Giudice Interiore

Inviato da Manuela Forte

E' quello che cerca sempre di mantenere lo status quo delle situazioni, è quello che non ci permette di andare semplicemente in quello che è lo sconosciuto, che non ci permette di stare continuamente presenti in ogni momento. A volte è proprio una voce che ti dice: «Ah non sei in grado» oppure «Sei senza cuore». A volte è molto sottile, a volte è una sensazione nel corpo di non riuscire a sentirsi dal diaframma in giù. Il giudice interiore si forma intorno ai primi sei-otto anni di vita, principalmente con i nostri genitori. E̓ la nostra modalità di adattarci a loro, è la nostra maniera di castrarci, principalmente per avere quello che ci serve ,mangiare, dormire, amore, Io ci trovo un grande legame (a parte che questo lavoro riprende il lavoro di Freud) con Reich.

 

Praticamente quello che succede in questi primi anni di vita è che il nostro sistema generalmente carica o non scarica. La maggior parte di noi ha un eccesso di carico. E questa energia viene trattenuta nel sistema nervoso, principalmente quello centrale, e poi nel sistema simpatico e parasimpatico. Se ci immaginiamo di essere una grande cellula, un’unica piuttosto che milioni di cellule, quello che è l’equilibrio o il benessere dovrebbe essere tanta espansione e tanta contrazione. Se io non posso esprimere la mia espansione c’è come un irrigidimento della membrana della cellula, che viene trattenuta nel sistema nervoso. E diventano quelli che sono i blocchi psicosomatici. Rispetto al lavoro del giudice interiore, spesso non sentiamo la voce ma sentiamo un effetto fisico, vero e proprio, quando siamo sotto il suo attacco. Il primo passo è di smettere di dare la colpa agli altri e di prenderci la responsabilità  cos’è che mi sta succedendo veramente in questo momento. E sentirsi rientrare ancora in contatto col corpo. Ci sono segnali ben precisi. Ad esempio la rigidità della nuca, non sentirsi dal diaframma in giù (cosa abbastanza comune), sono segni specifici che in quel momento dentro di noi c’è un attacco deciso del giudice interiore. A volte si sente la voce, diventandone consapevoli. E si può riconoscere proprio di chi è la voce, papà o mamma. Se siamo in contatto profondo col corpo e se ci sentiamo in quel momento, ad es. la mamma che ci dice “sei senza cuore”, noi ci sentiamo come un bimbo di 5 anni. In quel momento, , io vado in quello spazio e mi comporto esattamente come un bambino di 5 anni, con davanti mamma che mi dice che sono senza cuore.      

È intenso come lavoro di consapevolezza, a volte molto sottile, perché ci riporta in spazi di una delicatezza incredibile. In quel momento sto facendo di tutto per avere l’amore di mia madre, la mia percezione fisica è di castrazione. Oppure non mi sento lo spazio del cuore. Ho la mia compagna davanti e la vedo come se fossi un bimbo di cinque anni, non voglio l’incontro con la persona che realmente ho davanti, ma con mia madre. Si lavora principalmente con la consapevolezza e con questo tipo di autoindagine che si definisce inquiring, e poi in maniera più precisa si va a lavorare con due tipi di energie essenziali, quella del bianco che è la qualità della presenza  se io mi sento nel corpo in questo momento posso riconoscere esattamente quella memoria molto precisa e non mi faccio attaccare dal giudice  e quella del rosso  con cui si lavora inizialmente  dove si lavora con l’aggressività. Non si lavora mai sul contenuto del giudizio, ma sulla modalità che utilizza il giudice per attaccare, che può essere aggressiva o manipolativa. Lui ti taglia il corpo. Ti porta fuori. Non vuole che tu cambi qualcosa di te stesso. Quindi si va a ricontattare quella energia che ci è stata tagliata da piccoli, che principalmente è quella dell’aggressività. Per difenderci dal giudice dobbiamo ricontattare quell’energia e fermarlo. A volte c’è la sensazione fisica di fare a pugni con qualcuno, molto forte e intensa. L’energia dell’aggressività è principalmente legata all’energia sessuale, quindi si tratta di rimettere in movimento all’interno del corpo un’energia che ci siamo completamente dimenticati di avere ma non abbiamo mai perso. Secondo me non è un lavoro psicologico, ma di counseling. Molti lo prendono come un lavoro psicologico, ma per la mia esperienza, non ho notato grossi cambiamenti a livello psicologico sulle persone. Mentre quando il lavoro è , il semplice ricontattare quello che veramente siamo, fa una grande differenza. Se il giudice blocca significa che è già molto sviluppato. Si vive l’esperienza dei genitori così come li abbiamo interiorizzati. Non li vediamo proprio, non possiamo amarli semplicemente, perché si continua a vedere quella idea che ci si è fatti di loro. Il giudice rappresenta una modalità che conosciamo benissimo, una modalità storica. E ci identifichiamo con la bambina, torniamo in uno spazio infantile dove subiamo il giudizio. Al di là di ciò che dice il giudice interiore la modalità del suo lavoro ha la finalità di massacrare. Una volta che siamo riusciti a staccarci da questo, nel momento che riusciamo a vedere come i nostri genitori sono realmente, esseri umani, quando il giudice interiore dice «stai sbagliando» e può essere vero, da ‘giudice’ diventa ‘guida interiore’. Noi siamo esattamente nostra madre e nostro padre. Il giudice è una parte di noi, nel senso che è una strategia. Se sei in una condizione di pace dove accogli tutto, abbracci tutto anche il giudice. Ma prima di arrivare a ciò se non ti difendi ti massacra. Il lavoro sul giudice interiore dura anni, perché lui diventerà sempre più sottile. Quello che serve per andare oltre è sì ricontattare l’aggressività e le altre energie, ma è anche un praticare presenza che porta sempre più in contatto con l’amore per se stessi. 

Il giudice usa ovviamente le stesse parole che usavano i genitori. La stessa voce. È la tua modalità di sentirli in quel momento, tu non rispondi al giudice e ti riporta alla stessa situazione infantile. Devi aggredire il giudice. Nel Dialogo delle voci vengono fuori le voci delle persone che hanno dominato una certa situazione. Il giudice interiore è sempre il più forte tra tutti quelli che hanno fatto parte della famiglia, quello che da bambino ti ha imposto le regole della vita.

Nel caso devi provare rabbia ma non riesci, è la parte fisica che è attaccata dal giudizio che ti sega l’energia. Quando lui ti attacca c’è sempre una parte del corpo specifica che subisce l’attacco. Se tu lavori stacchi le parole, il concetto, e ti riprendi quella energia che è dentro di te ma che avevi rifiutato perché non eri tu. Ma non ti basta riconoscere il giudice, devi rigirargli l’energia.”  

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