Tutti ne parlano. Proprio tutti. Autostima! Il nuovo vitello d’ oro postmoderno. Non si contano i siti che potete trovare in rete su questo tema o problema o che diavolo volete voi. Autostima significa tutto e niente. O una grande banalità o un casino che non si può aggiustare, mai. L’ autostima è un fiore che va annaffiato ogni giorno. Un fiore che sembra spesso morire perché l’ ombra della vita è dominante e le forze interiori cedono, vengono meno. Bene, tutto ciò premesso: perché parlo ancora di autostima? Semplice: perché è necessario come il respiro, l’ aria, l’ acqua, l’ amore. Senza autostima niente diventa gustoso e fecondo, tutto risulta, alla fine, scheletrico e brutto. “L’ autostima è essenziale per la sopravvivenza psicologica”, ha scritto un esperto di questa materia, Edoardo Giusti. Verissimo. Se ne parla ancora, di autostima, perché non averla comporta regredire costantemente, vivere la vita come un forno crematorio e giungere alla catastrofica conclusione che è meglio farla finita piuttosto che continuare a portare la pesante bisaccia carica di giorni grigi e struggenti. Così è, se vi pare. Tutto questo basta per farmi tornare ancora sul grande mantra dei nostri giorni: l’ autostima, signori e signore, l’autostima. Scrivo ancora e dialogo con voi ancora e, per farlo, metto il mio cuore, la mia passione ed il mio desiderio di “filosofare con il martello” dentro un cd che spero di vostro gradimento. Giungerò forse a conclusioni itineranti, impreviste, non programmabili a priori, perché la vita è un susseguirsi di qui-e-ora e, dunque, non può essere programmata; a noi basta viverla, e bene, nel modo più gustoso che ci sia. Questa è la sapienza della vita, e sàpere, da cui appunto il termine magico “sapienza”, vuol dire appunto “gustare”. Desidero parlare di autostima senza intimare diktat che ingenerano sensi di colpa mostruosi, del tipo: “Ah, ma guarda! Tu non hai autostima, e allora come si fa…?”. Questa è un’ idiozia, che larga parte della cosiddetta “filosofia motivazionale” produce ed io voglio attraversare un’ altra steppa, con il passo felpato di chi sa che un uomo ed una donna hanno avuto problemi di autostima per un’ unica essenzialissima ragione: non sono stati amati per quello che erano, in primis dai genitori. Per conquistare un pezzetto sostanzioso di autostima, occorre perdonare non con la testa, ma con il cuore i propri genitori, che, come tutti i genitori, sono quelli che hanno prodotto i maggiori disastri nella vita dei propri figli. Anche in questo caso: così è, se vi pare. Avere autostima significa anche accettare le cose per quello che sono e riconciliarsi con i genitori, perdonarli, inchinarsi di fronte a loro, dire loro, con sincerità: “Io vi ringrazio per tutto quello che ho preso da voi e questo mi basta”. Ha ragione Bert Hellinger: “Quando una persona rispetta i propri genitori, viene messo a posto qualcosa nel profondo della sua anima”. Come avete già constatato, amici miei, parlerò di autostima in maniera non centrata sull’ individuo e basta, ma sulla persona-in-relazione, per due ottime ragioni: 1) sono un accanito personalista e dire “persona” significa dire “relazione”; 2) i problemi nascono nei sistemi e vengono risolti nei sistemi, perché la persona è o coinvolta positivamente o irretita nei rapporti, e questo fa la differenza anche rispetto alla crescita della sua autostima. Il motto che mi guiderà in questo percorso sull’ autostima lo “rubo” al grande Albert Einstein: “Ci sono due modi di vivere la tua vita. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’ altro è pensare che ogni cosa è un miracolo”. Possiamo scegliere ogni giorno, in ogni istante, qui e ora. Vogliamo cominciare a gettare un ponte, insieme, verso i nuovi miracoli della vita? .
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