"Quella del mistero è la migliore esperienza che possiamo avere. È l'emozione fondamentale che veglia la culla della vera arte e della vera scienza".
Albert Einstein
L'esperienza del mistero, "motore" della nostra curiosità, percorre l'intera adolescenza: mistero della vita e della morte, mistero dell'amore, mistero della bellezza. Misteri che imprescindibilmente richiamano la ricerca di un senso e l'incalzante necessità di una risposta. La domanda di significato esordisce dunque sul palcoscenico dell'adolescenza. Il concetto di salute in un adolescente non va interpretato come assenza di comportamenti a rischio (fumo, sesso, alcool, sostanze....) ma come propensione a porsi domande relative al senso della propria esistenza, indagando il significato del bene e del male e ricercando un "di più" rispetto al visibile, all'oggettivo, al bene di consumo. Inquadrare l'adolescenza quale epoca di un generico "disagio", rimarcando esclusivamente gli aspetti negativi e distruttivi, significa annichilire e scotomizzare la sua vera essenza e capacità propulsiva. Questa operazione è sintomo della schizofrenia che ha sconvolto il sistema valoriale della nostra comunità. Il termine schizofrenia deriva dal greco σχίζω (schizo, scissione) e φρενός (phrenos, cervello) e indica, estrapolandolo da un contesto clinico, la divisione tra sistemi presente nella attuale società alla stregua di un ginecologo che passa dalla sala parto alla sala aborti o come gli allarmi sulla mortalità di pandemie influenzali emergenti (polli e suini) delle quali non bisogna preoccuparsi.
La società contemporanea si sta progressivamente svuotando di valori che hanno fatto la storia e costruito la nostra civiltà. Sono i danni della libertà allorquando sconfina nel relativismo ideologico e nel libero arbitrio. Il futuro, nella visione dei giovani, assume tinte fosche, qualcosa di imprevedibile e non traducibile in una progettualità a causa della perdita di punti di riferimento. I giovani pagano maggiormente di altri in quanto impegnati in un lavoro d'identità, di confronto e mediazione tra spinte interne ed esterne, tra sé reale e sé ideale. Molti a fronte di tale indeterminatezza si pongono in posizione d'attesa: l'incertezza del domani porta ad investire prioritariamente sul presente, a cogliere solo l'attualità e non la prospettiva. Altri si rifugiano in mondi paralleli, spesso devianti, nei quali ottenere soddisfazioni immediate ma effimere; mondi nei quali si ha l'illusione di governare la realtà mentre, al contrario, la si subisce nei suoi aspetti di degrado. Nel mondo contemporaneo impera l'impoverimento di ideali, l'incapacità a lottare per un'idea o per difendere valori per i quali altri hanno dedicato, a loro tempo, la propria esistenza e la propria gioventù. Nemmeno la politica fornisce un esempio di coerenza ed eticità. L'enorme e spasmodica diffusione della virtualità tra i giovani non è un aspetto legato al solo sviluppo tecnologico, ma rappresenta la traslazione nel virtuale della volontà di agire sul mondo reale che si ritiene, in modo masochistico, immodificabile e corrotto. La non-educazione contemporanea produce persone eccessivamente dipendenti dagli altri, dagli eventi e dai beni di consumo e poco propense alla riflessione ed al cambiamento. Nel complesso è una società infantile, centrata prevalentemente sul superfluo e poco o per nulla spirituale. I giovani non sembrano riporre una grande fiducia nelle due istituzioni primarie della società: scuola e famiglia. I due sistemi attendono reciprocamente l'assunzione della responsabilità educativa che non sottende un tentativo di deresponsabilizzazione ma probabilmente un vissuto di inadeguatezza a fronte di una società complessa ed eterogenea.
La scuola può e deve rappresentare un punto di riferimento per la costruzione della salute dei giovani, soprattutto laddove viene a mancare la funzione guida della famiglia. L'istituzione scolastica dovrebbe attivare le potenzialità dei ragazzi attraverso programmi centrati sull'allievo, per consentire quel sentimento di appartenenza e di gratificazione che fungono da fattori protettivi. Purtroppo le Università Italiane non sono un esempio di efficienza. Costi eccessivi e difficoltoso accesso al mondo del lavoro per i giovani laureati hanno determinato una riduzione delle iscrizioni di quasi il 5% in un biennio così come una programmazione sbagliata del numero chiuso ha privato molti giovani di ulteriori opportunità. Il naufragio è visibile sul campo: citando Carl Gustav Jung "Se c'è un qualche cosa che vogliamo cambiare nel bambino,prima dovremmo esaminarlo bene e vedere se non è un qualche cosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi", il pensiero corre alle ricerche psico-sociologiche promosse frequentemente negli istituti scolastici. Ricerche realizzate con i classici questionari centrati sul problema che generalmente inducono risposte adattative alla circostanza.. C'è un evidente vizio di natura etica, determinato dalla presunzione di ritenere "a priori" che vi siano comportamenti a rischio taciuti ponendo conseguentemente l'accento sugli aspetti negativi. La normalità viene così a ritrovarsi collocata nella "anormalità", inducendo paradossalmente quei comportamenti a rischio che s'intendeva prevenire. In tale logica, un adolescente che non mostra comportamenti trasgressivi diviene soggetto da inquisire, da includere in qualche elenco nosografico in quanto sospetto di patologia. Porsi ai margini della tanto decantata prevenzione induce il rischio dell'isolamento sociale.
Porre l'accento sugli aspetti positivi e costruttivi non è funzionale all'attuale cultura "riparativa" che mette in moto economie hobbistiche ed interessi di casta. Gradualmente si è dovuto constatare il progressivo svilimento della famiglia, struttura portante di ogni società. Il decantato sostegno alle famiglie rimane, il più delle volte, puro esercizio di intenzionalità. La nuclearizzazione della famiglia non è certo un aspetto positivo per lo sviluppo di un adolescente ma è manna per l'istituzionalizzazione prima dei bambini negli asili nido ed in seguito degli anziani nelle RSA.
Accompagnare gli adolescenti verso la salute presuppone un cambio di prospettiva, la loro valorizzazione come persone e l'attribuzione di fiducia. Rinchiuderli nella gabbia "disagio" non è produttivo ne preventivo. Le indagini, le ricerche dovrebbero essere guidate da questo principio, così come i servizi per i giovani dovrebbero essere orientati, non al contenimento sociale e alla riduzione del danno od al mantenimento della cronicità, ma allo sviluppo delle risorse. Non c'è maieutica di risorse laddove si conduce l'educazione alla salute con "kit" che forniscono soluzioni comportamentali. Al contrario, dobbiamo concedere lo spazio e il tempo affinchè si crei la possibilità di dare una risposta alla domanda spirituale. Se non si persegue questa strada si priva il termine educare del suo intrinseco valore riducendolo ad una divagazione lessicale. E' demoralizzante constatare, quanto la maggior parte delle istituzioni, consideri l'educazione alla salute una specie di progettualità finalizzata a non intraprendere comportamenti cosiddetti a rischio, partendo dal presupposto della mancata conoscenza degli stessi.
Si realizza una perenne contraddizione tra i modelli culturali che influenzano i comportamenti e gli interventi che non intervengono sulle cause ma su coloro che agiscono tali comportamenti.
Ancor peggio, si legittimano certi agiti purchè rimangano in un ambito di non pregiudizio dell'ordine pubblico (riduzione del danno). Si accusano spesso gli adolescenti di essere dei bamboccioni ma che opportunità hanno? La mancanza di opportunità contribuisce ad incrementare i rischi. Lobby educative e produttive non sono certo la risposta adeguata così come non lo è manifestare devastando quartieri. Ristabilire un ordine o di risolvere un problema con l'imposizione non serve (magari fosse sufficiente!), ma tracciare una cornice all'interno della quale collocare valori condivisi sì. Per far questo occorre coraggio, responsabilità, senso del dovere e del sacrificio nonché il recupero di un'etica sociale che dovrebbe partire dall'alto. L'insegnamento, il modello educativo per i nostri adolescenti, dovrebbe strutturarsi su una base normativo/valoriale, ma ciò è possibile solo se l'intera società comincia a disegnare tale contorno. In caso contrario, avremo sempre più adolescenti privi di punti di riferimento certi e solidi ed una società allo sbando. E' giunto il tempo di abbandonare quegli atteggiamenti che si fondano sull'esclusione di una «realtà» dalla coscienza. Facciamo nostra l'affermazione del celebre pittore Van Gogh: "Non vivo per me, ma per la generazione che verrà". Ognuno di noi ha, nei confronti delle generazioni future, una responsabilità di natura etica e sociale. Lasciare in eredità un modello di cedimento, rassegnazione e rinuncia, un modello esclusivamente riparativo alimenterà l'illusione di salvezza. Educhiamo alla dignità, elemento essenziale della persona umana, base della vera salute, a prescindere dalle nostre fragilità e debolezze. Per far questo non sono necessari medici o psicologi ma solo il costante richiamo ai valori che ci distinguono come persone.
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