Considerazioni sul concetto di "Natura umana"


uomo_naturaChi può ragionevolmente porre in dubbio il significato di espressioni e di concetti talmente ricorrenti nella lingua comune e nel discorso e dibattito pubblico da essere recepiti come ovvi e scontati? Eppure, se proviamo a chiederci di definire con precisione che cosa intendiamo dire quando parliamo di “natura umana” incontreremo più di una difficoltà. Intanto dovremmo prima definire il significato e il senso che ha per noi il concetto di “natura”, e poi il significato e il senso che attribuiamo all’aggettivo “umana”.

In altri termini ci stiamo chiedendo di definire che cosa caratterizza l’uomo rispetto agli altri esseri viventi e quali rapporti, quali fili lo leghino al mondo degli oggetti materiali e culturali che formano l’universo in cui vive, anzi, in cui viviamo. Inoltre, per il senso comune, la natura è qualcosa di “oggettivo” , di indiscutibile e dato una volta per tutte; che si tratta, caso mai, di studiare e di farne oggetto di esperimenti, di sfruttare e manipolare a nostro vantaggio. D’altra parte, senza la domesticazione e l’allevamento degli animali e il passaggio dal nomadismo all’agricoltura, saremmo ancora all’età della pietra!

Di qui si vede come il concetto di natura sia legato a quello di cultura, e quello di cultura a quello di storia. E il concetto di storia a che cosa è legato? Ma a quello di umanità e a quello di tempo. Possiamo quindi affermare che nel concetto di uomo sono compresi quelli di natura, di cultura, di storia e di tempo. Non per niente l’uomo è un essere temporale, razionale (non sempre), sociale, adattabile, emotivo, bisognoso, in divenire e creativo. Ma anche aggressivo, violento, antisociale, predatore e autodistruttivo.

Quali di questi aspetti appartengono alla natura e quali alla cultura? Oppure: che cosa rende “umana” la natura? E la natura, in quanto tale, è buona o cattiva? O non è né buona né cattiva? E l’uomo, per natura, è buono o cattivo, o né buono né cattivo? Come si vede, parlando di natura umana, si finisce con il parlare di etica. Chi è infatti l’uomo se non quell’ente che ha la facoltà di scegliere per quale fine agire o non agire? Di stabilire che cosa per lui è bene e che cosa è male? Di accettare o di ribellarsi all’ingiustizia? E se togliamo questa facoltà di scegliere tra bene e male, tra giusto e ingiusto, cioè, se togliamo all’uomo la libertà, che cosa resta della natura umana?

Se lo chiede, tra gli altri, G. E. Rusconi, che dedica un capitolo del suo Non abusare di Dio (2007) proprio a questo tema: “Oggi sotto l’ampia costruzione dell’evoluzionismo darwinista ci sono scuole neurobiologiche che si dichiarano deterministe e contestano le immagini tradizionali della libertà, senza per questo ricadere in posizioni immoraliste e razziste socialdarwiniane. Ma accanto a esse ci sono anche posizioni risolutamente anti-deterministe. In effetti la negazione di un qualunque finalismo intriseco al processo evolutivo apre un quadro combinatorio di necessità, caso, contingenza e chances che mal si adatta al concetto tradizionale di determinismo.

L’uomo stesso fa la sua comparsa nella vicenda dell’evoluzione e avanza nel processo evolutivo non già come sottoprodotto di adattamenti deterministici ma attraverso un gioco strategico di vincoli, opportunità e caso. “ Si direbbe, proprio sulla base delle più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze, che la stessa natura lasci un margine all’imprevedibilità e all’errore nella lettura e nella trasmissione del codice genetico, margine prezioso per le stesse possibilità evolutive della specie.

Questo sul piano biologico. E sul piano etico? “La specificità o specialità dell’uomo è identificabile innanzi tutto nel comportamento morale privato e pubblico traducibile anche in forme giuridiche. Quindi ‘quel che resta della natura umana’ – anche alla luce delle acquisizioni scientifiche contemporanee – è sempre la possibilità di definire e motivare criteri di azione morale, regole e norme di comportamento che rispondono ai criteri di universalità e di reciprocità, che a loro volta postulano la libertà”. Nel concetto di “natura umana” è compreso dunque anche quello di libertà. E tuttavia sappiamo che la libertà non è solo un postulato, ma è sempre anche un fine da raggiungere; pensiamo a quali e quanti limiti è soggetta tuttora la libertà umana, a quanti e quali vincoli ostacolano la piena espressione e realizzazione di tutti e di ciascuno, a quante possibilità negate, a quante e quali oppressioni e forze disumane impediscono all’umanità di divenire finalmente quello che potrebbe essere.

La cosa che più dà da pensare è che la maggior parte degli impedimenti alla piena realizzazione della libertà umana provengono dall’umanità stessa. Se tutti gli uomini e tutte le donne fossero coscienti delle potenzialità che già posseggono e delle mete che possono raggiungere combattendo insieme contro le forze avverse della natura “matrigna” e contro le alienazioni prodotte da una società ingiusta e disumana, si potrebbe forse realizzare quel paradiso terrestre di cui favoleggiano le mitologie, ma che non è mai del tutto scomparso dalle speranze e dai sogni più profondi che umanizzano, o spiritualizzano, la natura umana.

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