La Lanterna di Penelisse: il Gioco della Vita


lanternaOggi viene data poca importanza allo sviluppo del mondo emotivo che spesso appare, negli adulti, in tutta la sua immaturità. Abbiamo, cioè, lasciato allo stato infantile questa parte fondamentale del genere umano maschile e femminile.

Le emozioni, intese nel senso popolare del termine, vengono viste come caratteristiche di debolezza e vulnerabilità, quindi svantaggiose specie nel mondo del lavoro come in quello delle relazioni interpersonali. Si dà per scontato che le emozioni sono ciò che sono, che non sono soggette a sviluppo e che, sicuramente, non ci si può educare all'emozione. Ancora di più si è portati a pensare che il mondo emozionale sia ad appannaggio delle donne, quasi un campo privilegiato ed esclusivo che, però, spesso le pone in una posizione di svantaggio.

Le donne stesse, a volte, rifiutano questa loro parte preziosa e fondamentale che le rende intuitive e sensibili. La sensazione del potere di controllo del pensiero dà sicurezza e fiducia, mentre l'universo delle emozioni, ha per molti la caratteristica dell'incontrollabilità e, quindi, dell'inaffidabilità e dell'incostanza.

Nella realtà quotidiana la donna, spesso, fa emergere maggiormente le parte maschile dell'azione, della produttività e della razionalità. L'uomo , peraltro, si trova in difficoltà nel confrontarsi con il sentimento, l'immaginazione, l'introspezione. Nel mondo attuale, ma anche nel recente passato, ci si è rivolti molto di più alla parte razionale, attiva, cognitiva, opponendo quasi il disconoscimento della parte sensibile (dei sensi) ed emotiva considerata problematica, auspicando un "controllo" emotivo che, in qualche modo, elimini la sofferenza, come se fosse possibile "controllare" le emozioni senza viverne poi le conseguenze, a volte nefaste.

Tuttavia è strano trovare difficoltà ad accettare una parte del sè che è la culla della creatività intesa come capacità generatrice e non solo come sinonimo di immaginazione e fantasìa.

Lo sviluppo emotivo non si può realizzare limitandosi a parlare delle emozioni, (diventa quasi una comunicazione paradossale) o a pensarle o attraverso un sistema educativo razionale. La mente si può esercitare in questo modo, non il cuore. In conclusione: non si può dialogare o discutere

sulle emozioni, è necessario viverle, conoscerle imparando così a gestirle in modo funzionale. Solo così potranno diventare il valore aggiunto del nostro modo di essere.

Nelle antiche religioni (assira, babilonese,fenicia,egizia...), l'educazione alla vita emotiva non avveniva mediante un corso di studi di tipo cognitivo, ma mediante una Iniziazione, quindi attraverso una via ricca di implicanze simboliche.

Il simbolo è, infatti, parte integrante della creatività, è la possibilità di rendere l'emozione-immagine. Ritroviamo questo binomio importante e profondo nei miti, nelle fiabe, nel linguaggio metaforico che, fin dalla notte dei tempi hanno rappresentato l'essenza dell'uomo e della sua profonda umanità intesa come, forza e debolezza, luce ed ombra.

Quindi l'aspetto emotivo dell'esperienza non è privo di senso o permeato da superstizione, bensì racchiude l'essenza della vita; e il rifiuto della conoscenza e dell'approfondimento di questo fattore soggettivo può portare ad una inevitabile falsificazione dei propri valori profondi.

Oggi la valutazione del successo dipende, per lo più, da fattori esterni, oggettivi, razionali e la parte soggettiva si fa spesso tacere ma essa si evidenzia malgrado tutto magari facendo emergere atteggiamenti negativi che possono poi sfociare in diverse forme di disagio. Infatti far tacere, attraverso il controllo, la parte emotiva produce spesso difficoltà che vanno dalla mancanza di considerazione di sé e di autostima fino a d arrivare ad una vera e propria somatizzazione a livello del corpo che "parla" quando tutto il resto tace. Partendo da queste considerazioni si può, invece pensare alla possibilità di una conoscenza di sé, del proprio modo di essere, di vivere, di incontrare, di provare e, infine, di gestire le emozioni.

"La Lanterna di Penelisse®" è un Gioco strutturato, inteso in senso winnicottiano del termine, una sorta di percorso iniziatico scandito da stazioni dove, attraverso la scelta casuale di un simbolo (ma nulla è mai per caso!) si può trovare il modo di conoscere parti di sé : la modalità relazionale, la capacità di amarci e di amare, i propri talenti, le proprie debolezza...lontani dal giudizio e dalla valutazione e vicini all'Accettazione e all'Amore verso di noi e verso gli altri.

La Lanterna è un antico oggetto che porta la luce ovunque lo si porti e ogni cammino ha bisogno di essere illuminato dalla comprensione di ciò che accade e dalla consapevolezza di sé.

Il termine Penelisse nasce dalla contrazione dei nomi di due importanti eroi greci Penelope e Ulisse, archetipi di un femminile e di un maschile ricchi e complessi, tutti da scoprire. Essi rappresentano i valori simbolici profondi dell'integrazione fra l'emozione e la ragione, tra la passività dell'attesa e l'attività del gesto. Ognuno di noi è, insieme, Penelope e Ulisse nel momento in cui individua in se stesso e vive pienamente la vita facendo fluire entrambe le modalità in modo consapevole e pieno.

Penelisse , Penelope e Ulisse, nella sua ri-trovata unione e unicità, si muove nel mondo con passione e competenza gustando e assaporando ciò che c'è, andando alla scoperta di ciò che ancora non c'è, salutando ciò che accetta di lasciare e ciò che incontra aprendo nuove porte.

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