SCRITTURA E CONOSCENZA DEL SE’. La narrazione scritta come strumento di autorivelazione

Inviato da Nuccio Salis

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La scrittura è un potente mezzo di espressione che consente alle persone di condividere e comunicare pensieri, stati d’animo e istanze di ogni umana natura. Attraverso essa diventa possibile, inoltre, appropriarsi di un comune codice simbolico di una data cultura, e di utilizzarne le regole sintattiche e strutturali per dare ordine alle proprie idee o concetti, di modo da poterli esperire e spiegare secondo una modalità di cui il genere umano ha esclusiva su questa terra.

Generare e lasciare segni ha costituito d’altronde, fin dai primordi, un’attitudine dell’uomo in quanto agente comunicante nella sua specie di appartenenza. Tale attività si lega quindi ad esigenze di legame e di contatto coi propri simili. Come corollario simbolico della parola, tale strumento ha la funzione di traslare il linguaggio verbale in una forma grafica significante, a cui succede, per apprendimento, la capacità di elaborazione che conduce al significato, sia esso oggettivo o interpretativo.

 

Tale prerogativa, di cui può godere potenzialmente ciascun membro di una collettività umana (salvo personali condizioni invalidanti),  offre all’individuo la possibilità di avere accesso al mondo sociale, sia in termini strettamente strumentali (uso di libri, internet ecc.) sia sotto l’aspetto processuale delle dinamiche relazionali fra soggetti umani. Insomma, l’importanza circa l’uso, l’utilità e le applicazioni della scrittura è un fatto decisamente assodato.

Le svariate declinazioni che può assumere, per giunta, aprono alla possibilità di sperimentare i linguaggi, ovvero forme espressive che possono anche connotarsi su un piano artistico, dando luce a generi quali la poesia, la prosa, il romanzo sotto le più svariate sfumature letterarie. Si tratta della forza generativa del linguaggio, cioè di quella proprietà creativa individuata e citata a più riprese dal sociologo Noam Chomsky. Questa inclinazione innovativa, dalla straordinaria potenzialità rigenerativa, non poteva di certo sfuggire al counseling, che tende ad abilitarla, laddove la specificità umana e contestuale lo richiede, all’interno di un percorso di revisione esistenziale improntato all’azione.

La scrittura rappresenta un considerevole canale attraverso cui possono essere manifeste e chiarite le necessità profonde di ciascuno. Si fa ponte di comunicazione con se e con gli altri. Nel primo caso, potrebbe essere difatti utilizzata come anello di collegamento con se stessi, nel secondo caso come elemento di congiunzione agli altri. Insomma, la scrittura può soddisfare sia le istanze interne che esterne, separatamente o insieme. È a questo proposito che la produzione narrativa di un Io può essere impiegata a favore di un percorso di consapevolezza e competenza comunicativa.

Tale sperimentazione può appellarsi a un fatto ricorrente e consolidato, in merito all’esperienza umana, ovvero al verificare come il parlante e lo scrivente, benché appartenenti allo stesso soggetto, si mostrino attraverso contenuti spesso decisamente distinti fra loro. Sviluppare uno stralcio autobiografico, il più delle volte, si rivela un esercizio che obbliga ad uno sforzo in termini cognitivi (rievocazione mnemonica,  concentrazione) e in termini emozionali (riverberi episodici, suggestioni, fantasie). Diverse parti di se e del Sé vengono coinvolte, in un’attività rielaborativa che implica processi di ristrutturazione identitaria. Raccontarsi mediante l’esperienza grafo-simbolica dello scrivere, in pratica, conduce a una visione di se considerata maggiormente introspettiva, e in grado di ricavare contenuti e vissuti ivi associati, sviluppando nel soggetto quella giusta dimensione del silenzio interiore che induce al soliloquio, ad una riguadagnata capacità di ascoltarsi e di recepirsi facendo spazio a nuove sensazioni e scoperte percettive.

La scrittura può incoraggiare quel necessario rimodellamento di se, altrimenti non raggiungibile con consuete tecniche supportive, specie se l’individuo presenta inclinazioni proprio verso l’attitudine allo scrivere,ovvero se usa abitualmente tale mezzo per dare senso e sostanza alle sue spinte vitali, consce o profonde, semplici o complesse. A maggior ragione, se un soggetto è già per sua natura e formazione dedito a tale forma espressiva, raccontarsi per iscritto potrebbe rappresentare un interessante mezzo a supporto dell’esposizione verbale. L’autorivelazione orale, a volte, presenta caratteri di resistenza, prestandosi al contempo ad una maggiore possibilità di consegnare le informazioni alla rinfusa, soprattutto nel vivo di un contenitore spazio-tempo in cui la parola, invece di chiarire, nasconde, o invece di spiegare, confonde. È in circostanze come queste, ad esempio, che il counselor potrebbe impiegare lo strumento della scrittura, chiedendo al consultante di provare a narrare qualcosa, con un focus tematico, oppure libero, allo scopo di esplorare con maggiore profondità le pagine di vita della persona che si appella alla sua competenza. Non dimentichiamo che le verità taciute e inesplorate, quelle realmente salienti e determinanti gli anelli culminanti nella vita di un individuo, si ritrovano spesso sigillate nelle pagine di diari segreti e raccolte di confessioni su carta. Questo perché la scrittura è capace di far propendere l’individuo a un maggior raccoglimento di se, e sollecitarlo all’autoriflessione.

Anche se sono cambiati strumenti e canali attraverso cui si comunica in forma scritta, la forza delle parole incise si sposa ancora tutt’oggi al motto latino “verba volant, scripta manent”, conferendo maggiore autorità e valore alle parole riportate in unità grafemiche. Tale opzione, fra le altre cose, concede all’uomo la possibilità di provvedere alla stipulazione di forme negoziate in merito ad attività, obiettivi ed interessi concordati. Ciò ci vieta di disperderci in un flusso inarrestabile e logorroico, di parlarci addosso in modo inconcludente, e ci aiuta invece a sistematizzare le parole come su uno spartito, ritrovando armonia e senso. Non si trascuri, fra l’altro, l’effetto catartico della scrittura, spesso proposto difatti all’interno di un apposito approccio grafoterapeutico.

Per il counselor, dunque, laddove le contingenze lo rendano auspicabile, questo strumento si può rivelare utile e di conseguenza impiegato col fine di avvalorarne sia la portata ispettiva, in riferimento all’altro, che l’efficacia che può derivarne in termini di promozione del benessere personale.

Un espediente metodologico da proporre, potrebbe consistere nell’avanzare al cliente la richiesta di raccontare qualcosa su un personaggio o su un oggetto, scelti rispettivamente dal consultante medesimo. Tale tecnica di identificazione (personale ed oggettuale) viene di solito utilizzata nell’ambito dell’Analisi Transazionale, allo scopo di far emergere le caratterizzazioni più evidenti e rilevanti del proprio Copione. Il fine perseguito si palesa nella ristrutturazione attiva dei propri modelli rappresentazionali interni che danno effettivo luogo a correlati di realtà in gran parte attribuibili ai propri atteggiamenti, in modo da ricercarne alternative, specie per quelle modalità di interazione ad effetti disfunzionali.

Sarà dunque compito di un counselor attento, e deciso anche a mettere alla prova le sue competenze ed attitudini trasversali, a cogliere e rilevare quei connotati ricorrenti che si mostrano come elementi pregnanti nella narrazione di un soggetto, e confrontarne col cliente i significati, rafforzando i principi e le finalità della relazione d’aiuto centrata sulla persona. 

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