Spesso pensiamo che sia il passato a condizionarci. Questa però se ci riflettiamo bene è una convinzione che nutriamo nel presente.
Quindi potremmo dire che non è tanto il nostro passato a condizionarci, quanto le storie che ci raccontiamo sul nostro passato. E’ il modo con cui viviamo oggi ciò che sappiamo del passato, a influenzarci.
Questo sapere è anche un sapere “immagazzinato” nel corpo, che viene vissuto attualmente come tono affettivo-muscolare, modi caratteristici di muoversi e di respirare, tensioni o aree ipoenergetiche, umore di base.
Queste storie che ci raccontiamo, che spesso il corpo racconta, è nel presente che vengono tessute ed elaborate, ricordate ed esperite. Quindi può rivelarsi molto più utile disporsi in un assetto mentale in cui riconosciamo che è ciò che oggi facciamo e continuiamo a fare, ad influenzarci.
Anche a ciò che pensiamo di sapere del nostro passato dunque, è una costruzione che teniamo viva nell’oggi.
Il nostro passato infatti non è mai un fatto oggettivo, ma è sempre una ricostruzione, a volte cosciente a volte meno, una rielaborazione che a diversi stadi della vita il nostro corpo-mente compie.
Ciò che ancora di più è singolare e interessante è che queste storie, queste narrazioni, spesso sono lasciate un po' al caso, le tessiamo quando siamo di cattivo umore, ci facciamo facilmente influenzare dalle opinioni altrui, o si generano un po' automaticamente attraverso il rimuginare della mente. Spesso non siamo noi a generare le storie, ma sono le storie a generare il nostro io.
Quindi sembra che sia molto importante decidere in modo autonomo deliberato e cosciente, quali storie vogliamo narrare e come lo vogliamo fare, dove vogliamo che ci portino.
Le storie che ci narriamo automaticamente hanno un carattere depotenziante, consumano le nostre risorse, tendono ad essere ripetitive e stantie.
Anche se alcuni atteggiamenti hanno un’origine lontana, è nell’oggi che si manifestano ed operano secondo modalità specifiche e individuabili
Quindi ciò che sembra importante è il come oggi nel presente scegliamo coscientemente di narrare la nostra identità, i nostri passi le nostre esperienze fondamentali. Soprattutto è importante coltivare una prospettiva che partendo dal presente apra un senso di fiducia nel “dopo”, nel dove vogliamo che la nostra storia ci porti, nella direzione che possiamo prospettare.
Questo modo di guardare ai diversi eventi della vita, è radicato nel qui e ora, ed appartiene pienamente all’ambito di competenza del counseling, in quanto non punta a rivivere esperienze del lontano passato per risolverle, ma sceglie oggi modi nuovi di raccontare e narrare esperienze che ruotano sempre intorno all’asse del presente.
Un presente allargato che raccoglie stimoli da altri momenti della vita, e li unifica nel qui e ora, in una nuova e viva narrazione
Inoltre nel percorso di counseling, si lavora su come oggi quei meccanismi condizionanti operano, ed è portando sul loro processo una consapevolezza rinnovata che si possono attivare scelte differenti.
L’esperienza artistica, la creatività come viene utilizzata nel counseling espressivo, o artcounseling permette di ri-narrare il nostro sé in forme sempre diverse, nuove, dinamiche.
La creatività in ogni sua forma, attinge all’energia del cambiamento, della trasformazione, del permettersi di cambiare strada e di agire fuori dagli schemi consueti, rimanendo in contatto anche con l’imbarazzo, il disagio, il vuoto, l’insicurezza.
Il setting di un Art Counselor, fornisce un ambiente contenitivo a tutte queste difficili emozioni, un contesto per esplorarle e trasformarle creativamente. Così attraverso l‘arte e il fare creativo, creiamo nuove storie nel presente che vanno a costruire il processo del nostro sé in maniera fluida e personale. Ciò che si sperimenta solitamente è un grande senso di potere personale, la capacità di riuscire, di poter fare, poter essere, e poter decidere sulla propria vita attingendo ad uno spettro di risorse sempre più ampio.
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