PENSA, AGISCI, VALUTA. Strategie di metacognizione per l’efficienza proattiva

Inviato da Nuccio Salis

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È cosa risaputa che il controllo e la gestione dei propri nodi problematici sia costituita da una complessa struttura dentro cui interagiscono dinamiche fattoriali piuttosto ricche ed articolate. Una combinazione molteplice di variabili inerenti ad aspetti sia personali che contestuali, influisce nel determinare un processo che vede in prima persona impegnato l’individuo che ne è protagonista.

Da molto tempo, ormai, quella parte dello studio sul comportamento umano indirizzato al problem-solving e all’adattamento è riuscito a mettere in luce quanto sia risolutivo in termini di efficacia il proprio modello interiore con cui si affrontano le situazioni. Un approccio sorretto dalla consapevolezza e dall’uso appropriato dei propri limiti e delle proprie risorse, ad esempio, dovrebbe sempre favorire una corretta visione circa la natura degli ostacoli che ci fanno da impedimento verso il soddisfacimento dei nostri fini. Questo punto costituisce una vera e propria strategia nel fronteggiamento di un evento problemico, in quanto un’adeguata comprensione e obiettiva misura dello stesso, rende ogni azione corrispondente più adatta ai mezzi e allo scopo prefisso.

 

Per tale ragione si cerca di favorire nel soggetto lo sviluppo sopraffino delle capacità metacognitive, con l’obiettivo di allargare il perimetro della conoscenza di sè e valutare tutte quelle trappole legate alle false credenze circa le proprie possibilità di successo sull’esito delle proprie decisioni, o ancora su una percezione del problema distorta e troppo al di sopra della sua reale dimensione.

È la forma mentis, dunque a stabilire l’estensione di una struttura problemica, ed a decidere sulla base di costrutti a volte troppo rigidi, quali siano le possibilità di successo/fallimento dell’impresa che può vederci impegnati. Tale calcolo probabilistico di previsioni è troppo spesso vincolato ad aspettative che nulla hanno a che vedere con una considerazione in termini realistici del problema, quanto invece con intrusioni di tipo affettivo, esperienziale e umorale. Non che tali movimenti debbano essere svalutati, nel corso di una decisione, si tratta piuttosto di riuscire a contenerli di modo che non finiscano con il sopraffare l’azione diretta a un miglioramento. Non si tratta dunque di radicalizzare la portata della logica che tutto pianifica, controlla e assoggetta soltanto sulla base di freddi calcoli. Si propone invece di operare in modo congiunto, ovvero facendo in modo che i rimandi interiori a livello emotivo, che molto spesso possono rappresentare un’affidabile bussola su cui orientare i propri obiettivi ed interessi, vengano corroborati e valorizzati anche dal contributo di una mente in grado operare procedure di rigorosa ricognizione su tutti gli elementi in gioco. Il riferimento è indirizzato alla sollecitazione della competenza metacognitiva in grado di sondare le qualità degli stessi meccanismi di pensiero e stili di apprendimento di cui si serve, onde raggiungere un gradiente elevato di controllo e di efficienza dei risultati.

Mediante un attento processo metacognitivo è possibile infatti controllare quell’insieme di credenze e affermazioni che arrestano ogni possibilità di crescita e trasformazione cosciente. È frequente, infatti, che l’esistenza di taluni problemi scaturisca proprio da una mente che ha accettato il programma del generatore di stati affettivi e umorali problemici, mediante errate e distorte valutazioni sull’uso e l’investimento della capacità di produrre oggetti di riflessione e di analisi. Vi sono cioè coloro che per qualche ragione innescano un meccanismo di pensiero secondo cui sviluppare crucci e preoccupazione sarebbe un modo per sentirsi responsabili, agenti preventivi di problemi ulteriori e più gravi, sicuri e al riparo da sensi di colpa futuri per aver evitato le preoccupazioni. Al di la di un’analisi retrospettiva e approfondita che sarebbe fuorviante in questo articolo, e che peraltro bisogna demandare agli specialisti della psiche profonda, questo schema mentale è curiosamente produttore di problemi e di suggestioni emozionali che possono determinarne la difficoltà principale proprio nell’opera di fronteggiamento, in quanto agìti emotivi particolarmente turbolenti possono immobilizzare l’iniziativa e paralizzare l’azione. In questo frangente, le teorie esposte dal professore e psicologo inglese Adrian Wells, vertono a suggerire come ridurre e dominare volontariamente tali dissonanze, facendo appello a strategie che in una prima fase preparano alla scelta, selezionando, vagliando e decidendo di accogliere convinzioni e stimoli ansiogeni,  e in quella successiva si provvede a darsi concretamente il permesso di sperimentare e verificare azioni nuove, sottoponendone a seguente disamina gli effetti e i risultati.  

È ciò che secondo altri metodi affini, e comunque rivolti al controllo esecutivo efficace delle proprie azioni, è stato sintetizzato nella formula Goal-Plan-Do-Check , ideata dalle terapiste canadesi Angela Mandich edHelene Polataiko. Tradotta nella sequenza Pianifico-Eseguo-Controllo, è stato applicato in svariati contesti come elementare ed efficace struttura di azione che permette di standardizzare un programma efficace di adattamento attivo nella ricerca di soluzioni e di strategie di problem-solving.

Da non trascurare, oltre all’apporto essenziale della metacognizione, la possibilità di pensare ad un percorso di coping  condiviso, in cui l’aiuto maggiore proviene dalle alleanze sviluppate nella rete dei rapporti significativi ed amicali, tenendo sempre strettamente conto di come ciascuno affronti ogni esperienza sulla base dell’attribuzione di significato che conferisce alla stessa, a volte dando adito al curioso e controverso paradosso mediante cui, nel tentativo o nella convinzione di risolvere un problema, si sta invece contribuendo alla sua permanenza o aggravamento. Come infatti ci ricorda l’ineccepibile Miton Erickson (1901-1980), noto psicoterapeuta americano, le persone impegnate nella risoluzione dei loro aspetti problematici possono spesso persistere in modo unilaterale e bloccante su comportamenti di fissaggio, nel tentativo persistente di risolvere un problema per mezzo del medesimo metodo che pur ha già rivelato la sua  inefficacia. Si dovrebbe dunque considerare la possibilità di ricercare delle alternative, dal momento che, come afferma sempre Erickson, tutte le persone hanno grandi risorse dentro se stesse, pur tenendole nascoste o non essendone consapevoli. È questo che d’altra parte giustifica la relazione di aiuto diretta al potenziamento dei requisiti della persona.

Capita quindi sovente di dover osservare ed assistere al perdurare di comportamenti disfunzionali, all’applicazione di modelli solutori inefficaci che rafforzano tale attitudine oramai sfuggita al controllo consapevole. Urge dunque avanzare il possibile rimedio della co-costruzione di un nuovo piano di intervento, accettando la partecipazione e l’alleanza di terzi, ed impegnandosi individualmente a rifocalizzare la struttura problemica composta dai suoi diversi elementi.

I principi secondo cui un counselor, deputato al difficile compito preposto, affina la metodologia del suo intervento, rimangono sostanzialmente quelli universalmente riconosciuti nell’ambito del trattamento alla persona. Pertanto, anche l’atteggiamento all’uso responsabile dell’abilità metacognitiva potrà essere sollecitato se il counselor la utilizza lui per primo, offrendosi come specchio modellante. Ascoltando, rafforzando e sostenendo il suo cliente nell’ottica del potenziamento, comprendendone a fondo le motivazioni e resistendo al riflesso di correggere e fornire consigli fuorvianti e prematuri, il counselor può instaurare con il suo cliente quella sana alleanza promotrice di agio e di equilibrio sistemico, perché atta ad assumere una grande valenza nell’ambito del beneficio alla persona.

 

dott. Nuccio Salis

(Pedagogista clinico, Counselor socioeducativo, Formatore analitico-transazionale, Educatore professionale)

 

Fonti di riferimento che hanno ispirato l’articolo:

 

·        Bravar L., Le difficoltà grafo-motorie nella scrittura, Trento, Erickson, 2014.

·        Cornoldi C., De Beni R., La mente metacognitiva, in “Psicologia Contemporanea”, 2013,  ANNO XXIX, (238), pp. 52-57.

·        Ianes D., Cramerotti S., Comportamenti problema e alleanze psicoeducative, Trento, Erickson, 2002.

·        Matulich B., Il colloquio motivazionale passo dopo passo, Trento, Erickson, 2015.

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