Lettera a te che hai scelto di cambiare


ho deciso di cambiare la mia vita

Cosa ti piace? Cosa vuoi? Quale è il tuo desiderio? Quale è il tuo sogno? Prova a concentrarti su una o più di una di queste frasi e a declinare la risposta. Intravedi una o più possibilità per te? Puoi aprirti a una nuova "pensabilità" di te? Che cosa ti manca o di chi o di che cosa hai bisogno per dare consistenza alla risposta? Il passaggio graduale alla apertura di visione su di sé, nasce di solito da un bisogno, spesso latente e non percepito: irrequietezza, scarsa concentrazione, spinta a provare cose nuove sono i sintomi di una crescita personale che ti indirizzano in maniera vaga, spesso poco ragionata , e rompono gli equilibri relazionali fin qui realizzati, in nome della sperimentazione.

 

Chi o cosa cerchi è fondamentalmente quella parte di te che ti porta verso una direzione che ancora non hai ben chiara, ma che comunque può essere immaginata dentro di te. Attenzione però alla paura: la paura dell'ignoto, la paura delle emozioni. Questa paura ti blocca, impedisce il naturale fluire del cambiamento positivo per te e del rinnovato interesse per la vita, te stesso e il mondo. Questa paura ti impedisce di abbandonarti al nuovo e sperimentare insieme alle emozioni ciò che il nuovo e il diverso ti offrono: spesso tante risorse di te che non hai ancora completamente utilizzato.

Tutto questo però non puoi controllarlo. Puoi solo sentirlo ed essere in profondo contatto con il tuo sentire. Il movimento più semplice da fare per evitare il flusso vitale del cambiamento è l'introiezione, che spesso ti appare sotto forma di dovere morale: devo amare mia moglie, perché il legame che ci unisce è buono e giusto e ci legano tanti interessi e vissuti comuni; devo continuare a fare questo lavoro perché le persone intorno hanno bisogno di me e non saprebbero come fare se andassi via; devo continuare ad assistere ed accudire mio figlio, perché un genitore lo deve fare, anche se volentieri lo allontanerei di casa perché è un fannullone sfruttatore. Se riesci a cambiare la parola “devo” con “posso” e poi con “voglio perché lo sento”, la tua diventa potenza vitale.

Diventi protagonista della tua esistenza e non c'è sofferenza e perdita in quello che scegli. Spesso le persone raccontano e si raccontano il come devono essere, non il come sono. Spesso evitano di sperimentarsi, negandosi la conoscenza dei propri limiti ma anche dei grandi talenti, nascosti, che non riconoscono. Il “doverismo” impedisce il cambiamento e il processo di autosviluppo attraverso cui tu consenti a te stesso di scegliere cosa, come e con chi fare, chi e come essere, piuttosto che attenerti alle modalità imposte dalla comunità o dai copioni esistenziali. Cosa ti è successo che ti ha portato a pensare che amare profondamente, sconsideratamente, ineluttabilmente qualcuno corrisponda a soffrire?

Se hai avuto la possibilità di sfuggire anche minimamente a questo controllo autoimposto, a questa resistenza al legame sentimentale, sei una persona sana, non ti impedire di "guarire". Il tuo evitamento affonda a tempi più lontani: si innesta nella fase della vita di infante, nel sistema di attaccamento insano a cui i tuoi genitori (o chi per loro) ti hanno abituato ; e ti hanno abituato ad evitare il contatto con te e le tue emozioni di frustazione, sofferenza. O hai subito un trauma, un dolore forte, una confusione emotiva a cui tu da piccolo non hai dato senso ma che ha fatto nascere una corteccia dura e spessa per non sentire la stessa sofferenza.

Tutto ciò che ti impedisce di rinnovare quel dolore lo legittimi. Ed è legittimato ancora di più se intorno hai persone che ti dicono < bene, segui il tuo dovere morale, segui la prassi comune, si è sempre fatto così> piuttosto che invitarti a non sentire nessuna colpa se scegli di affogarti nel dolore, nella gioia , nella tristezza, cambiando completamente rotta. Solo sperimentando in maniera autentica l'emozione dell'amore, l'emozione della tristezza, l'emozione della paura, l'emozione della gioia puoi accogliere il bambino che sei stato e ti aiuterà ad essere un buon genitore che accoglie il dolore, lo scoramento, la fragilità di tuo figlio a cui non demandi la tua gioia e la tua soddisfazione. Tu non utilizzerai tuo figlio come scudo per ottenere qualcuno o qualcosa che non sei in grado di ottenere o trattenere, tu non proietterai le tue insoddisfazioni o frustrazioni di uomo non risolto. E sarai capace perché avrai imparato ad affidarti alle emozioni. E il tuo sentire ti legittimerà.

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