La salute come strutturazione sociale


Counseling Italia - La salute come strutturazione socialeLa salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale. Una definizione, elaborata nel 1948 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e ripresa dal nostro Ordinamento, che ha superato il tradizionale concetto di salute intesa come assenza di malattia, provocando un decisivo cambiamento di prospettive ed un netto spostamento d'asse dalla cura alla prevenzione e alla riabilitazione. Oggi la vera sfida della Sanità non è più quella di agire sull'organismo solo ed esclusivamente per riportarlo alla forma fisica iniziale, ma di promuovere azioni finalizzate al miglioramento del suo benessere, perché lo «stare bene» è legato anche e soprattutto alla qualità delle relazioni con l'ambiente circostante.


Se conveniamo tutti sul concetto base dell'essenza tripolare nell'idea di salute potrebbe essere anche vero il fatto che la malattia o il disagio è frutto di una compartecipazione tra questi elementi. Sappiamo che un disagio mentale dunque non è solo il frutto di rappresentazioni interne alla persona, ma è anche un riflesso di quel disagio nel fisico e nel suo universo relazionale e sociale. Se questo è vero potrei anche pensare che l'insieme delle strutturazioni sociali (primaria/secondaria) compartecipa alla nascita e alla fortificazione di un disagio mentale al punto che un qualsiasi intervento della stessa società per risolvere quel disagio non può fare altro che accrescerlo.

Apparentemente questa affermazione non sembra vera, la "guarigione" è possibile ed è dimostrato, ma esiste un dubbio. Se il disagio è la reazione della persona verso una società che vuole annientare l'anima di quella stessa persona, allora il superamento del disagio a mezzo della stessa società che il disagio ha creato potrebbe significare l'arrendersi di quell'anima alla violenza fisica, mentale e sociale perpetrate su di lei dal mondo che la circonda. Il rischio di cui vi parlo è la possibilità che una relazione di aiuto non sia l'esperienza grazie alla quale un individuo cerca se stesso, reimparando a guardarsi, ad ascoltarsi ed a percepirsi come essere unico ed irripetibile.

Reimparando a respirare un aria vergine libera da condizionamenti e vincoli, da strutture e credenze limitanti e soffocanti. Il rischio è invece che la relazione di aiuto diventi una "messa a punto" di un anima difettosa, reintegrandola in un mondo che non può accettare le diversità e per questo lavora per appiattire le differenze riconducendo le infinite diversità apparentemente incomprensibili ad un più semplicemente accettabile uguaglianza. Vivere in una società significa rispettare regole comuni non pensare allo stesso modo, e quando la diversità di pensiero viene percepita come un pericolo, la stessa società si difende indicando come "deviante" ogni comportamento che destabilizza il sistema. Questo accade? Ma la relazione di aiuto non può e non deve divenire mai uno strumento di riprogrammazione sociale.
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