Ci sono diversi aspetti del sogno che si possono combinare tra loro in modo armonioso, nel rispetto delle esigenze del cliente e del counselor gestaltista, secondo Serge Ginger. Questi approcci sono risorse per avvalersi, nel corso della seduta, della via maestra del sogno e possono accordarsi o conseguirsi, arricchendosi a vicenda.
Prima di tutto, indipendentemente dalla scelta del suo utilizzo, il sogno possiede “molteplici funzioni «terapeutiche» naturali, funzioni biologiche di adattamento e di autoregolazione”,[1] senza necessariamente comportare il suo ricordo cosciente. Queste funzioni consistono nella revisione e aggiornamento del nostro patrimonio genetico, nell’assimilazione di un’esperienza, nel riconoscimento e individuazione di un comportamento e nella graduale dissoluzione dei traumi.
Nella prospettiva di Ginger, il semplice racconto verbale del sogno fatto al momento del risveglio si dimostra utile, perché favorisce un migliore accesso alla coscienza e permette le associazioni spontanee ed eventualmente la sdrammatizzazione.
Inoltre, l’interpretazione del sogno, per associazioni che riguardano il suo contenuto o la sua forma, e la sua decodifica simbolica, permettono di immergersi nella ricchezza di possibilità dell’inconscio individuale, mentre il riferimento all’inconscio collettivo, al simbolismo universale e al messaggio nascosto che riguarda il futuro, contribuisce annunciando una dimensione transpersonale e spirituale simile alla “rivelazione”.
Sempre riferendosi ai non meno dei dieci aspetti “terapeutici” del sogno, Ginger sottolinea che il sogno può essere rappresentato come psicodramma collettivo, secondo la tecnica di Moreno; questo è funzionale per mettere in evidenza alcuni suoi aspetti e per arricchirlo delle reazioni dei diversi partecipanti-protagonisti. Il gruppo può avere la funzione di cassa di risonanza, di amplificazione e l’operatore può svelare alcune frasi chiave del cliente ai membri del gruppo che, alla fine del lavoro, le ripeteranno ad alta voce.
Un altro aspetto è che il sogno come proiezione del sognatore favorisce la riunificazione delle diverse sfaccettature dell’individuo, affinché avvenga la successiva riappropriazione di aspetti che a priori sono diversi; invece, inteso come retroflessione, consente di valorizzare lo scambio counselor/cliente, che è l’essenza della relazione d’aiuto su base gestaltica. Inoltre, Ginger evidenzia che il sogno può essere trattato come una Gestalt incompiuta che giunge fuori dalla coscienza, nel mezzo del sonno; se affiora alla coscienza in modo naturale al risveglio, sta ad indicare che non è ancora stato totalmente “digerito”. In questo caso, come abbiamo visto, si può invitare il cliente a raccontarlo al presente, di agirlo sotto forma di monodramma e di terminarlo secondo la propria volontà e responsabilità, per agevolare il cliente a completare il lavoro interrotto. Quello che conta in modo particolare è “la tonalità delle emozioni al risveglio e non il ricordo delle immagini”[2] e quindi lavorare sulla confluenza del sognatore con le sue emozioni.
Infine, indipendentemente dal fatto che il sogno sia la base di un lavoro o il punto di partenza dal quale inizia il percorso della seduta, l’attenzione del counselor sarà più rivolta alla forma del racconto nel qui e ora, che al suo contenuto; il tono della voce, i gesti, le posture, i tempi e i ritmi del respiro, la relazione in corso nella seduta sono aspetti molto importanti, al punto di giungere, al limite, a trascurare il sogno stesso.
[1] Serge Ginger, La Gestalt. L’art du contact, Alleur – Belgique, Marabout, 1995 (tr. it. Iniziazione alla Gestalt, Roma, Edizioni Mediterranee, 2005, p. 91).
[2] Ivi, p. 92.
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