Nel panorama italiano delle professioni educative e di relazione si è da qualche anno registrata una novità: un articolato allegato alla legge di bilancio del 2018 (legge Iori) ha riconosciuto la professione del pedagogista e dell'educatore professionale e un ulteriore allegato alla legge di bilancio del 2019 ne ratifica la pratica anche in ambito sanitario. Per quanto pasticciata e confusa la Legge Iori ha un innegabile valore che è quello di avere sdoganato queste professioni facendole uscire dal sottoscala. La legge in oggetto, invero, afferma che ad abilitare alle succitate professioni siano i relativi titoli di studio, ovvero la laurea.
Certo si tratta di un evento importante ma che, tuttavia, da solo non basta a promuovere questa professione a livello capillare. La legge in argomento, pur facendo riferimento alla precedente legge 4 del 2013 sulle professioni non regolamentate, è assai chiara: l'unica abilitazione alla professione deriva dalla laurea. Punto e basta!. Essendo io un discreto osservatore ho aspettato un anno intero per comprendere la reazione delle varie Associazioni di pedagogisti in merito al riconoscimento della professione e in questo lungo tempo ho potuto notare la scarsa propensione delle stesse a enfatizzare la regolamentazione legale della professione, anzi in alcuni casi e come se la ignorassero del tutto.
Di contro le varie Associazioni continuano a reclutare giovani e meno giovani pedagogisti ed educatori sottoponendoli ad esami e iscrivendoli a fantozziani pseudo albi professionali che in alcuni casi emulano nella nomenclatura quelli veri, ossia quelli normati e regolamentati dalla legge. Inoltre continuano a proporre formazione a 360°. Scrivo questo articolo per ribadire che nel caso in specie i pedagogisti e gli educatori non hanno alcun bisogno legale di essere legittimati da chicchessia in quanto a legittimarli è la loro laurea secondo quanto prescrive la Legge. A mio parere i soldi che spendono per la vita asoociativa e per le "formazioni" potrebbero meglio spenderli nell'acquisto di libri o nella frequenza di convegni, congressi di respiro internazionale o magari frequentando qualche master universitario o altre occasioni formative non fantasiose e garantite da ufficialità.
Purtroppo la storia si ripete e anche nel caso dei pedagogisti si assiste ad una forma di "coazione a ripetere", ovvero a perpetrare, da parte di alcuni officianti, ruoli di formatore che nessuno mai gli ha attribuito.
È anche ora che la smettessero di continuare a chiamare "albi" dei semplici elenchi di iscritti e di usare termini come "abilitazione". Questi signori non possono abilitare nessuno. e usare questi termini è quanto meno ingannevole. Ad abilitare i pedagogisti e gli educatori ci ha pensato la Legge della Repubblica e non certamente il signor nessuno.
Salvatore Arcidiacono
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