Il dibattito Il caso del recinto disegnato in cortile in una scuola francese
Fonte
Silvia Vegetti Finzi
Corriere della sera 4 dicembre 2011
Isolati o senza intervallo: ma il ritorno
del castigo fa bene ai nostri bambini?
Regole semplici: mai rinviare le punizioni
Una scuola elementare di Tolosa ha introdotto tra le punizioni da usare con gli alunni più indisciplinati e turbolenti il «quadrato d'isolamento»: un «recinto» di due metri per due, disegnato con il gesso sul selciato del cortile dell'istituto, dove gli studenti puniti devono passare la ricreazione. In piedi, da soli, senza poter rivolgere una parola o il più piccolo gesto ai compagni. Alan, 10 anni - racconta il quotidiano La Depeche -, è stato punito insieme con un altro compagno: due «quadrati d'isolamento» sono stati tracciati agli angoli del cortile e i ragazzi sono stati «condannati» ad entrarci durante tutti i momenti di ricreazione della settimana. Mercoledì la mamma di Alan ha ritirato il ragazzino da scuola per il resto della settimana. E molti genitori hanno protestato contro il nuovo regolamento introdotto dagli insegnanti senza il parere del consiglio d'istituto.
Il problema si pone anche a Milano, come attestano le lettere di genitori preoccupati per la severità, ritenuta eccessiva, con la quale gli insegnanti puniscono gli allievi sin dai primi anni della scuola elementare. In certi casi si tratta di scrivere per decine di volte lunghe frasi di pentimento; in altri di rimanere in classe durante l'intervallo. In una seconda gli allievi sono stati obbligati, per un giorno, a non rivolgere mai la parola al compagno indisciplinato; due amiche chiacchierone non riceveranno più i libri della biblioteca; a Elena la maestra ha strappato i fogli del quaderno con gli angoli piegati; Marco è stato espulso dalla classe per un'ora; Luca, che non sta mai fermo, non andrà in palestra.
Il tema delle punizioni costituisce ormai una emergenza che coinvolge tanti genitori, spesso contrapposti tra loro a seconda che i figli risultino vittime o colpevoli. L'enfasi sul singolo caso, seppure legittima, non consente però di proiettarlo sullo schermo della vita contemporanea da cui la scuola in gran parte dipende. Stiamo vivendo anni difficili e vorremmo preparare i nostri figli al futuro rendendoli forti, tenaci e combattivi, dimenticando che anche loro sono coinvolti nei nostri disagi. Nel frattempo le punizioni dilagano senza che si attivi, intorno a un argomento così cruciale, una riflessione e un confronto.
In un certo senso i castighi segnano un momento di crisi nel rapporto educativo. Ma gli insegnanti non sono santi né gli allievi angioletti per cui giunge prima o poi il momento di intervenire punendo il colpevole o i colpevoli. In ogni caso s'impone una domanda preliminare: è possibile prevenire la dinamica colpa-punizione modificando la situazione? I bambini cattivi sono spesso bambini stanchi. L'orario, gli spazi, lo svolgimento delle lezioni, le pause, la mensa, i servizi igienici sono adeguati? Possono essere migliorati?
In ogni comunità vigono però delle regole che, per essere efficaci, richiedono che le trasgressioni siano adeguatamente sanzionate. Ma il termine «adeguatamente» contiene molte incognite. Poiché è impossibile, in ambito educativo, stabilire un «codice penale» valido per tutti, mi limiterò a elencare alcuni suggerimenti.
Primo: le norme devono essere semplici e chiare. Secondo: le punizioni devono essere proporzionate all'età dei bambini. Meglio se immediate e dirette: né rinviate, né prolungate oltre un certo limite. La pena va espressa e motivata; la sofferenza inflitta deve essere proporzionata al fallo commesso. A seconda dei casi la penitenza può essere individuale, di gruppo o collettiva. La vittima deve comprendere che si sta compiendo un atto, non di vendetta, ma di giustizia. Perché il castigo divenga un motivo di buona condotta, è opportuno spiegare ai bambini che le regole non provocano soltanto limitazioni ma costituiscono una valida protezione per tutti. In caso di scolari particolarmente difficili, meglio formulare un progetto che sia educativo e terapeutico con i genitori e gli operatori interessati (psicologo, medico, specialista riabilitativo).
Vorrei infine ricordare che i bambini meritano di essere felici, che la scuola non dovrebbe essere triste e che l'infanzia, come avverte Vivian Lamarque, «dura come neve».
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