dialogare con ...sé stessi
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Parlo io a me stesso? Come? Con voce bassa, lentamente, o ansiosamente? La voce che mi parla è esterna a me? È calma, mi infonde tranquillità o mi mette in allarme, mi critica?
Il dialogo interno è il dialogo che intratteniamo nella nostra mente con noi stessi: pensieri, domande, canzoni canticchiate, elenchi della spesa, poesie, frasi rivolte ad altri e a noi stessi. Può essere dialogo limitante, depotenziante (e le sue sono frasi, giudizi severi: chi ti credi di essere? non ce la farai mai!), ma anche fedele compagno che spesso ci incita a raggiungere risultati importanti, guida con pacatezza le nostre scelte nel momento in cui abbiamo bisogno di riflettere.
Sono ancora i suggerimenti della PNL che ci inducono a gestire consapevolmente il grande potere che quella voce esercita su di noi. Abituati a sentirla ne riconosciamo il tono, il volume, le argomentazioni, e dunque possiamo esserne certi, sappiamo di essere noi a creare quella o quelle voci; è un fenomeno naturale [1] e poiché ne siamo gli autori, possiamo modificarne tono e volume, possiamo chiederle che ci incoraggi a superare le nostre fragilità, che dia risalto ai nostri punti di forza, aiutandoci a costruire la nostra autostima. Sì, possiamo rendere il nostro dialogo interno un alleato, piuttosto che un giudice severo pronto a cogliere soltanto le nostre manchevolezze (in tal caso, evidente proiezione dello “stato dell’io Genitore” Normativo o, peggio, Persecutore [2]). Il dialogo interiore si fa così autentico sostegno in ogni nostra necessità, gioisce con noi dei nostri successi e, in rari momenti di particolarissima concentrazione non sentiremo la sua voce e tuttavia avvertiremo la sua vigile amichevole presenza.
È innegabile che la PNL, tramite l’osservazione e l’attenzione consapevole, ai diversi linguaggi (verbale, paraverbale e Non verbale: ritmo del respiro, tono della voce, sguardo, postura, silenzi…), intende allenare la nostra capacità relazionale, a percepire il nostro dialogo interno e a cogliere il dialogo interno del nostro interlocutore. Convincimento ed entusiasmo potrebbero indurci a credere che le strategie comportamentali siano da sole in grado di farci ottenere risultati immediati e positivi; in realtà, ottenere una migliore consapevolezza, un miglior controllo di sé, è accettare di essere in divenire e dunque il cambiamento, significa plasmare la propria mente, il proprio modo di percepire quello che ci circonda e la vita in modo via via più libero da forme di condizionamenti e pro attivo, non semplicemente re-attivo; non è affatto la scorciatoia per il successo o mera operazione di marketing (come frequentemente si ribadisce con procedimento riduttivo e banalizzante, tale da autorizzare critiche non benevole nei confronti della PNL), sì invece è percorso complesso che richiede tutta la nostra motivata energia anche per superare le inevitabili nostre e altrui resistenze.
Nelle relazioni interpersonali, tra una persona in difficoltà e uno specialista, coach, counselor, psicologo, il colloquio motivazionale è fondamento insostituibile affidato alla gestione dell’operatore e alla disponibilità del soggetto in aiuto. Attraverso l’esplorazione delle proprie ragioni, il colloquio motivazionale ci consente di ri-motivarci e quindi di avvicinarci progressivamente al nostro sé, accettando il cambiamento. Se dunque il nostro dialogo interno avesse tale forza, ciascuno vivrebbe la sensazione confortante di poter contare su un amico, fedele, tenace, moderatamente severo, attento a cogliere il positivo in ogni evento.
Ascoltare come Bill Miller presenta il colloquio motivazionale ci permette di comprendere immediatamente quale alto potenziale, se inteso come processo e non come una statica condizione, esso apporti alla vita di ciascuno di noi e quale grado di preparazione richieda al counselor, al professionista che lo propone. In primis Bill Miller definisce “insegnante”, nella relazione, proprio la persona che chiede aiuto perché è da lei che al counselor giungono feedback importanti per affinare la propria strategia, per migliorare la qualità della relazione; è la dinamica relazionale infatti, che può agevolare il cambiamento, ma anche attivare o incentivare resistenze.
Bill Matulich, nel suo testo sul Colloquio Motivazionale, realizzato, sull’onda del prezioso testo base, (appunto il testo di Miller William R., Rollnick Stephen, Il Colloquio Motivazionale: Aiutare le persone a cambiare, terza edizione per i caratteri Erickson 2014) precisa:
Nel colloquio motivazionale, l'atteggiamento è di estremo rispetto per il cliente, per la sua competenza di sé, la sua conoscenza e la sua capacità di prendere decisioni per la sua vita. L'operatore si accinge alla sessione anche con un atteggiamento riguardante il proprio ruolo nella stessa. Il ruolo non è visto come quello di un esperto che cerca di persuadere il cliente a vedere le cose secondo il suo (dell'operatore) punto di vista. Al contrario lo spirito del colloquio Motivazionale consiste nello sforzo di lavorare in modo collaborativo e di vedere le cose dal punto di vista del cliente. Il ruolo dell'operatore non è quello di motivare il cliente o di risolvere un problema, ma di esplorare la motivazione propria del cliente e aiutarlo a trovare le sue proprie soluzioni.
Riflettiamo su quale contributo alla nostra personale crescita possa giungere se i due interlocutori del colloquio siamo noi e la nostra voce interiore, proprio quella che abitualmente ci rallegra o ci deprime e parla, parla come se non sappia o non voglia tacere. Educhiamola ad indurci all'autopercezione così da farci riconoscere le nostre attitudini, le nostre capacità di adattamento, organizzative, relazionali, di gestione dello stress, la nostra capacità di empatia con gli altri e con noi stessi, la nostra volontà debole e contraddittoria a cambiare e ci conduca, in una relazione accorta, a focalizzare il problema, ad evocare le motivazioni che spingono verso il cambiamento, a pianificarle, esattamente come un ottimo counselor nel colloquio motivazionale riuscirebbe a fare.
Forse la realtà è diversa da come te la immagini. Forse, ciò che immagini diventa la tua realtà […]La convinzione in merito al fatto che sia possibile farcela è fondamentale affinché tu possa permetterti di compiere le azioni necessarie a farlo. Parola di Richard Bandler. [3]
Cordialissimamente
Giancarla Mandozzi
[1] Richard Bandler, Il potere dell’inconscio della PNL, trad. it. G. Fort, NLP, 2009, p. 120-121
[2] Berne Eric, A che gioco giochiamo, trad. it. V.Di Giuro, Bompiani, Milano 1967, pp. 25-30
[3]Richard Bandler, Alessio Roberti, Owen Fitzpatrick, Scelgo la libertà, trad. it. G. Fort, NLP, 2010 pp. 40, 108
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