Giovanna Rezzoagli Ganci

Casarza Ligure, 22 maggio 2011

Ho subito apprezzato l’idea di intervistare noi Counselors, solo così si possono evidenziare le soddisfazioni e le difficoltà che, in zone diverse d’Italia, si vivono quando si intende avviarsi verso questa nuova professionalità. Ecco il mio contributo.

  • perché hai deciso di diventare counselor?

Bella domanda. In realtà non l’ho deciso, non subito perlomeno. Sino al 2007 ho lavorato come Assistente Socio Sanitario in una casa di riposo che era situata ad un chilometro da casa mia. Una fortuna grande destinata a non durare. Avevo iniziato a lavorare presso questo istituto appena mio figlio aveva l’età per frequentare l’asilo, nel 1999, poi nel 2007, nell’arco di cinque giorni il titolare ha deciso di chiudere i battenti ed è iniziato il percorso della disoccupazione e del precariato. Nel 2006, spinta dalle insistenze di marito e figlio ma lo confesso, per nulla convinta, ho iniziato a frequentare il corso di Counseling presso una scuola di una città vicina. I motivi: pragmatici. Non si può pensare di lavorare in Istituti per la terza età tutta la vita, specialmente in contesto privato dove magari sei costretta a reggere sette turni notturni consecutivi senza concederti ovviamente il lusso di poterti ammalare. Storia comune a tanti. All’inizio ero refrattaria all’idea di riprendere gli studi, che avevo interrotto dopo il primo anno di Medicina a seguito della morte dei miei genitori. Poi ho capito che il corso di Counseling mi offriva risposte a miei modi di intendere la vita e i rapporti con gli altri, mi arricchiva e mi aiutava a diventare più sicura di me stessa. I motivi per i quali ho intrapreso questo tipo di percorso erano molto pragmatici: la possibilità di un futuro lavorativo diverso, la possibilità di migliorare la mia posizione professionale. Con rammarico debbo rimarcare che, all’epoca, la scuola presso la quale mi sono formata aveva prospettato concrete possibilità lavorative, che poi via via nel corso del tempo sono diventate sempre più prudenti, sempre più legate alla necessità di frequentare corsi di perfezionamento ovviamente a pagamento. Ora che sono diplomata da due anni, comprendo che la logica del profitto questo impone, scusate cari Colleghi se tuttavia disprezzo e non condivido minimamente questa logica.

 

  • come vivi la professione nella vita di tutti i giorni?

La vivo, per ora, nel mondo del volontariato. Mondo in cui la fame di ascolto e di aiuto è enorme. Io ho investito, e continuo ad investire, molte energie nel cercare di ritagliarmi un piccolo spazio lavorativo. Ho la grande fortuna di avere la disponibilità di un appartamento nel centro di Rapallo, in cui è virtualmente aperto il mio studio. Dico virtualmente perché non ho mai avuto un solo Cliente. I motivi? Me li chiedo costantemente, visto che nel volontariato i Clienti ci sono, tornano e trovano beneficio dagli incontri di Counseling. Le domande alle mie riflessioni sono troppo dissacranti per essere espresse in forma esplicita, tuttavia lascio a voi cari Colleghi comprendere come in zone piccole, quando si è signori nessuno, ad altri siano destinati ruoli predefiniti…

  • parla delle gratificazioni che ricevi da questa professione

Sono tante, tantissime. Ho imparato che la condivisione autentica paga più di mille lauree o diplomi. Io amo confrontarmi con gli Altri, scrivo di Counseling ma non solo, su tre giornali on-line, dedico tempo agli sportelli di Counseling aperti con Cittadinanzattiva e raccolgo un feedback positivo da tutto ciò. L’amarezza nasce dal contesto istituzionale in cui viviamo, per il quale sei non per come sei ma per ciò che appari, o che sembri…

  • raccontaci un'esperienza o un aneddoto

La più simpatica: una Cliente dello sportello Counseling di Sestri Levante, al secondo incontro, mi ha spiegato di aver descritto la nostra professione al proprio compagno. Ebbene, è stata talmente chiara, ha usato concetti così immediati che, posso assicurarvi, è stata illuminante. Più di tre anni di corso. E pensare che io mi affanno sempre a specificare, a chiarificare, a distinguere. Questa Cliente ha semplicemente detto: “Ho spiegato che vengo da te, dove tu mi ascolti, io parlo, poi attraverso quello che mi rispondi io capisco le mie stesse parole”.

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