Stati dell'Io e relazione d'aiuto: i fantasmi del GENITORE e del BAMBINO

Inviato da Nuccio Salis

famigliaSupereroi invincibili, consolatori filantropi, guru onniscienti, guide impeccabili, agnelli sacrificali. Sono diverse le immagini archetipiche che si è pronti ad indossare per entrare con la divisa del “distributore dell’aiuto” o del “dispensatore di cure”, dentro la relazione di aiuto. La mancanza di formazione e quindi del riconoscimento consapevole di tali maschere, può far correre il rischio di sviluppare approcci inefficaci, fuori luogo, di motivare inconsapevolmente i propri interventi soltanto per soddisfare il ruolo che ciascuno preferenzialmente si attribuisce. Con questo tipo di condizione si rovescia esattamente il senso del sostegno verso l’altro, diventando dipendenti di un Sé dipinto stucchevolmente di fantasie che passano facilmente dal consigliere risolutore alla spalla da inzuppare con le lacrime delle altrui afflizioni. Si originano in questo modo tutti quegli atteggiamenti rientranti fra gli elementi inefficaci in merito alla costruzione di un rapporto interpersonale.

 

Quello che più deve essere marcatamente messo in evidenza, a mio parere, è la legge della complementarietà fra ruoli, che innesca processi interpersonali che congelano la percezione delle proprie arbitrarie etichette auto rappresentative, generando un complessivo rafforzamento dell’inefficace figura ideativa dell’operatore dell’aiuto. Ovvero: se offro il mio aiuto perché questo soddisfa il mio sentirmi Salvatore degli oppressi e dei bisognosi, e tale atteggiamento è intercettato su livelli misteriosamente inconsapevoli dall’utente, e questi si è conservato in un modello di vita costruito secondo una posizione di Vittima, delegherà a me ogni responsabilità, non assumendosi nessun impegno, nessun nuovo valore, nessun nuovo processo di cambiamento e di crescita.

Si scivolerà soltanto dentro una sorta di magica danza magari bella a vedersi dall’esterno, ma risultato infelice di una specularità perversa, all’interno di un rapporto che depotenzierà entrambe le figure coinvolte, sottraendole valore e forza di rinascita. Nessun rapporto dell’aiuto potrà ergersi veramente ad efficace se prima non si esorcizzano questi inquietanti miti, destrutturandosi ed entrando nella relazione con la propria animica nudità. Anche perché questo è uno strumento potente che abbiamo a disposizione per influire sull’altro, modellandolo sul nostro esempio di una irriducibile genuinità scevra di mostri o altre creature fantastiche. Nel 1980, il filosofo dell’educazione Enriquez, elencò una serie di più o meno pittoreschi profili identitari dell’educatore, che egli chiamò i “fantasmi del lavoro educativo”. La mia personale rilettura con gli occhiali dell’Analisi Transazionale mi ha aiutato a chiarirne gli aspetti ed a farmi una idea della loro origine e della loro funzione. È soltanto verso questo secondo aspetto che rivolgerò le mie osservazioni. Cominciamo dall’Ego Genitoriale, espresso in termini non costruttivi secondo le sue due tendenze di normatività ed affettività.

Trovo il Genitore normativo polarizzato negativamente (che per semplificazione citerò come Gn-) nei “fantasmi” che vanno sotto il nome di “Formatore” inteso come produttore seriale di utenti plasmati a divenire l’idea di persona secondo le coordinate soggettive dell’educatore. Il secondo Gn- lo identifico nell’ “Interpretante”, cioè in colui che crede di avere una inconfutabile spiegazione per ogni cosa. Il terzo ed ultimo Gn- lo attribuirei al “Militante”, descritto come una sorta di missionario filantropico che tende ad avere una fiducia fideistica nel suo impegno di cambiare il mondo, sovvertirne le regole senza tenere troppo conto di ostacoli e limiti oggettivi.

Tutte queste figure mitologiche, spesso abitanti di reali strutture di personalità, ed espressi attraverso comportamenti osservabili, hanno in comune una forte carica direttiva, egocentrica, svalutante se non addirittura indifferente all’individualità del prossimo. Lontani o privanti del principio di realtà Adulto, procedono verso il binario morto dell’illusione e delle aspettative disattese, trascinando con loro, purtroppo, l’utente designato.

Nell’espressione funzionale affettiva non costruttiva dell’Ego Genitore (per semplificazione Ga-), ho identificato in prima battuta il fantasma del “Terapeuta”, indicato come colui che agisce per guarire, restaurare, riabilitare, che trova la sua gratificazione nel tentativo di condurre il soggetto ad uno stato di salute o di “normalità”. Il secondo fantasma intriso di Ga- è il “Maieuta”, identificato in colui che vuole tirar fuori il meglio dell’altro, cadendo però in proiezioni di eccessivo buonismo ed esagerata protettività. Terzo ed ultimo mito affetto dal Ga- è chiamato il “Riparatore”, ovvero colui che si prende carico dei problemi altrui, li trascina dentro il suo sacco e li porta faticosamente in spalla, con evidenti implicazioni che riguardano la collusione e la sottrazione di potere sull’utente.

Queste ultime tre figure hanno come denominatore comune una esasperata iperprotettività interventista sull’altro, che viene così privato della sua capacità di empowerment personale; cioè gli si invia implicitamente il messaggio che non ora e mai sarà capace di farcela anche da solo, di pensare o trovare soluzioni. In pratica si eleva l’istanza di controllo, limitando l’autonomia di agire dell’utente. Anche le iniziative solitarie assunte dall’Ego Bambino, nelle sue inclinazioni funzionali non costruttive, sembrano decisamente emergere con tutta la loro piena significatività dalle descrizioni delle ultime due figure annoverate nell’elenco dei fantasmi di Enriquez.

Per semplificazione ascriverò a queste due ultime figure il valore funzionale di Bambino Libero negativo, conosciuto in AT col simbolo Bl-. La penultima figura che richiama tale caratteristica è denominata il “Trasgressore”, ossia colui che nella convinzione che crescere in autonomia e prendere l’iniziativa coincida con la caduta di ogni regola e tabù, offre esempi discutibili e non edificanti di stili di vita tendenzialmente dissoluti o comunque inadatti o non congruenti coi bisogni personali del soggetto di cui ci si prende cura.

L’ultima figura chiamata in causa è il “Distruttore”, incarnante un modello dirompente che rovina ogni buon auspicio iniziale in quanto mancante di un atteggiamento efficace e consapevole, privo di una direzione imperniata attorno a valori certi e ad un orizzonte di obiettivi misurabili e verificabili. Tutte queste espressioni non efficaci escludono, nel loro attivarsi, la mediazione dell’Ego Adulto che valuta, organizza, elabora e progetta possibilmente decontaminato da queste inclinazioni che ciascun aspirante candidato alla professione dell’aiuto deve avere il coraggio di riconoscere e smascherare, pena a lungo termine un senso di inadeguatezza e di prospettive inconcludenti, per se ma soprattutto per chi ha il diritto di ricevere un servizio alla persona efficiente e professionale.

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