L'uso del paradosso nel Counseling


L'uso del paradosso nel Counseling Ricorre in questi giorni il 110° anniversario della nascita dell'artista Magritte.
Il pittore belga René Magritte, che fu tra i maggiori esponenti del movimento surrealista in Europa, nella sua opera si serve sapientemente sia del paradosso che della ripetizione, nell'ottica di un pensiero che vede il mistero come un nodo centrale del concetto stesso di esistenza.


Magritte afferma:" Il significato del mondo, così come quello della vita e delle cose, è impenetrabile. «Il significato del mondo non lo so». Il mistero dà all'esistenza un senso che necessariamente è misterioso. I suoi quadri Ceci n'est pas une pipe e Ceci n'est pas une pomme, se da una parte ci mostrano un tentativo di «cambiare l'ordine delle cose» dall'altra ci conducono ad un paradossale ciclo senza fine che dalla pipa ci rimanda alla sua definizione di non-pipa e così via o addirittura, secondo Focault, ad un calligramma disfatto dalla tautologia soltanto apparente che rivendica l'autonomia tra parola ed immagine".

Magritte con lo shock ci pone innazi al reale. I suoi quadri ci pongono innanzi al mistero si diceva, ciò che non percepiamo, quello che proprio non riusciamo a vedere.  
Mark Sainsbury definiva il paradosso come "una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile". Questo è quindi inevitabilmente uno stimolo potentissimo alla riflessione insegnandoci i nostri limiti intellettivi. 

Giustamente Wikipedia nel parlarne cita che "è stato così che paradossi basati su concetti semplici hanno spesso portato a grandi progressi intellettuali". Non di meno nel Counseling allora, l’uso del paradosso è in grado di fornire gli Strumenti e le Condizioni utili ad elaborare la realtà proponendo nuovi ed originali punti di vista. Non solo, ma è in grado di abituare tramite l'elaborazione del discernere il percepito dal reale, i limiti percettivi che sono spesso causa di incomprensione o di disagio fornendo un rafforzamento individuale all’arte di cambiare situazioni problematiche per mezzo di opportuni interventi strategici che innescano spirali virtuose ove sussistevano invece spirali viziose. 

I paradossi sono smagliature di assurdita' nel tessuto della conoscenza: dapprima ci fanno dubitare delle nostre credenze e poi ci spingono a ridefinire i nostri concetti. 
Aumentare la propria consapevolezza operativa significa anche lasciare la ricerca delle cause degli eventi per concentrare la propria attenzione allo sviluppo di una sempre maggiore capacità di gestire la realtà che ci circonda in modo da raggiungere i propri obiettivi pianificati. 
E' il cuore del "Problem Solving". 

Insieme alla metafora, agli aneddoti, il paradosso assolve quindi una funzione "manipolativa" (evolutiva ovviamente) e possono essere usati efficacemente con il singolo e gruppi in molte consulenze, a prescindere dall’orientamento teorico del counselor che vi ricorre, ma anche in quei tipi di terapia strategica, sistemica e non di meno ipnotica in cui un terapeuta specializzato assume un ruolo attivo per aiutare a effettuare cambiamenti specifici e ben definiti, sia nel singolo che con i gruppi. 
Questo perchè come scrive Bowlby (1980): "ogni situazione della nostra vita è interpretata attraverso rappresentazioni che abbiamo del mondo attorno a noi e di noi stessi. Le informazioni che raggiungono i nostri organi di senso vengono selezionate ed interpretate sulla base di quei modelli che conosciamo" e spesso limitati per vissuti o motivi che la vita ci ha riservato. 

Strumento comune e quindi onnicomprensibile di comunicazione tra Counselor e Cliente. 
I maestri orientali hanno educato i loro allievi principalmente attraverso la narrazione metaforica. Essi, invece di utilizzare il pensiero logico che spesso attiva le difese o risulta insufficiente a sollecitare emozioni adeguate, preferivano ricorrere alla favola e alle storie, oppure, per quanto riguarda i maestri del Buddhismo zen, agli enigmi paradossali, inaccessibili alla logica, detti Koan."Dimmi il suono di una sola mano che batte". Questo è un esempio di Koan. Strumenti che consentono di trasmettere pensieri e concetti altrimenti difficili da comunicare e lo fanno con il linguaggio stesso della mente. La metafora non a caso, dice in un suo articolo su Vertici, Maria Antonia Ferrante(L'uso della metafora nelle psicoterapie) , è nata, come elemento di studio, di approfondimento e d'uso, all'interno della Retorica, l'arte antica del bel parlare e della capacità di persuadere. Il suo uso, inizialmente poetico e persuasivo, si è esteso, nel tempo, a tutte le discipline, da quelle filosofiche a quelle politiche, da queste a quelle scientifiche, all'arte poetica, alla Religione, all'arte dell'insegnamento ed all'uso più o meno sistematico nella cura dei disturbi psichiatrici. Non di meno anche nuovi culti vi fanno ricorso. La Bibbia utilizza un linguaggio spiccatamente metaforico. I concetti del

Bene e del Male sono posti secondo una narrazione metaforica. Dicasi altresì dei grandi poemi epici, dell'Iliade e dell'Odissea, della Divina Commedia, solo per citarne alcuni.. 
Anche Erickson tra i padri dell'ipnosi ricorreva sovente a questi tipo di comunicazione suggestiva ma non spiegò mai il perché della sua efficacia, tuttavia come spiegò successivamente Ernest Rossi, nel dare alla mente conscia un messaggio che la tiene occupata, si trasmette, in modo subliminale, all'inconscio, un altro messaggio di tipo diverso che porterebbelo all'emergere di nuovi livelli di consapevolezza.  
In ambito terapeutico sarà il paziente, in ambito della consulenza il cliente, nell'arte lo spettatore e così via. 

Citando Magritte, ricordo uno spettacolo teatrale sull'eccidio armeno, ove l'autore per trasmettere al pubblico il concetto di quantopossa essere accecante la propria convinzione d'essere nel giusto, tanto da autonegare la realtà tangibile, faceva mostrare agli attori cartelli paradossali. Una pistola con la dicitura "Questa non è una pistola", la foto d'una famiglia con scritto "Questa non è una famiglia"...per originalità e con l'uso del paradosso, induceva riflessioni verso una storia anche fortemente contemporanea, una vicenda in cui il tema del calpestare i diritti umani veniva fotografato nella sua essenza sottolineando in modo inquitante come le genti spesso siano profondamente convinti della realtà che si para innanzi i propri occhi senza alcun ragionevole dubbio, mentre in effetti basterebbe trascenderla, per capire quanto paradossale sia la propria posizione magari utile a qualcuno che l'ha indotta . 

Come diceva Magritte sono sempre le cose semplici, essenziali, comuni a rivelarci la complessità e il mistero del paradosso...della propria realtà. 

Alessandro Lungarini 

Bibliografia:
La comunicazione umana - Andrea Leone - Vertici- 2003
L'arte del paradosso - Alidada- 2008
La metafora corporea - dott. Roberto Ausilio - Centro Mandala per il Benessere Psico-Corporeo - Psicologia e psicoterapia - 2005
Il paradosso come strumento contro gli stereotipi - Sergio Carapelli- 1996
Paciolla A., “Metafora e psicologia”
Maria Antonia Ferrante - L'uso della metafora nelle psicoterapie - Psychomedia

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