Il PROBLEMA DEL COMPRENDERE I PROBLEMI. Modelli e paradigmi del problem-solving

Inviato da Nuccio Salis

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1.Può essere definito problema un qualunque ostacolo alle personali aspettative, un'interferenza alle proprie attese ed obiettivi, una qualche forma di impedimento alla realizzazione di propositi, un limite alle soggettive tensioni ideative e progettuali. In genere, tale fenomeno, associa come manifestazione conseguente l'esperienza della frustrazione. Compito di un operatore dell'aiuto è esattamente quello di guidare l'individuo a ridefinire  un orizzonte progettuale, rimobilitando nello stesso un senso di motivazione e di un'efficace resilienza dall' inoppugnabile valore concreto, in congruenza agli scopi pianificati perseguiti dall'azione.

In ogni caso, mai è plausibile rinunciare alla considerazione sulla specificità di ciascun problema. Qualunque aspetto problemico, infatti, implica una storia, una vicenda umana dotata di significati. Ciascuna biografia individuale si innesta su un'impalcatura risultante dai vissuti, dalle credenze e dall'esperienza del singolo, il quale richiede una dedizione sempre speciale ed in un certo senso irripetibile verso la propria vicenda formativa. Ho trovato doveroso conclamare questo aspetto per chiarire senza ombra di equivoci come possa  rivelarsi insano un approccio aspecifico, in quanto potenziale produttore di un trattamento a taratura impersonale o prototipica.

 

Se, da una parte, in effetti, risulta poco o per nulla efficace applicare pedissequamente modelli pre-impostati, durante la prestazione di servizio di sostegno alla persona, d'altro lato si presenta in modo ricorrente la necessità di orientarsi a strutture in grado di offrire ordine nella complessità e di condurre verso un percorso composto anche da elementi certi, stabili e di sicura affidabilità. In altri termini, viene messo in risalto il bisogno e l'utilità di ricorrere a schemi, ovvero pattern dall'attendibilità consolidata in grado di aprirci verso possibili piste esplorative, vincendo il rischio della frammentazione, collaudando cioè ipotesi esplorative anche inedite, ma al tempo stesso dentro un contenitore sicuro. Il livello di adattiva elasticità dello schema farà la differenza fra un modulo eccessivamente standardizzato, che degenera nella rigidità, ed un percorso privo di paradigmi che obbliga ad una aleatoria ed anarchica estemporaneità.

Quello che occorre, dunque, è un orientamento certificato, che per quanto giustamente sottoposto a verifiche o aggiornamenti, fornisca una cornice dentro la quale agire con la consapevolezza di potersi appellare a teorie e strumenti operativi rigorosi e qualificati.

Per questa ragione, gli studiosi che si sono interessati all'approccio sui problemi, al di la della rispettiva natura, hanno cercato di modellare chiavi di lettura in grado di offrire una visuale chiara e semplificata, che al medesimo tempo non perdesse però la considerazione complessa e globale dell'area problemica. Ragionare per blocchi, costruire diagrammi o matrici, non deve far pensare infatti ad un tentativo riduzionista circa l'approccio ai problemi, ma esso si presenta da sempre come un tentativo di condividere la consapevolezza di un percorso strutturato per passi, che aiuti anzi ad intraprendere itinerari di soluzione secondo un principio di organizzazione e di ordine. Sarà l'incontrollata variabile della unicità del problema a consentire un agire creativo e flessibile, adatto alle contingenze speciali dell'individuo e del suo sistema di relazioni. La semplificazione si attesta dunque proprio come antidoto alla dispersione delle opzioni proponibili. È grazie ad essa se disponiamo di modelli di spiegazione e intervento. Va da se che per affrontare un problema si rende utile un piano. Esso può essere postulato come: 

"Ogni processo gerarchico nell'organismo che può controllare l'ordine in cui deve essere eseguita una sequenza di operazioni"

(Miller, Galanter, Pribram; 1960);

 

"Quel complesso di conoscenze procedurali che consentono al sistema cognitivo il controllo delle azioni eseguite dall'individuo e degli effetti che le stesse producono"

(W. A. Wickelgren; 1979)

 

2. Per comprendere il problem-solving, ad esempio, possiamo disporre di una sistematizzazione stadiale partorita dal matematico ungherese George Polya (1887 – 1985), il quale ci indica i quattro passi che descrivono i percorsi di soluzione:

1) Comprendere il problema: Disporre cioè di una rappresentazione esaustiva e il più possibile obiettiva, in merito alla relazione fra tutti i singoli elementi che danno luogo al problema. Questo primo passo attiva i nostri costrutti interni e le relative proiezioni, eccitando credenze, convinzioni, inferenze mnemoniche episodiche, vissuti e stati affettivo-emozionali.

2) Escogitare un piano: Il secondo step si riferisce alla capacità di guardare al proprio corredo esperienziale e strumentale, per valutare quali reali possibilità sono presenti per desumere un progetto di azione razionale e stabilire tempi e modi di intervento. Vengono messi in moto processi di selezione, scelta, valutazione del bilancio costi/benefici, liceità del programma.

3) Eseguire il piano: Il cuore dell'intervento strategico, dopo l'elaborazione delle ipotesi più accreditate, consiste nel passare alla parte più pratica e fattiva. Si da regolarmente attuazione all'esecuzione delle proprie decisioni, raccogliendo in modo immediato o differito una determinata o tangibile conseguenza.

4) Controllare i risultati: Gli effetti scaturiti dall'azione possono essere contemplati come compatibili all'interno di un quadro di aspettative sperate, oppure come conseguenze che hanno disatteso gli obiettivi immaginati.

Tale schema è rappresentato graficamente da una continuità sequenziale che si interrompe proprio all'ultimo punto, mentre secondo gli orientamenti più attuali, la valutazione dei risultati ritornerebbe poi cortocircuitata al primo step, in quanto alla luce dei risultati, specie se non graditi o imprevisti, si è ridefinito un nuovo problema da comprendere. Ciò è opinabile oggi, in quanto parole chiave come flessibilità, monitoraggio itinerante e problem-solving creativo rendono conto del processo in chiave complessiva, dinamica, metacognitiva e contestuale.

Su questo assunto, ad esempio, si pone lo schema T-O-T-E, di Miller et al., il quale rende l'idea di un passaggio fondamentale nella ricerca e nella definizione del problem-solving, dal momento che il comportamento umano non è più constatato in termini di riflesso e di automatismo, quanto in virtù del concetto di controllo, che conferisce all'individuo la possibilità concettuale della scelta e della responsabilità sull'errore. È un cambio antropologico di non poca portata. Tale approfondimento della scienza cognitiva ha permesso l'affrancamento dallo schematismo skinneriano a matrice etologica e riduzionista. Lo sviluppo parallelo di una psicologia umanistica ha permesso col tempo di restituire la legittima complessità all'essere umano, risollevandolo dalla prigionia delle pulsioni e delle esclusive motivazioni primarie.

L'unità T-O-T-E, infatti, prende in considerazione come primo aspetto certamente il problema (Test), dal quale viene rilevata l'incongruenza che motiva l'azione di compensazione della stessa. In seconda battuta, è compito dell'elemento Operate governare l'azione atta allo scioglimento dell'incongruenza legata all'aspetto problemico di un certo evento. In terzo luogo, sarà necessario un secondo Test (in pratica un re-test)allo scopo di verificare se il nuovo stato delle cose ha un nuovo equilibrio che non ospita più la discrepanza rilevata in predecenza. Se è così, infatti, il compito risulta concluso, e si termina l'operazione (Exit), diversamente si predispone un nuovo esame della situazione con associata un'alternativa azione pianificata.

 

3. Nella comprensione di un problema, dunque, e nella sua eventuale risoluzione, sono implicati numerosi meccanismi che coinvolgono attivamente l'individuo e le risorse sia personali che contestuali che incidono sull'avverarsi dei processi sia generatori che risolutori del problemi. Occorre dunque una visione molto aperta, che unisca la complessità dei modelli teorici più aggiornati con una pratica diretta alla piena assunzione di responsabilità personale, che proietti l'individuo nella dimensione più avanzata di autonomia, resilienza, istanza e concretezza progettuale.

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