionale, discernimento, attitudine sperimentale e curiosità, ci permette di fare buon profitto di tutti i prodotti scaturiti dalla società complessa, evitando atteggiamenti quali frammentazione, disorientamento e omologazione. Tali competenze, lungi dall’essere innate, sedimentano semmai allo stato potenziale, in attesa che una sana e credibile progettualità a carattere psicopedagogico ne faccia emergere i bisogni più profondi. Quel che bisogna tenere presente è che ciascun soggetto possiede fin dalle origini, in quanto corredatogli dalla natura, un sistema attivo dapprima di reazioni primitive e riflessi, poi di schemi e risposte strutturate per provvedere alla gestione di sé in termini di rapporto adattivo con l’ambiente. Dal momento che le finalità secondarie e non esclusivamente omeostatiche dell’agente umano, ne fanno un complesso organismo provvisto di un allargato orizzonte di bisogni e scopi, egli dovrà fondarsi come soggetto autonomo e al contempo cittadino di una comunità organizzata su norme condivise. Tale compito supera, seppur entro un certo limite, i vincoli della natura e dei suoi richiami impulsivi e ancestrali, e ne arricchisce tale substrato con un ulteriore piattaforma che include elementi di cultura e di conoscenza utili al percorso di differenziazione.
Si deduce, di conseguenza, che l’individuazione non avviene in un vuoto avulso da influenze esterne, quanto invece si determina dentro un processo guidato proprio dalla volizione personale nel dedicarsi all’esperienza della vita. Tale percorso assume la forma di una fenomenologia dell’apprendimento che autodetermina l’individuo come costruttore e ri-costruttore di significati, mediante cui si dota di un proprio sensemaking, tanto più efficace e costruttivo quanto più crescente in consapevolezza concettuale e decisionalità pratica.
Un illuminante guida teorico-operativa, in grado di disquisire sul fenomeno della crescita di sé, è rappresentata in letteratura dal classico “Dalla famiglia all’individuo”, del noto psichiatra e formatore statunitense Murray Bowen, fautore di un approccio sistemico nell’ambito del trattamento alla famiglia. Egli illustra la propria teoria che, essendo per alcuni versi in collisione con i paradigmi ortodossi usati dall’establishment dei dottori in psicanalisi, fu soggetta a numerose controversie, critiche ingenerose e malevoli interpretazioni. Attualmente, essendo abbondantemente raggiunta la fase dell’accettazione scontata di una verità, si può con più facilità dissertare rispetto ai contenuti e alle proposte presenti nel testo di Bowen, in cui l’autore stesso misura sapientemente speculazione aneddotica e autobiografa con resoconti di esperienze cliniche e relative conclusioni e ipotesi teoretiche. Sebbene non elenchi in modo ordinato e sequenziale le funzioni della famiglia, egli dissemina in itinere al testo alcune leggi, le quali con una certa ricorrenza sono osservabili nell’esperienza di questo particolare gruppo umano. L’autore, che ribadisce il suo approccio esperienziale, empirico e antidogmatico, lascia al lettore la libertà di carpirne i fondamenti principali, valevoli come assunti, all’interno di una elaborazione euristica che viene connotata proprio in forza dei principi descritti.
Le leggi sulla famiglia, rintracciabili all’interno della ricerca, sono le seguenti:
a)”La famiglia umana è un sistema che segue le leggi dinamiche dei sistemi naturali”.
b)”La famiglia è un sistema nella misura in cui il cambiamento di una parte del sistema è seguito da un cambiamento compensatorio di altre parti del sistema”.
c)”Quando il portatore del sintomo si allontana dal sistema, quest’ultimo si comporta come se il problema fosse risolto. Se il sistema pensasse, invece di reagire, saprebbe che è solo una questione di tempo: il sintomo finisce col comparire in qualcun altro”.
d)”A ogni piccolo passo avanti sulla strada della differenziazione, corrisponde un piccolo squilibrio emotivo del sistema familiare”
La scoperta della famiglia come sistema ha rivoluzionato l’approccio classico, basato essenzialmente sul trattamento del singolo. A dire il vero, già la psicanalisi aveva individuato la forza dell’improntatura primigenia nel nascituro, relegandola limitatamente al rapporto fra soggetto “clinico” e imago materna interiorizzata. Nell’osservazione sistemica, invece, l’attenzione è estesa alla globale struttura delle relazioni, intrafamigliari e non solo, dal momento che proprio l’indagine del Bowen sollecita approfondimenti da riportare finanche alla famiglia d’origine dell’interessato, non disdegnando una possibile esplorazione retrospettiva di tipo intergenerazionale, alla ricerca di un tema costante che rintracci una possibile spiegazione non altrimenti rilevabile o trascurata nel contesto attuale dell’interessato. Questo tipo di procedura richiede un tempo assai più esteso, rispetto ad un approccio modellato su uno stile del “qui ed ora”. Se da una parte dimostra di distinguersi, per completezza del procedimento, da una certa ortodossia psicanalitica, d’altra parte finisce per assomigliarle, considerate le lungaggini del viaggio nel tempo remoto, nella storia dell’individuo. Certo è che con maggiore chiarezza, qualora certi contenuti fossero ritenuti risolutivi o quanto meno interessanti, si potrebbero rivelare talune tematiche ricorrenti in seno al romanzo famigliare.
Non bisogna trascurare certo che fra le trame narrative della famiglia allargata si celi il nodo viscerale del problema del singolo, e che le impantanate vicissitudini dello stesso non siano da attribuire a una consegna intergenerazionale di miti, credenze, principi e comandamenti ereditati dai propri avi. È il fenomeno noto in Analisi Transazionale come consegna della “patata bollente”, che prende il nome di epicopione, all’interno delle teorie di scuola berniana.
Il parallelismo coi sistemi naturali, apre alla possibilità di guardare alla famiglia come struttura di legami interdipendenti che si aggregano come molecole stabili, aperte e flessibili al tempo stesso, capaci cioè di proporre e ammortizzare sollecitazioni esterne ed interne, verso una direzione evolutiva.
Il secondo punto focalizza l’importanza sulle necessità e competenze compensatorie del sistema famiglia, ovvero, anche in riferimento al gruppo nucleare, come micromondo di alleanze interpersonali pronte a sopperire alle eventuali deficienze prodotte in estemporanea da almeno un elemento presente nell’intera struttura. Ciò vale a dire che la sospensione di una funzione di uno degli elementi inglobati, conduce i restanti ad attivare pratiche compensatorie per recuperare la mancanza della parte menomata. Tale legge cerca di essere rispettata nella totalità dei casi, fermo restando che esiste un corollario decisamente diversificato per ogni storia di ciascuna famiglia. Ciò significa che vi saranno impatti assai diversi nel caso che, ad esempio, in un caso una figlia si trasferisca altrove per lavoro o matrimonio, e dall’altro venga a mancare il coniuge da cui il nucleo dipendeva economicamente. Al di la della specificità psicologica durante il percorso di risoluzione del lutto, è probabile che se la famiglia si trovi a sopperire ad una mancanza grave, in riferimento ai suoi aspetti funzionali, vi possano essere elementi che si trovino costretti a “sovrafunzionare”. È il caso, per esempio, di donne divorziate che devono svolgere il ruolo esclusivo di tutore e di soggetto produttivo per il sostentamento e la tenuta della famiglia.
La specialità dei legami famigliari, essendo connotata da una spessa valenza affettiva, come già accennato, riporta con una certa facilità un aspetto problematico, da un membro all’altro del gruppo, con la stessa forza di un contagio virale. Con una relativa rapidità, il dilemma del soggetto svincolato ricompare all’interno del sistema, a dimostrazione che l’individuo, all’interno di un sistema di relazioni famigliare ha suo malgrado un Sé contaminato dalle dinamiche portanti che identificano il contenitore sociale di cui fa parte.
Non c’è famiglia emancipata che non subisca una qualche forma di destabilizzazione in seguito al percorso di differenziazione condotto da ciascun componente, nonostante debba essere la struttura medesima ad incoraggiarlo. Il cambiamento di status di un padre, lo svincolo di un figlio, l’emancipazione di una madre che acquisisce un nuovo ruolo magari di prestigio, sono tutti esempi di situazioni di progresso che la famiglia è tenuta ad assorbire con vari livelli di difficoltà.
I nuclei maturi riconoscono i bisogni di affermazione individuale, e si preparano per salutare le vecchie identità dei congiunti, ed i loro desueti profili di “brava bambina”, “moglie fata” ecc. Le compagini famigliari mature accolgono le tensioni esperienziali di ciascun soggetto, e non adescano il tentativo di differenziazione in trappole composte da sensi di colpa, manipolazioni emotive, ricatti psicologici, tranelli o altre forme di inganno.
È utile aiutare i nuclei meno maturi a verbalizzare le loro sensazioni, ad esplorare i loro vissuti dentro una cornice di ascolto protetto, a prendere coscienza di quell’arcaico sistema di miti e convinzioni che spesso ostacola l’emancipazione psicologica degli individui, e con ciò compromettendo la loro salute e le loro istanze vitali. È necessario aiutare la famiglia ad assolvere il proprio compito educativo, esaurendolo proprio nel compimento della sua finalità: aiutare ciascun appartenente al nucleo a crescere libero, responsabile, autentico ed autonomo, ovvero, secondo la prospettiva del Sé, un soggetto differenziato.
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