fresche ri-letture... a caso, ma non troppo
- 6. Daniel Goleman
Ci sembrava già un conquista che studiosi ed esperti della psiche umana cominciassero a parlare del fattore “Q.E.”: costituiva per ciascuno di noi la inequivocabile conferma che le difficoltà incontrate nello studio e in genere nella conoscenza non fossero legate solo al nostro quoziente intellettivo, alla sola nostra capacità di comprendere, bensì fossero influenzate e persino determinate dalla nostra emotività. Finalmente, per giustificare i nostri affanni mentali, non avremmo più dovuto ricorrere agli esempi ormai proverbiali di grandi geni che a scuola per i loro docenti risultavano di un basso Q.I. , come Albert Einstein.
Ormai sembrava certo che accanto al Q. I. lavorano sensibilità, ottimismo, curiosità, fiducia in se stessi e negli altri. L’intelligenza non è solo logica e razionalità, bensì anche cuore, fantasia, nervi. Alberto Oliverio, docente di psicobiologia a La Sapienza di Roma, i cui contributi riguardano soprattutto la modulazione della memoria e il ruolo della motivazione e dell'emozione, affermava: “le emozioni sono fondamentali. L’intelligenza è come un poligono dai molti lati che si espandono e si contraggono a seconda degli stimoli emotivi dell’ambiente circostante. Si pensa o si crea per sfuggire a un’angoscia, allontanare un frustrazione o trovare una gratificazione. Pensiero, creatività”.
E dunque c’era finalmente spazio per condividere responsabilità e cause per le nostre carenze; si era alla metà degli anni Novanta e Daniel Goleman con il suo Intelligenza emotiva,“rivoluzionava la nostra percezione della vita” (da Time magazine)
Anche noi talvolta ci chiediamo: Perché le persone più intelligenti nel senso tradizionale del termine non sono sempre quelle con cui lavoriamo più volentieri o con cui facciamo amicizia? E Perché i bambini dotati ma provenienti da famiglie divise hanno difficoltà a scuola? Perché un ottimo amministratore delegato può riuscire un pessimo venditore?
Perché, sostiene Goleman, l'intelligenza non è tutto. A caratterizzare il nostro comportamento e la nostra personalità è una miscelain cui il quoziente intellettivo si fonde con virtù quali l'autocontrollo, la pervicacia, l'empatia e l'attenzione agli altri: in breve, l'intelligenza emotiva.
A pag. 68 di questo splendido testo, appunto L’intelligenza emotiva(BUR, ’99, Parte Seconda, cap. 4 CONOSCI TE STESSO), leggiamo:
“[...]fondamentale la differenza tra l’essere schiavi di un’emozione e il divenire consapevoli del fatto che essa ci sta travolgendo. Il consiglio di Socrate , fa proprio riferimento a questa chiave di volta dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza< dei propri sentimenti nel momento stesso in cui essi si presentano.
Di primo acchito potrebbe sembrare che i nostri sentimenti siano ovvi; ma se riflettiamo più attentamente ci ricordiamo di tutte quelle volte che li abbiamo troppo trascurati o che siamo diventati consapevoli di essi troppo tardi. Gli psicologi usano il termine piuttosto pomposo di metacognizione per riferirsi a una consapevolezza dei processi di pensiero, e quello di mataemozione per indicare la consapevolezza delle proprie emozioni. Io preferisco parlare di autoconsapevolezza, per indicare la continua attenzione ai propri stati interiori.
(in nota, a pag. 362: Il mio uso dell’espressione autoconsapevolezza si riferisce a un’attenzione riflessiva e introspettiva verso la propria esperienza).
In questa consapevolezza introspettiva la mente osserva e studia l’esperienza, ivi comprese le emozioni.[...] Essere consapevoli di sé, in breve, significa essere , per usare le parole di John Mayer,che è uno dei padri fondatori della teoria della scienza emotiva (in nota, ibidem: manoscritto non pubblicato, ’93).
L’autoconsapevolezza può essere una forma di attenzione, non reattiva e non critica, verso i propri stati interiori.”
Grazie Daniel Goleman! per questo importante aiuto e per la semplicità con cui ci invita ad accostarci a quel guazzabuglio intricato che è la nostra interiorità.
Bellissima e FONDAMENTALE, a mio parere, quella forma di attenzione non reattiva e non critica. E già perché sarebbe sufficiente una minima dose di reattività e di critica che...di gitto1 costruiremo muri impenetrabili di auto...difesa da noi stessi.
Mi concedo una precisazione: tutto da scoprire e approfondire è il ruolo delle emozioni, e tuttavia non da imitare l’interpretazione che ne ha fatto A. M. T., pubblicitaria di successo, che, proprio negli anni in cui Goleman con altri ci accompagnava in questa bella avventura di conoscenza di noi stessi, in risposta alla scoperta dell’importanza del fattore emotivo, affermava: “intelligenza è anche sapere selezionare ciò che è davvero fondamentale. A scuola studiavo solo ciò che mi entusiasmava davvero. All’ultimo anno di liceo, di certe materie non ho comprato neanche i libri di testo, questo approccio emotivo e selettivo allo studio mi è servito anche sul lavoro. Una campagna pubblicitaria richiede intuito e sensibilità. È una esplorazione nei bisogni della gente, nel mondo emotivo e nelle attese di chi ci circonda”.
Intuito e sensibilità certo, ma non solo! E la competenza si nutre di conoscenze che restano essenziali e continuamente vanno migliorate, anche se non sempre ci appassionano (buon pro per tutti coloro che hanno incontrato nel loro cammino maestri in grado di accendere in loro l’entusiasmo per la conoscenza).
1 di gitto, al v.5: è la voce del poeta che conosce la verità in un frammento di tempo
Forse un mattino andando in un’aria di vetro
Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
Alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
Tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Eugenio Montale, inOssi di seppia,
Cordialissimamente,
Giancarla Mandozzi
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