Le famiglie del terzo millennio: alcune questioni di senso

Inviato da Rosanna Pizzo

La consuetudine è una seconda
natura che distrugge la prima

Blaise Pascal
 
La famiglia o per meglio dire dalle famiglie che la società del terzo millennio ci ha prospettato pur all’interno di profondi cambiamenti resta il luogo, e questo è un topos incontrovertibile, delle relazioni a più alto contenuto emotivo luogo dei grandi affetti ma anche dei grandi conflitti, commedia e dramma di cui ognuno è ad un tempo regista attore spettatore, secondo i casi.
Oggi alla famiglia del terzo millennio, per i profondi rivolgimenti subiti sia a livello fenomenologico, attinente quindi i modi attraverso cui si è organizzata, sia a livello rappresentazionale e cioè i modi condivisi attraverso cui si è definita nel contesto sociale si richiede di ri-tessere la trama della sua storia. Ma quale trama?
Non certo tirando una riga sul passato, bensì, sapendo contemperare il vecchio e il nuovo e quindi riaffermando ancora la vitalità dell’istituto familiare, a patto di non riproporre i vecchi conflitti.
Ora Vediamo i possibili modi con cui essa è pensabile e configurabile oggi, ponendo l’accento sui non pochi problemi che ciò comporta.
 
Iniziamo dagli anni sessanta: Jackson immagina un marziano che volando di sera nel cielo delle nostre città osserva incuriosito alcune persone sedute in un salotto.
Egli facendo capolino non visto dalla finestra, immagina il Nostro, osservando le ridondanze interattive(modelli interattivi ripetitivi) intuisce e scopre quali sono le regole attraverso cui si strutturano i rapporti tra quelle persone.
 
Come quel marziano , conclude Jackson anche il ricercatore , nella posizione di osservatore esterno, può attraverso la rilevazione delle sequenze interattive che caratterizzano una famiglia, individuare le regole attraverso cui si definiscono le relazioni e il relativo funzionamento.
 
Negli anni sessanta, infatti la domanda per gli studiosi di dinamiche familiari si fondava sul come funziona la famiglia e attraverso quali metodi fosse possibile analizzarla.
 
Nei primi anni novanta troviamo un altro extraterrestre, questa volta immaginato da Gubrium e Holstein, il quale già acculturato dalle riflessioni epistemologiche di quegli anni, ha capito che l’interrogativo a cui bisogna rispondere non è più quello su come funziona la famiglia, considerato lo scenario profondamente mutato, bensì su cosa si debba intendere per famiglia. Come fare?
 
Per riuscire a rispondere a questa domanda riesce a dotarsi di alcune fotografie
che raffigurano delle famiglie, incuriosito vorrebbe conoscerle dal vivo va in giro per la città ad osservare le persone.
Ma l’osservazione lo confonde e non gli è di nessun aiuto, perché all’extraterrestre, immaginato da Gubrium e Holstein sembra che qualunque gruppo di persone assomigli a quelle delle foto e che possa essere famiglia .
 
L’unico gruppo un po’ stonato gli sembra questo, un po’ troppo statico e tra l’altro abbigliato in maniera un po’ strana ed è quello rappresentato della famiglia patriarcale allargata, che proprio non la trova da nessuna parte.
 
famiglia patriarcale allargata
Famiglia patriarcale allargata
 
famiglia nucleare
Famiglia nucleare
 
coppia di fatto
Coppia di fatto
 
Famiglia ricomposta o plurinucleare
Famiglia ricomposta o plurinucleare
 
Coppia mista
Coppia mista
 
Famiglia immigrata
Famiglia immigrata
 
Famiglia con figli adottivi
Famiglia con figli adottivi
 
Coppie omosessuali
Coppie omosessuali
 
Famiglia monoparentale
Famiglia monoparentale
 
Il nostro extraterrestre fa una ricerca, ma la letteratura scientifica e i dizionari danno definizioni diverse e la letteratura specializzata offre una grande e variegata concettualizzazione sul tema, che va da quella più tradizionale che identifica gruppi di persone connesse da legami di sangue, di matrimonio, di adozione, che vivono insieme, a quella di coppie di fatto conviventi, a quella di parenti, come fratelli, a quella del genitore singolo a coppie sposate che non coabitano, a coppie senza figli, a coppie omosessuali ecc.
 
L’extraterrestre, a questo punto pensa che la cosa migliore sia intervistare le persone chiedendo cosa esse intendano per famiglia e scopre che né le definizioni legali, né quelle biologiche costituiscono cornici di senso per una comprensione esaustiva di detta locuzione, per cui è costretto alla fine a chiedersi “è possibile che “famiglia “sia quello che risulta dall’uso che le persone fanno del termine famiglia?
 
Mi sembra importante a questo punto riflettere sul significato etimologico del temine famiglia, perché come ci ricorda il filologo classico Maurizio Bettini(Le orecchie di Hermes) l’etimologia di una parola non è altro che il suo racconto, e come tale dischiude orizzonti di senso che la quotidianità ha in certi momenti offuscato, o per meglio dire l’evoluzione storica e socio-culturale ne ha fissato il senso in quel particolare momento e in un certo modo attraverso la lingua d’uso, pur mantenendone l’essenza.
D’altro canto come dice Wittegenstein ”Un significato di una parola è un modo del suo impiego… è quello che impariamo quando la parola viene incorporata per la prima volta nel nostro linguaggio …e per questa ragione … tra i concetti di significato e di regola sussiste una corrispondenza” (Wittegenstein, Della certezza)
Comunque il linguaggio non è solo un modo di rappresentare l’esistente , ma anche un modo per creare la norma in base alla quale valutare l’esistente. Attraverso il linguaggio si costruiscono e ricostruiscono gli stereotipi sociali e quindi anche quelli relativi alle famiglie.
 
La parola …è la cosa nominata?
La scelta dei termini non è una scelta formale in quanto diventa un opzione teorica epistemologica e metodologica, come vedremo successivamente.
 
La parola famiglia deriva dall’italico famel ,1 in osco faam, che significa casa.
 
Gallo Barbisio, evidenzia la somiglianza tra i concetti di famiglia e di casa riferendo l’opinione di alcuni studiosi che ne mettono in evidenza una radice indoeuropea, come Della Casa, che indica la radice indoeuropea dha da dhaman casa che diventa da (con il delta greco), che significa porre, da cui il verbo tidhemì che significa fissare.
Questi significati non possono non far riflettere sul fatto che l’etimo della locuzione famiglia non connota una dimensione biologica bensì relazionale,cioè la casa dove vivere insieme, dove fissarsi senza alcuna allusione a vincoli di parentela e o di consanguineità. Un esempio è dato dalla famiglia romana che di fatto comprendeva i famigli, che vi facevano parte per il sol fatto di abitare nella stessa dimora, al di là dei legami di sangue, come d’altro canto il famulus cioè il servo di nascita, colui che vive nasce ed abita nello stesso luogo.
 
Nelle lingue semitiche è certo un collegamento con il cibo, il nutrimento, mentre la radice indoeuropea dhaman e l’osco umbro faam alludono ad un significato di contenimento e di protezione, concetti alla fine abduttivamente assimilabili per somiglianza concettuale.
 
Vediamo di riflettere su ciò che è accaduto.
Perché il passaggio dalla famiglia allargata patriarcale a quella nucleare è stato accolto dalla comunità sociale con grande enfasi e considerato anche dalla comunità scientifica come una interessante innovazione, al contrario di quanto è accaduto per le nuove forme di famiglia testé indicate e che lasciano tanto perplesso il nostro extraterrestre?
 
E’ verosimile che le nuove forme familiari siano risultate difficili da integrare nel senso comune , ma anche nella conoscenza scientifica, perché propongono una epistemologia, una weltanschauung rispetto a modi d’essere, estranei al costrutto di famiglia che la comunità sociale aveva profondamente internalizzato. Infatti nei paesi occidentali la forma più diffusa e condivisa di famiglia è stata quella nucleare con coppia eterosessuale e figli biologici.
 
Tra l’altro, la ricerca psicosociale ha registrato lo stretto rapporto tra conoscenza scientifica e conoscenza ingenua tra loro strettamente embricate al punto che è stato riscontrato attraverso lavori documentati che la tipologia dei pregiudizi emersa dalle indagini scientifiche non è diversa da quella che caratterizza la cultura di senso comune, verosimilmente rinforzantesi vicendevolmente.
 
Da sottolineare inoltre che la percezione della famiglia nel senso comune così come risulta da indagini scientifiche condotte in questo campo negli anni 90 ha messo in evidenza che:
  1. L’appartenenza familiare costituisce un fattore saliente nella percezione della persona, per cui l’essere membro di una famiglia nucleare viene valutato più positivamente che l’essere membro di una famiglia a forma diversa;
  2.  Gli stereotipi familiari influenzano il modo in cui i membri di famiglie diverse da quella tradizionale percepiscono se stessi, al punto da condizionare , almeno a quanto risulta da ricerche empiriche e osservazioni condotte in ambito clinico il funzionamento familiare
Di fatto nel corso dell’ultimo secolo, si sono intrecciati tre fenomeni tra loro interconnessi e cioè una sorta di isomorfismo tra i modi con cui le famiglie si sono storicamente organizzate, quindi il livellofenomenologico, l’attribuzione di senso condivisa nel contesto sociale che costituisce il livello rappresentazionale ed infine i modelli di analisi e di spiegazione adottati per lo studio delle dinamiche familiari cioè il livelloteorico.
 
Non a caso l’indagine epistemologica e metodologica almeno fino all’inizio degli anni 80 rivolta all’analisi delle dinamiche familiari ha messo in evidenza la presenza del pregiudizio rispetto a forme familiari diverse da quella nucleare, bianca , con coppia eterosessuale e figli biologici.
 
Detta unicità di riferimento ha di fatto relegato famiglie diverse da quella nucleare nell’area della devianza e della marginalità.Questo isomorfismo ha portato ad una naturalizzazione dell’oggetto famiglia al punto da far sembrare naturale un processo che è stato socialmente e culturalmente costruito, al punto che la famiglia nucleare non è stata più una delle tanti modi di essere famiglia ma è diventata la famiglia.
 
Non è un caso che gli studiosi si confrontino in tal senso su posizioni diverse quindi all’interno di altrettanto diverse prospettive teorico epistemologiche.
 
Infatti c’è chi ritiene che estendere il termine famiglia alle nuove forme sia un’operazione confusiva che porta di fatto alla vanificazione del suo significato.
 
C’è chi ritiene che utilizzare il termine famiglia non connotando e non comprendendo le varie forme con cui esso si esprime non è più significativo della grande varietà di legami che esso emblematizza nella società contemporanea.
 
C’è infine chi, e questa mi sembra la posizione che meglio risponda ai mutamenti sociali, facendosi interprete delle trasformazioni sociali, che non possono essere tout court relegate in contesti di marginalità e di devianza, propone il mantenimento del termine famiglia rideclinandolo al plurale famiglie.
 
In altri termini bisogna scegliere tra una prospettiva normativa che muove dal presupposto dell’esistenza di una specificità familiare e una fondata su una prospettiva pluralista che muovendo dal modello della differenza identifica nella molteplicità delle specificità familiare il nuovo modello di famiglia.
 
Muovendo dalla prospettiva pluralista, si guarda alle specificità che caratterizzano i diversi modi del familiare , non più come espressioni differenti dalla forma nucleare , in quanto quest’ultima diventa uno dei tanti modi…. di essere famiglia.
 
Ritengo che detta premessa, soprattutto per chi si occupa di famiglia nei servizi e quindi gli operatori sociali in genere che agiscono il forte potere prescrittivo delle connotazioni, debbano attenzionare in particolar modo l’uso del linguaggio e quindi evitare termini ad alta valenza patologizzante di tipo riduzionistico volta ad operare pericolosi parallelismi quali “diversità strutturale =patologia familiare".
 
Il tutto senza sottovalutare il fatto che anche queste famiglie come altre famiglie possono presentare problemi e che la ridefinizione dei codici linguistici non deve certamente nascere dalla speranza che… così i problemi spariscono, …come attraverso un gioco di prestigio.
gioco di prestigio
 
Per quanto detto ritengo che i modelli di analisi ed anche i metodi di intervento rispetto alle problematiche inerenti le varie tipologie di famiglia , non sono più adeguate a fornire risposte funzionali sia rispetto all’impianto teorico-metodologico da utilizzare , sia rispetto ai rimedi necessari alla qualità della loro sopravvivenza.
A questo punto il problema non va posto come contrapposizione tra vecchio e nuovo e quindi non più o…o …ma e….e , cioè famiglia nucleare e famiglia multinucleare.
 
Ancora alcune considerazioni: i codici linguistici tra ricambio e ritardo culturale.
 
Il linguaggio costruisce la realtà per la profonda carica di normatività cui rinvia.
Pensiamo per esempio al linguaggio pesantemente squalificante che il termine matrigna evoca nell’immaginario collettivo quando ci rinvia quasi icasticamente la figura venefica della matrigna di Biancaneve che stringe in mano la mela avvelenata diretta ad uccidere l’ignara fanciulla: una metafora avvelenata.
matrigna di biancaneve
 
Possiamo continuare con questa semantica non meno squalificante rappresentata dall’uso altrettanto avvelenato delle locuzioni…. patrigno, figliastro/a sorellastra/fratellastro, con i quali si allude ai componenti di famiglie ricomposte.
Anche le famiglie con un solo genitore sono state etichettate come famiglie incomplete, famiglie senza padre, famiglie disgregate e chi più ne ha più ne metta
 
E poi che dire, sempre nella cornice delle famiglie con un solo genitore, quando l’altro è defunto, del termine orfano-a, (dal greco orphanòs che significa privo) ha tradizionalmente dischiuso nell’immaginario collettivo scenari che ci rinviano a ritratti di bambini tristi e angosciati, in cui sembra che la perdita subita, li condanni ad abitare il mondo attraverso il marchio di una eterna mancanza, di una privazione, appunto che li connota….. come mancanti di qualcosa essi stessi?
 
 bambini tristi
 
Spesso non si riflette che attorno ad essi può anche esistere una rete relazionale estesa, rappresentata per es dai i nonni , dagli zii, oltre al contesto sociale di appartenenza che può diventare insieme al genitore superstite, base sicura che intreccia ed integra nella trama simbolica della storia della famiglia sia il genitore defunto e sia altri affetti.
Allora che senso ha l’etichetta in questione se non di rinforzo degli stereotipi che si aggirano ancora come fantasmi, per denotare situazioni, ma soprattutto per connotarle nonostante spesso sono vuote di senso.
 
La lingua d’uso si sa rinvia ai modi del suo impiego, come ho detto, e quindi indica la rappresentazione di come socialmente viene considerata la separazione della coppia e ancor più una seconda unione.
In altri termini bisogna uscire dall’idea di famiglia come inscindibilmente legata all’idea di nuclearità che ha pervaso tutta la cultura occidentale, utilizzando anche altri codici linguistici
 
Per esempio dire famiglia ricostituita o famiglia ricomposta non è la stessa cosa. Infatti la famiglia ricostituita rinvia implicitamente all’idea di nuclearità, in quanto comprende il genitore affidatario, il nuovo partner e i figli, conseguentemente, costituisce un tentativo di reintegrare il modello conosciuto senza tener conto della separazione come evento che ha ridefinito il senso delle relazioni e la storia familiare…in altri termini come se si partisse da zero.
Invece l’idea di ricomposizione allarga la prospettiva fino ad includere l’intera rete che forma la costellazione familiare che dopo la separazione e la formazione di nuove coppie ha assunto la forma plurinucleare.
 
Il concetto di famiglia ricomposta propone la questione della ricomposizione familiare in una maniera che sposta l’asse dalla separazione dei coniugi e dai legami biologici all’intreccio comunque presente tra legami biologici e legami simbolici.
Cosa significa?
Significa, se riflettiamo un po’ che una seconda unione, sia che si formi in seguito a un divorzio sia in seguito alla morte di un partner non sostituisce, né tanto meno cancella… l’unione precedente, cioè non si riparte da zero, annullando la trama precedente, ma si riconnette ad essa.
 
I legami che si sono storicizzati nel tempo, presente il partner precedente -genitore separato o defunto diventano parte integrante della storia della famiglia e delle relazioni tra i suoi membri , dalle quali non si può prescindere perché esse continuano ad essere significativi nella prosecuzione della trama, attraverso cui si declineranno le dinamiche relazionali in itinere che non possono non comprendere il primo con-esserci e attraverso esso stesso.
Anzi ritengo, che la ricomposizione per se stessa rinvia a processi di riparazione, che spingono ad elaborare meglio rimpianti e risentimenti portando alla luce nuovi significati di positività. Si attiva la poiesis, la creatività verso nuove soluzioni che consentono secondo i casi, di poter continuare ad abitare il mondo, se non altro in maniera meno frustrante e più adeguata alle propria istanze interiori.
Ciò significa che bisogna uscire dall’ idea di famiglia-nucleo per avvicinarsi viceversa all’idea di multifocalità dei legami familiari, concetto che chiarirò meglio in appresso.
 
 
Famiglia monoparentale
 
Anche il termine famiglia monoparentale a volte risulta confondente se non se definisce meglio il senso, considerato che comprende situazioni relazionali diverse.
Infatti detta definizione include sia famiglie con figlio-i con padre presente solo all’atto del concepimento, sia un genitore vedovo e figlio-i con genitore presente solo a livello della memoria emotiva e dei sentimenti ad essa correlati. infine può anche comprendere tanto il genitore convivente e figlio-i ,quanto l’altro genitore non convivente, in quanto separato dall’altro genitore.
 
I primi due casi anche se riduttivamente possono essere definiti famiglie monoparentali, ma certo non il terzo caso, perché il genitore non convivente esiste ed è significativamente presente nella dinamica relazionale che lega comunque genitori e i figli.
Per quanto riguarda i nuclei monogenitoriali, non si può non riflettere sul fatto che i loro confini non coincidono con quello del nucleo convivente, perché altrimenti si vanificherebbe la valenza simbolica dei legami comunque e significativamente presenti.
 
Il linguaggio che usiamo per identificare questo tipo di famiglia continua a d essere impacciato per così dire, in quanto forse non riusciamo a concettualizzare configurazioni familiari che a seguito della separazione si sono riorganizzate attorno a centri diversi.
I nuclei monoperantali anzi per la loro peculiarità hanno bisogno di allargare il loro contesto relazionale connettendosi con altri nuclei come quello del genitore non convivente o quello della famiglia di origine ed infine a quello della rete sociale di appartenenza. L’affido congiunto è già indizio di un cambiamento non solo dei codici linguistici utilizzati, ma anche dei modi di rappresentare e organizzare la famiglia.
 
L’idea di multinuclearità alla fine mette in discussione quello che è stato uno dei presupposti cardine delle teorie della famiglia e cioè il concetto di confine che doveva delimitare la famiglia dalla famiglia estesa e dall’ambiente esterno in generale e quindi chi stava dentro e chi stava fuori, come dice Laura Formenti
La permeabilità dei confini familiari veniva letta come sintomo di cattivo funzionamento e come incapacità a definire la propria individuazione
 
Gli studi sulle famiglie ricomposte ha invece chiaramente dimostrato e quindi messo in discussione, il fatto che il buon funzionamento di queste famiglie è strettamente connesso alla capacità di essere flessibili rispetto alla gestione dei confini e delle gerarchie aprendo le porte anziché all’invischiamento patologizzante, alla multifocalità: un esempio può essere ben rappresentato dal genitore singolo che si appoggia per meglio assolvere al proprio ruolo nei confronti dei figli ai propri genitori, senza che ciò esiti necessariamente in invischiamento o patologia.
Il concetto di confine qui diventa interfaccia tra i nuclei in gioco e non barriera in quanto mentre la prima implicitamente allude all’interconnessione tra unità separate, ognuna delle quali risulta essenziale pur nella sua autonomia all’esistenza dell’altra, la seconda pone l’accento solo sulla separazione.
 
E’ chiaro che tanti sono gli interrogativi che ci pongono le nuove famiglie, soprattutto agli operatori, allorquando esse, vuoi ricomposte o monoparentali, accedono ai servizi per una richiesta di aiuto .
Chiaramente la nozione di plurinuclearità impone un allargamento di prospettiva che richiede la revisione delle ipotesi relative ai patterns e ai processi familiari.
Conseguentemente ci chiediamo quali sono le risorse della plurinuclearità e cioè i punti di forza e i punti di debolezza di queste famiglie?
Come possiamo ipotizzare i rapporti tra genitori biologici e genitori acquisiti, tra genitori e figli acquisiti e tra genitori e figli biologici all’interno di un contesto allargato costituito da più nuclei interconnessi? E’ stato dimostrato che un rapporto solido e contenitivo tra i genitori aiuta i figli a strutturare una relazione soddisfacente e rassicurante da parte dei bambini nei confronti dei medesimi.
 
Indagini condotte su questo tema nel 2003 hanno evidenziato che i figli di famiglie con grossi problemi di funzionamento, riferivano di sentirsi affettivamente vicini al genitore acquisito, allorquando percepivano che questi manifestava di essere veramente impegnato nella costruzione di un positivo legame coniugale.
Ancora non è stato preso in esame sufficientemente il tema della sicurezza nelle famiglie con molti genitori contrassegnate dalla presenza di genitori biologici, genitori acquisiti, nonni acquisiti, laddove vi sono separazioni multiple, che richiedono la ridefinizione degli stessi studi sull’attaccamento.
Certamente, è importante in questi casi incoraggiare il mantenimento dei rapporti con le figure di attaccamento non conviventi.
 
E’ chiaro che la famiglia ricomposta presenta una maggiore fluidità delle posizioni e dei rapporti reciproci, anche se bisogna tenere presente che nella toponomastica interiore soprattutto inconscia, le figure del padre e della madre non sono duplicabili, per cui se esse per i figli rappresentano una base sicura, non devono e non possono essere sostituite dai nuovi partner dei genitori.
Può accadere il contrario, anche se più raramente, che il secondo padre sia riconosciuto come tale al posto di quello naturale, come la seconda madre, per esempio, se sono scelte spontanee non possono che essere accettate.
L’ingresso di un genitore acquisito, in un nucleo post separazione impone la rinegoziazione di tutte le relazioni, che orbitano in detto contesto ricomposto, ed è chiaro che detto processo sarà facilitato sia dalla solidità della nuova coppia coniugale sia dalla qualità della relazione tra genitori e figli acquisiti sia infine dalla capacità di cooperare di genitori biologici e genitori acquisiti nell’ allevamento e nell’educazione dei figli e quindi di saper essere solidali.
 
Ancora quali sono i rapporti tra i diversi nuclei che si intersecano attraverso i figli?
Quali sono i processi fondamentali per una ricomposizione familiare?
A questo punto, come dice Laura Fruggeri non si può più pensare ad interventi diretti solo a svincolare, enucleare, individuare, ma anche a intrecciare, connettere, collegare, ripensando all’idea della multifocalità e delle interfacce all’interno di un contesto familiare caratterizzato dalla compresenza di diversi nuclei tra loro embricati e quindi distinti l’uno dall’altro, ma insieme emergenti l’uno dalla relazione con l’altro.
 
Conseguentemente le storie a forma triadica (si pensi all’ermeneutica triadica sistemica che identificava nelle famiglie con un membro portatore di sintomi la presenza di una triade formata dalla coalizione tra due persone abitualmente appartenenti a generazioni diverse a spese di una terza, o al triangolo perverso o coalizione intergenerazionale di Haley) e trigenerazionale che hanno caratterizzato l’ermeneutica sistemica fondata sulla lettura e l’interpretazione dei patterns di funzionamento della famiglia nucleare, sono insufficienti a comprendere processi che si intrecciano, ramificano in più direzioni e connettono contemporaneamente più triadi
 
L’approccio alla complessità richiesto dalle nuove forme familiari è certo che impone, soprattutto agli operatori impegnati a raccogliere la richiesta di aiuto di non confondere la differenza con la devianza e a saper fare i conti con la propria famiglia interiore, ma questo problema attiene alla formazione dei medesimi, che non è cosa da poco.
D’altro canto già studi sistematici su queste nuove tipologie di famiglie, con genitori separati, famiglie ricomposte, famiglie con coppia omosessuale, hanno rilevato che eventi come una separazione, la formazione di una nuova coppia, i pregiudizi etnici e o omofobici costituiscono eventi stressanti, assimilabili a quelli che mettono qualunque famiglia, come può essere quella tradizionale, di fronte a crisi di passaggio come l’adolescenza dei figli, i lutti, l’invecchiamento, alle stesse crisi adattive
 
Semmai è importante comprendere rispetto alle dinamiche che caratterizzano la plurinuclearità, ciò che può essere una risorsa e ciò che viceversa può declinare verso la patologia.
 
Come ha detto Oscar Wilde “L'unico dovere che abbiamo nei confronti della storia è di riscriverla” e l’approccio sistemico costruzionista ne sa qualcosa, quando dice che raccontare nuove storie significa prestare attenzione alla storia raccontata per fare emergere allargandone la trama nuove narrazioni, punti di vista alternativi insoliti, che magari emergono dai sottomondi di ciascuno, anche se ciò non sarà sufficiente, perché bisognerà intensificare gli studi sulla trama relazionale complessa e multifocale, proposta dalla famiglia plurinucleare per poterne rinarrare la storia.
 
Bibliografia
 
2000 M. Bettini, Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino
Connessioni Rivista di Consulenza e Ricerca Sui Sistemi Umani n.22 giugno 2009.
1989 John Bowlby , Una base sicura , Raffaello Cortina, Milano
Laura Fruggeri I concetti di mononuclearità e Plurinuclearità nella definizione di famiglia
2005 Laura Fruggeri Diverse Normalità ed Carocci
Oscar Wilde Aforismi
2000 Silvia Vegetti Finzi, Il Romanzo della famiglia, ed Mondadori
1978 Ludwig Wittgenstein ,Della Certezza L’analisi filosofica del senso comune, Einaudi, Torino
1 si riserva l'espressione di "Lingue italiche" alle sole lingue indoeuropee parlate anticamente in Italia e non appartenenti ad altre famiglie indoeuropee.Le lingue osco-umbre sono una famiglia linguisticaindoeuropea attestata nell'Italia continentale da metà del I millennio a.C. ai primi secoli del I millennio d.C. parlate dai popoli osco-umbri, sono dette anche lingue sabelliche.(tratto da Wikipedia)


Rosanna PizzoRosanna Pizzo
Consulente relazionale (counsellor), esperto dell'ascolto e della comunicazione e del processo di aiuto alla coppia, alla famiglia, al singolo e all'adolescente.
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