“Chi è senza peccato scagli la prima pietra!” Pensando a come cominciare questo articolo mi è venuta subito in mente questa frase. Chi almeno una volta nella vita non ha pensato di aver bisogno di rivolgersi a qualcuno che potesse aiutarlo a capire, a sciogliere l’inghippo mentale che, in un determinato momento, non gli consentiva di essere felice? Poi altrettanto spontaneamente chi non si è risposto con frasi del tipo:”no, dallo psicologo no… non sono mica pazzo… Dal prete? Nooo, da lui ci andava mia nonna! Dal guru? Lui pretende troppo da me! Dal mio migliore amico? E’ troppo di parte”. E così via e chi più ne ha più ne metta.
Farsi aiutare non è poi così facile. Quando abbiamo bisogno di comprendere cosa ci sta succedendo cerchiamo qualcuno che sia serio, autorevole, che ci capisca e non abbia bisogno di troppe spiegazioni su come ci sentiamo, che comprenda, che accolga, che non giudichi e che sappia farci percepire dove è la risposta e come facciamo a riconoscerla. ma senza darcela direttamente. Non ci convincerebbe fino in fondo. Dobbiamo rispondeci da soli.
E’ un po’ come un labirinto. Il problema è il Minotauro e noi abbiamo bisogno di Arianna che ci da il filo consentendoci però di venirne a capo da soli.
Il termine “Counseling” nasce negli Stati Uniti agli inizi del ‘900 e fu adottato dall’American Psycological Association per indicare tutte le attività che avevano a che fare con l’orientamento psicologico, in ambito sociale (attitudinali e professionali) e personale (problemi esistenziali e di crescita). La relazione d’aiuto che si stabilisce nel counseling è sostegno, accoglienza. Il counselor attraverso determinate metodologie e grazie alla sua professionalità, frutto di studio presso scuole appositamente riconosciute, pone la sua attenzione sulla persona, nel rispetto delle sue scale di valori, della sua filosofia di vita, delle sue risorse personali e con esse l’ aiuta a risolvere il problema nello specifico, guidandola attraverso se stessoa fino a quando non risveglia le proprie risorse interiori che gli consentiranno di trovare la SUA risposta. Counseling quindi non è curare, ma mettere a disposizione del singolo o di un gruppo, sostegno e ri-orientamento, per far emergere,e poi valorizzare, ognuna delle potenzialità già a disposizione nel soggetto, così da favorirne un’autentica autonomia decisionale. Così il cliente avrà una visione realistica di se stesso e della propria realtà imparando a muoversi in essa secondo i propri reali bisogni. Il counselor lo aiuterà quindi anche a compiere un percorso creativo, di sviluppo e di evoluzione anche spirituale.
E per far questo la sua posizione sarà professionale, non giudicante e accogliente.
La relazione di counseling non “da dipendenza”, ma punta all’autonomia del cliente, ha come scopo il farlo volare con le sue ali cercando di rimanere nel qui ed ora puntando ad una progettualità realizzabile.
Sono molte le tecniche e i metodi che vengono usati nel counseling, che può essere individuale, di gruppo, di coppia e addirittura online. Ma questa è un’altra storia di cui scriverò in un prossimo articolo sperando di esservi utile per districarvi nella ragnatela di offerte a volte difficili da comprendere per i non addetti ai lavori.
Erika Ferrati
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