Il concetto di psicoterapia è sempre stato piuttosto vago. Il Counseling fu definito "area psicoterapeutica non esplorativa", una sorta di psicoterapia a livello minimo che non agisce sulle strutture profonde delle persone e quindi non ne intacca la personalità. La psicoterapia al contrario andrebbe ad agire su tali strutture portando il paziente al cambiamento. La domanda che mi pongo è quella di capire dove inizia la profondità. E' soggettiva o vi sono parametri di riferimento precisi? Se è assodato che la patologia è preclusa al counselor ma non allo psicoterapeuta, si può altrettanto tranquillamente affermare che il counselor può trattare un paziente non occupandosi della patologia ma delle risorse dello stesso. Oppure un medico potrebbe apertamente infischiarsene della psicoterapia e curare ad esempio, una sindrome bulimica con un antidepressivo. Non sarebbe certo imputabile di alcunché. Ma nemmeno il counselor.
Se volessimo estremizzare, dato che non esiste una netta separazione mente e corpo (ogni atto psichico e non, ha un corrispettivo neurobiologico) nemmeno lo psicologo psicoterapeuta avrebbe diritto a fare psicoterapia in quanto andrebbe a determinare dei cambiamenti neurobiologici. Se l'oggetto del contendere è il cosiddetto "disagio" (termine anch'esso vago) o sofferenza psichica, dobbiamo decidere a priori cosa è patologico e cosa non lo è, perchè la dove non esiste patologia non può esistere terapia. La stessa psicoterapia centrata sul cliente di Carl Rogers si avvicina molto al counseling reggendo il proprio impianto sull'empatia, sulla fiducia e la comunicazione. Non mi risulta che i rogersiani vadano in profondità. Non a torto.
Andare in profondità, esplorare i lati oscuri della personalità se può aiutare a comprendere, non determina in automatico la risoluzione dei problemi. La persona deve comunque attingere alle proprie risorse e possibilità, non c'è altra scelta. Oppure può decidere di crogiolarsi per anni in sedute di psicoterapia. Dalla dipendenza da un problema a quella di un terapeuta. Come counselor ho incontrato diverse persone, "reduci" da una psicoterapia, completamente disarmate davanti alle difficoltà del vivere quotidiano. "Ho capito l'origine dei miei problemi ma non so cosa fare" è un'affermazione che ho ascoltato molte volte. A volte molte persone si sentono trattate da incapaci. Nelle relazioni non deve esistere assimetria tra le persone ma solo distinzione di ruolo.
Ne mi piace la parola addestramento perché mi ricorda gli animali del circo o i cani di Pavlov. Le persone vanno addestrate nelle mansioni non nella vita. Se mai andrebbero educate. Certo un counselor deve essere preparato, non può improvvisarsi. Servono anni di studio, di supervisione, di perenne autocritica. Un giorno parlando con un psicoterapeuta comportamentista questo mi disse che alla fine tutte le problematiche erano di natura comportamentale. Era sufficiente cambiare i condizionamenti. Il fatto che ciò non gli ponesse dei dubbi, che ci fosse anche altro nelle persone al di là dei riflessi condizionati mi stupiva, non tanto per la teoria in sé, ma per la completa assenza di autocritica.
Mi immaginavo i suoi pazienti...
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