Vincenti e perdenti


Vincenti e perdenti

 

           Ogni vincente ha diverse potenzialità di vittoria. Ma questa non sta nel successo ma nell’autenticità. Una persona autentica vive la propria realtà conoscendo se stesso, essendo se stesso, diventando sempre più credibile e sensibile.

Le  persone  autentiche  realizzano  la  propria  irripetibile individualità personale e apprezzano quella degli altri. 

Le  persone  autentiche  non  dedicano  la  loro  vita  a fabbricarsi  una  propria  immagine  ideale  di  se  stessi. Semplicemente  sono  se  stessi;  e  appunto  per  questo  non sprecano  energie  né  a  recitare  una  parte  né  a  simulare  né  a manipolare gli altri. 

I vincenti sono in grado di farsi conoscere per quello che sono.  […]  Sanno  che  amare  è  diverso  dall’agire  come  se  si amasse, e che vi è differenza fra essere stupidi e agire da stupidi, fra  essere  intelligenti  e  mostrarsi  intelligenti.  Non  sentono  il bisogno di nascondersi dietro una maschera e si liberano da ogni immagine non realistica di sé, così d’inferiorità come di superiorità.

[…]  Ciascun  essere  umano,  almeno  in  alcune  fasi  della  sua personalità, [è] potenzialmente un vincente e dunque una persona reale, viva, consapevole.  [1]

Ci vuole coraggio per essere un vero vincente: non il vincitore che è tale perché sopraffà gli altri, per arrivare primo alla cima; ma un vincente che reagisce alla vita. 

Ci vuole coraggio per vivere la libertà che l’autonomia comporta;

coraggio per accettare l’intimità e il rapporto diretto con gli altri;

coraggio  per  prendere  posizione  in  una  causa  impopolare;

coraggio  per  preferire  l’autenticità  all’approvazione  altrui  e continuare  a  preferirla;

coraggio  per  accettare  le  responsabilità delle proprie scelte. 

E  infine:  coraggio  per  essere  la  persona  singolarissima  che ognuno di noi è.   [2]

Cordialissimamente

Giancarla Mandozzi  

[1]  Muriel James, Dorothy Jongeward, Nati per vincere, trad it. S. Attanasio, Torino, San Paolo 2005, p. 20, 25 

[2]  Ibidem, p. 140

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