Persona, dignità e cura

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Definire chi sia una Persona non è un esercizio meramente filosofico ma è fondamentale per determinare la liceità o meno di interventi tesi a manipolare, sopprimere una vita nascente o ad abbreviare la vita di chi soffre o si sta avviando inesorabilmente verso la morte. Ogni atto umano, a prescindere da questioni di bioetica, è determinato dalla nostra concezione di Persona. Ciò avviene anche in ambito normativo e giuridico quando si determinano i diritti delle Persone. In origine, presso i greci il termine indicava la «maschera», il «personaggio teatrale» (da prosopon). Nel corso dei secoli, tramite le innumerevoli teorizzazioni di natura filosofica e religiosa, il concetto di Persona ha subito continui stravolgimenti. Molte ideologie hanno spesso ridotto il concetto di Persona a quel solo aspetto funzionale alla loro ideologia. Pertanto oggi non deve stupire che vi siano personaggi, come il bioeticista (!) Singer, che sostengono che i neonati non vadano considerati Persone e quindi suscettibili di soppressione (il cosiddetto aborto post-nascita). Molte teorie legate alla nozione di persona sostengono che non tutti gli esseri umani siano da considerare persone perché, per ritenersi tali, è necessario possedere delle specifiche qualità. Per il filosofo Locke ad esempio, l’attribuzione di una mente e di stati mentali è necessaria per identificare la Persona, che dunque è soggettività psichica, cioè un essere umano dotato di consapevolezza, coscienza di sé. Kant considerava l’uomo quale soggetto morale e dunque in grado di agire in modo libero. Boezio nel precisare la natura della persona introduce il termine “logos” vale a dire il linguaggio come distinzione tra persona e gli altri esseri viventi. Il linguaggio da intendersi quale potenzialità altrimenti non dovremmo considerare persone i neonati o i soggetti afasici, anche se in realtà anche i neonati possiedono un loro linguaggio decifrabile solo da madri empatiche.“Persona est rationalis naturae individua substantia” dice infatti Boezio. E’ evidente che ancorando il termine Persona esclusivamente ad alcune caratteristiche degli esseri umani (ad es. solo la mente o solo il corpo) neghiamo la sostanzialità del termine.


 

Richiama ciò che stava scritto nel diritto romano che affermava che solo chi ha o può possedere qualcosa è persona, giustificando in tal modo l’attributo di schiavo. E’ chiaro che limitarsi alla definizione di Persona sulla base di caratteristiche, per forza parziali, rischia di aprire al relativismo concettuale. Ognuno potrebbe dunque determinare parametri diversi e conseguentemente giustificare qualsiasi proprio agito. Una questione molto dibattuta e controversa è la definizione dello statuto ontologico dell’embrione. L’embrione è già persona oppure no?Lo zigote, nato dall’unione tra i gameti maschile e femminile, lasciato a se stante evolve in strutture sempre più complesse e darà origine al feto che esiterà in un neonato. Quindi sin dalla fecondazione, è presente un processo intrinsecamente autonomo e coordinato. Da questa potenzialità si dovrebbe desumere l’individualità dell’embrione. La scelta del nome, con l‘opzione maschile e femminile, da parte della coppia genitoriale è già di per sé indice di attribuzione d’identità, ancor prima di una forma fetale, foss’anche il solo sfarfallio cardiaco all’ecografia. Ritenere l’embrione non Persona in quanto mancante del requisito “psichico” è un errore che richiama a quella parzialità citata in precedenza. La parzialità è frutto dell’interpretazione bio-molecolare dell’essere umano, del razionalismo moderno, del riduzionismo. Le neuroscienze oggi hanno ormai dimostrato che non esiste una autonomia delle varie componenti ma che è l’insieme a determinare un continuum. E’ altrettanto vero che noi non abbiamo un corpo ma siamo anche un corpo. L’assunto di corpo quale proprietà induce all’oggettivizzazione. Il corpo non può essere ridotto a pura materia, un contenitore nel quale riponiamo la mente e lo spirito. Per gli Induisti il corpo è il luogo dove si deposita l’io dell’uomo, io che non muore con la fine del corpo ma che trasmigra in un altro corpo, non necessariamente umano, in un ciclo di nascite e rinascite chiamato samsara. Considerare il corpo come soggetto mette in evidenza l’importanza della persona come fine e non come mezzo del nostro agire. Tornando all’originaria definizione greca, Prosopon sta a significare “occhio (ops), di fronte (pròs)”, quindi potremmo sinteticamente sostenere che una delle fondamentali caratteristiche della Persona è la capacità di allargare lo sguardo da sé verso gli altri, cioè aprire al mondo relazionale ed alla domanda di significato. Il corpo allora assume un valore in virtù del suo senso comunicativo e di donazione. Nel personalismo la Persona è appunto relazione, relazione con Dio e con il prossimo. Attraverso il corpo si genera una nuova vita, la quale è ancor prima desiderata che concepita. Distruggere una vita, a prescindere dalla connotazione morale, conduce alla negazione del valore del corpo come potenza creativa e relazionale per ridurlo ad esclusivo oggetto, dando il via libera a quelle connotazioni negative che pretendono di rientrare nella “normalità” in quanto determinate da una libera scelta. Un corpo contenitore dovrebbe contenere lo spirito mentre è lo spirito che contiene il corpo. Se così non fosse non potrebbe esistere la capacità di trascendere il corporeo. Lo sosteneva il filosofo Maritain: “L’anima umana è una sostanza attuatrice che, mediante la sua unione sostanziale con la materia, dà esistenza e figura al corpo”. Corpo dunque come strumento dello spirito. C’è un’energia che ci tiene in vita, la cui origine rimane ancora un mistero. E’ la stessa energia che fa accrescere l’embrione prima ed il feto poi. E’ un’energia che trascende la nostra corporeità.

La dimensione trascendente, disse Giovanni Paolo II, è la fonte della dignità e dei diritti della Persona. Per il Buddhismo, l’uomo non è altro che una successione di stati di coscienza, di pensiero sempre in continuo cambiamento. Il corpo è solo apparenza fisica. Le teorie riduzioniste sostengono il primato della razionalità, dell’autocoscienza e della libertà di autodeterminazione. Una persona in coma irreversibile non dovrebbe dunque essere considerata tale. Se ciò fosse vero, paradossalmente non saremmo persone nemmeno durante le fasi del sonno profondo o quando siamo anestetizzate durante un intervento chirurgico.

Il concetto di sacralità della Persona richiede un presupposto di fede. La Persona quale appartenenza ed immagine divina. Ciò riguarda non soltanto i vivi ma anche coloro che non ci sono più. Questa appartenenza al divino motiva perché in tutte le culture si sia sviluppata la pratica della sepoltura, indipendentemente dal metodo utilizzato. Sacralità vuol dire intangibilità. E’ chiaro che un ateo non potrebbe sostenere la sacralità della persona quale tratto distintivo. C’è però un aspetto fondamentale che appartiene a tutti gli esseri umani, sia vivi che morti, che è la dignità., non in quanto valore e quindi esposta al libero arbitrio, ma condizione sine qua non è possibile attribuire valore a qualsiasi cosa. E’ la dignità la spinta propulsiva della moralità, della razionalità, dell’autocoscienza. E’ il quadro all’interno del quale siamo chiamati ad esercitare la nostra libertà. Il riferimento alla dignità è presente in numerose fonti giuridiche, sia nella Costituzione Italiana che nella Dichiarazione ONU dei diritti dell’uomo. La stessa Costituzione dell’Unione Europea considera la dignità umana inviolabile(art. 61). Alessandro di Hales, primo maestro francescano presso l’Università di Parigi, nato intorno al 1170-1180,indicava nell’uomo serie di forme trinitarie. L’uomo è composto di una natura corporale [il corpo] e di una natura spirituale [anima] ed incorpora la dignità: “Persona est hypostasis proprietate ad dignitatem pertinente”.La dignità dell’uomo si manifesta nel suo essere capace di apertura e di accoglienza dell’altro. Le violenze perpetrate ai prigionieri in vari paesi del mondo mirano a minare la dignità delle persone. Paradossalmente coloro che agiscono in tal senso confermano quanto la dignità sia tratto distintivo della Persona. Scriveva Frankl, internato nei lager nazisti “Raccontai ai miei compagni che la vita umana ha sempre, in tutte le circostanze, un significato, e che questo infinito senso dell'essere comprende anche sofferenze, morte, miseria e malattie mortali. Dissi loro che in queste ore difficili qualcuno guardava dall'alto, con sguardo d'incoraggiamento, ciascuno di noi, e specialmente coloro che vivevano le loro ultime ore;un amico o una donna, un vivo o un morto, oppure Dio. E questo qualcuno s'attendeva di non essere deluso, che sapessimo soffrire e morire non da poveracci ma con orgoglio!”Anche in situazioni estreme e prive di speranza, le persone hanno la possibilità e la capacità di conservare la propria dignità umana. Ciononostante la dignità umana è spesso succube delle regole del risparmio, della crisi economica che privilegiano il conto economico alle persone.Se la sanità esplicita il grande tema della promozione della salute stenta però a farsi carico delle paure che affliggono tutte le persone malate, come quella di morire, di provare dolore, decadere nel corpo e di perdere autonomia. La paura, la sofferenza non sono inscritte nei DRG. Il riconoscimento della sofferenza altrui è però un passo cruciale per dar dignità al malato, per non renderlo puro oggetto di cura. Non va confusa la dignità del malato con la libera scelta delle cure enfatizzata attraverso il consenso informato. Se esiste il diritto al consenso informato esiste anche il diritto alla speranza.La dignità umana è un connotato “ontologico”, il cui possesso consente di affermare il valore assoluto e l’intangibilità della vita umana. La dignità non è dunque una concessione ma un diritto e in quanto tale deve essere parte integrante della cura, dell’assistenza. Porsi nelle mani di un medico non rappresenta un atto di abdicazione della propria dignità. Il Medico che cura ha questo compito prioritario che non può venir meno se non defraudando la propria professione di quella mission che determina il valore principe della Medicina. Non esiste umanizzazione delle cure in carenza del prioritario riconoscimento del valore intangibile della dignità umana. Come scrisse il giornalista Romano Battaglia “Finché la mano e la mente ti guideranno non smettere mai di amare la vita. Anche se aiuterai una sola anima non avrai vissuto invano”

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