L’affettività è definibile, in modo intuitivo, come il colore del nostro vissuto. E’ la capacità di provare emozioni, sentimenti e passioni. Le emozioni sono sensazioni brevi e fugaci, mentre i sentimenti sono intensi e duraturi. Ogni persona possiede un mondo interiore unico, ricco e vario. Esistono disturbi e patologie psichiatriche che inficiano profondamente il rapporto tra un soggetto ed il proprio mondo interiore. Un disturbo frequente nelle patologie di tipo nevrotico, ovvero il macro gruppo di disturbi e patologie che non comportano un distacco dalla realtà oggettivabile da parte del soggetto sofferente, è rappresentato dalla cosiddetta ambivalenza affettiva. In semeiotica psichiatrica si definisce ambivalenza affettiva un particolare disturbo dell’affettività.
Questo disturbo è caratterizzato dalla compresenza, in una persona, di sentimenti ed ideazioni di segno opposto in relazione ad un altro soggetto. Sentimenti ed ideazioni che possono concretizzarsi in atteggiamenti molto spesso conflittuali. Come si ritrova nel vissuto quotidiano la compresenza di sentimenti di odio ed amore? Come si affronta questa problematica? Si può davvero amare una persona per una sua caratteristica, o amare una sua caratteristica, ed odiare il resto? Premesso che non è possibile offrire risposte assolutistiche a queste domande, una riflessione sull’amore e sull’odio si può proporre.
L’amore è un sentimento che sfugge ad ogni definizione. Se viene razionalizzato e motivato molto probabilmente il sentimento che crediamo essere amore, amore non è anche se vorremmo lo fosse. Un esempio concreto può essere offerto da un genitore che ricopre un figlio di attenzioni eccessive: in buona fede egli crederà di amarlo, ma è anche possibile che desideri inconsapevolmente mascherare un sentimento di odio verso colui/colei che con la sua nascita ha modificato la vita. L’odio è un sentimento molto intenso, in genere posto in contrapposizione all’amore. In realtà l’opposto dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza. Quando nutriamo solo indifferenza nei confronti di una persona, allora il nostro rapporto, sia esso di amicizia od affetto o di passione amorosa, è davvero finito.
L’odio no, non segna la fine di un legame, qualunque sia la natura dello stesso. L’ambivalenza affettiva è un abile trasformista, un parassita che si nutre di sensi di colpa, che si annida nei meandri più nascosti della mente. Si può nutrire odio od amore anche verso se stessi, un oggetto oppure nei confronti di un’ideologia. L’odio verso “il diverso da me stesso” spesso nasconde un profondo desiderio inconsapevole di essere come l’oggetto di quello stesso odio, o, all’opposto, una proiezione di un intenso timore. Odio ed amore, due facce della stessa medaglia: la passione. Si tende ad odiare ciò che si ama e non si può avere, o ad amare ciò che distrugge. Nelle infinite sfaccettature dell’animo umano, un’esistenza priva di passioni appare infinitamente povera.
Giovanna Rezzoagli Ganci
Diplomata in Counseling Professionale ad indirizzo in Scienze Sociali. Iscritta al Registro Counselors F.A.I.P. al n° 935. Assistente Socio-Sanitario. Consulente per il Tribunale dei Diritti del Malato, cofondatrice dello “Sportello Counseling” di Cittadinanzattiva Liguria con sede in Chiavari (GE). Corrispondente per il quotidiano on-line “DentroSalerno”.
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