Nel qui e ora … Passato e Futuro
Vivere nel qui e ora è conquista di consapevolezza, di equilibrio, di Bene-Essere. Chi lo ha sperimentato, ne è un tenace sostenitore e con entusiasmo invita chiunque ad educarsi per raggiungere questo stato di autentico comfort.
Come counselor lo proponiamo ai clienti e per noi stessi lo consideriamo un obiettivo primario e in divenire, sensibile alle sollecitazioni mutevoli dei contesti in cui operiamo, perché ogni scelta e ogni esperienza ci riveli il lato che più ci appartiene.
Non è certo un motto nuovo riappropriarci di noi nel qui e ora e, se pure non vogliamo ripercorrerne le radici antiche, percepiamo la profondità del messaggio che ci induce a essere presenti e pronti a godere/comprendere esattamente ogni momento della nostra vita, ci scuote dal torpore intellettivo in cui possiamo essere caduti e ci ricorda di esercitare la nostra libertà di agire. Alcuni sostengono che vivere pienamente l’istante presente sia addirittura l’unico modo per trovarsi liberi da rimpianti e rimorsi; in fondo, sì, è possibile che vivere nel qui e ora amplifichi a tal punto la nostra capacità e consapevolezza da permetterci di cogliere ogni opportunità o, meglio, di rendere opportunità ogni situazione persino quella problematica, così da aumentare e mai diminuire la nostra autostima.
Proprio queste peculiarità, tuttavia, rendono evidente ciò che troppo spesso è negato: il qui e ora non è soltanto frammento di Presente, non è quel piccolo lasso di tempo tra due nullità, tra il non c’eravamo e non ci saremo, non è neppure vivere ogni attimo come se fosse il primo riscoprendolo in tutta la sua enigmatica bellezza. [1]
Se è vero che il nostro presente è conteso tra un Passato ingombrante da cui non ci è quasi mai facile affrancarci e una progettualità ansiosa del Futuro, appunto per questo duriamo fatica a concederci la tregua del qui e ora. Il vivere nel qui e ora è una boa, un’àncora affondata in parte e in parte emergente dal fiume della nostra vita: acque che scorrono talvolta vorticosamente, che giungono da lontano alla boa a cui ci sosteniamo e che, oltrepassandoci, ci additano un possibile percorso.
È una metafora, certo, ed è questa metafora esattamente che mette a nudo la complessità e le difficoltà di educarci a tutto ciò: l’hic et nunc, il qui e ora come boa nella nostra vita, nello scorrere del tempo; uno spazio in cui possiamo trovare riposo dalle nostre fatiche e un luogo protetto vietato agli assalti e alle aggressioni della guerra quotidiana; il valore riconosciuto ad un istante vissuto con pienezza nella dimensione che desideriamo.
Se siamo afflitti dal passato, se non riusciamo a contenere ansie per ciò che nel futuro potrebbe accadere di indesiderato o contrario alle nostre aspettative, se non siamo riusciti a nobilitare il rapporto con noi stessi, se non abbiamo consapevolezza di quale sia la pienezza della vita per noi, come possiamo improvvisarci abili fruitori della vita presente? In fondo, l’hic et nunc è eco del carpe diem, della saggia abitudine alla misura, della valorizzazione di ciò che si è e che stiamo vivendo…
È legittimo il sospetto che tutto si riduca alla siderale distanza tra la ricerca dell’essere e la ricerca dell’avere?
È certo che ogni nostra azione compiuta nell’immediatezza del presente è frutto di ciò che la precede (consapevolmente o, più ancora, inconsapevolmente, forse) e orientata, persino condizionata da prospettive future che si agitano in noi, nella nostra mente e nel nostro spazio emozionale, è frutto della percezione del passato e della visione del futuro, è ricordo, aspettativa, speranza.
Di questo si nutre il vivere nel qui e ora, dell’equilibrio tra stati mentali ed emotivi che ci appartengono e neppure per un istante potremmo sradicare da noi. Per poter essere in grado di educarci a vivere nel qui e ora, è assolutamente necessario che ci ri-appropriamo di una nostra dimensione dell’essere, della consapevolezza del nostro sé nel fluire del tempo, del valore e dell’autenticità del dia-logo con noi stessi e l’altro da noi.
[1] Mauro Bonazzi in
Cordialissimamente,
Giancarla Mandozzi
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