AMEBE O BACCANTI? La necessità della nascita della "terza forza"

Inviato da Nuccio Salis

carl rogers“La nostra cultura, sempre più basata sulla conquista della natura e sul controllo dell’uomo, è in fase di declino. Una nuova persona sta emergendo dalle rovine, un essere con un alto grado di consapevolezza, indipendente, esploratore di uno spazio più interiore che esteriore, che disprezza il conformismo delle istituzioni e il dogma delle autorità. Questo nuovo essere non crede di essere condizionato nel suo comportamento, né tanto meno vuol condizionare quello degli altri. È con assoluta sicurezza più umanista che tecnologo. A mio modo di vedere è quest’uomo che ha alte probabilità di sopravvivenza”

A parlare non è un sacerdote Maya, nemmeno un mistico o un santone new age, queste parole sono di Carl Rogers; inutile presentarlo, data la sua illustre popolarità presso noi professionisti dell’aiuto. Alle sue teorie e soprattutto alla sua pratica clinica si devono riconoscere il contributo decisivo nella nascita della cosiddetta “terza forza” della psicologia.

Prima dei vari Rogers, Maslow, May, Berne, ma anche alcuni “eretici “ psicanalisti fra i quali Kohut, Sullivan, Hartmann, Rapaport e la stessa Anna Freud, il concetto di essere umano è stato sempre appannaggio di infelici dualismi quali ad esempio empirismo/innatismo, seguito dalla “rivalità” delle due grandi scuole di pensiero rispettivamente comportamentista e psicanalitica. Due modi parziali di guardare al caleidoscopio delle dinamiche umane. Comportamento esterno vs Psiche interiore. Oggetto di osservazione dei behavioristi il primo, associato alla velleità di essere riconosciuti nei salotti della scienza accademica; area di interesse degli “psicologi del profondo” la seconda. La diatriba sul piano scientifico uno sterile dialogo fra sordi. Ambedue le parti disquisivano circa il fatto se noi essere umani siamo amebe oppure baccanti.

Parliamoci chiaro: l’ameba, e allo stesso modo anche un opposum o un criceto, sono organismi semplici, nel senso che sono dotati di schemi di risposta prevedibili e condizionabili con un premio o una punizione: insomma, è sufficiente una galletta o una scossa elettrica per ottenere risposte manipolabili a piacimento per intensità e frequenza. Tali scoperte, applicate anche sul comportamento umano, hanno finito per produrre un parallelismo grossolano fra uomo e animale, dimentico che, nell’essere umano, fra la somministrazione di uno Stimolo e la comparsa della Risposta “dovrebbe” esserci, si sussurra in certi ambienti, una personale attribuzione di significato allo Stimolo, dovuta, si dice, al fatto che possediamo un vissuto, un’esperienza, una mappa mentale di significati, un orizzonte di valori, un temperamento e anche qualcosa d’altro che si chiama mondo emozionale ed intrapsichico. Insomma siamo una realtà plurima, dinamica, in costante cambiamento, dotata di volontà, giudizio, libero arbitrio. Se questo aspetto, i comportamentisti lo hanno leg-ger-men-te trascurato, forse più che di un errore di una precisione (è il caso dire) scientifica, si tratta di mancanza di autostima da parte dei suoi fautori. In mancanza del ritrovamento e della scoperta di una creatura come Vil Coyote hanno preferito immaginarla.

Comunque, prendiamo quello che è rimasto di buono: ora chi addestra i cani si dichiara con tutta leggerezza educatore.

La controparte, nella sua versione ortodossa ed irreggimentata intorno al suo indiscutibile capostipite, ci ha sempre parlato dell’uomo come il risultato di una serie di traumi, shock, complessi, nevrosi, conflitti intrapsichici, ferite narcisistiche, sensi di colpa, angosce; tutto inevitabile, da prendere prima o poi, come la scarlattina e la dissenteria. Secondo questo approccio, ebbri di una passione erotica pari soltanto a un macaco endovenato di tequila bum bum, ce ne andremo in giro a sublimare la nostra libido in tutte le attività della nostra esistenza.

Amebe o baccanti? Chi ha ragione? Da quale parte stare? E soprattutto, perché tanto competere per poter poi arrivare, anche se comprendo che è una semplificazione, a medesime conclusioni? Se nel comportamentismo l’uomo è vinto dalla natura, nella psicanalisi cede sempre agli impulsi primordiali. Il paradigma interpretativo è lo stesso: l’essere umano non sceglie. Non è in grado di prendere decisioni. La prima forza ci insegna che siamo vincolati ai tropismi di una spinta adattiva che tende al soddisfacimento dei bisogni primari. Per la seconda forza siamo travolti da pulsioni impetuose e forze incontrollabili da cui è impensabile affrancarci. Per quanto sarebbe durato ancora questo dibattito grottesco, se non fosse intervenuta una persona dalla statura umana e scientifica che risponde al nome di Carl Rogers.

Le sue ricerche hanno restituito autenticità e valore all’idea di essere umano, tanto che su di esso ora si può intervenire in termini di un aiuto che potenzia il medesimo, riconoscendogli piena autonomia, espansione di diritti ed implementazione di bisogni non solo omeostatici nel senso ristretto.

Se non fosse per queste grandi personalità forse, ancora oggi, dopo esserci chiesti se è nato prima l’uovo o la gallina, il dibattito sarebbe ancora aperto: amebe o baccanti? E quel che è peggio è che se ne parlerebbe in un talk show, fra psichiatri da bancarella, ricercatori di gnomi e ammaestratori di bacherozzi. E a partire da quello scenario saremmo stati chiamati a inviare un SMS per rispondere: 04 per Ameba 05 per Baccanti, solo 2 Euro al minuto.

Grazie Carl per averci salvato dal televoto!

E per il coraggio di tutte le straordinarie imprese di quest’uomo a cui saremo sempre riconoscenti. Perché…

Skinner negava l’anima,

Freud la scoprì ma non la riconobbe,

Rogers la invitò a parlare.

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