L’empatia nel processo di individuazione delle risorse

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Empatia Il termine “empatia” è la traduzione della parola inglese empathy, che a sua volta traduce il termine tedesco einfuhlung. Del termine si conosce anche un’origine greca: empatheia (ovvero passione/affezione). Il termine tedesco è molto vicino al significato di “immedesimazione”, mentre il termine greco è più vicino al concetto di “entrare nella sofferenza”.

Il termine empatia è stato introdotto dall’estetica romantica con J. G. Herder e Novalis che lo impiegarono per spiegare la risonanza interiore degli oggetti estetici. Th. Lipps tentò di spiegarlo con i processi di imitazione e proiezione per cui ci si “sente” nell’oggetto o nella persona in cui ci si identifica, pur conservando la coscienza della propria identità come identità separata. Per Lipps, però, l’empatia non sempre è positiva, infatti solo se l’immedesimazione comporta una sensazione di piacere e di libera attivazione si può parlare di “empatia positiva”.

Il concetto di empatia è stato ripreso da K. Jaspers e utilizzato per distinguere la comprensione empatica dalla comprensione razionale. Secondo questo autore quando nella comprensione i contenuti dei pensieri derivano da altri pensieri, essa si fonda principalmente sulla razionalità; quando invece la comprensione dei contenuti e delle idee scaturiscono da stati d’animo, desideri e paure, la comprensione assume un carattere di empatia.

Oggi in ambito psicologico sempre di più si è portati a ritenere che la guarigione del paziente non derivi dalla perfetta interpretazione della sua vita interiore da parte del terapeuta e dalla conseguente possibilità del paziente di “osservarsi dentro”; piuttosto si pensa che la vera cura consista nella qualità della relazione terapeutica tra paziente e psicoterapeuta. E in questa relazione ciò che più conta sono le capacità empatiche del terapeuta, che ascolta, pensa, si immedesima, ma nello stesso tempo resta capace di distinguersi dall’altro per poter meglio integrare il capire con il sentire, per elaborare in modo partecipativo il materiale prodotto dal paziente.

Nel mondo della psicologia e della psichiatria è in corso da sempre un dibattito tra le diverse teorie intorno ai diversi concetti della materia e ai loro legami con le altre discipline. Di conseguenza risulta utile conoscere le varie concezioni sull’empatia, per meglio comprenderne gli usi in psicologia.

SIGMUND FREUD

Nell’ambito della psicoanalisi, Freud parla di empatia nel libro Psicologia delle masse e analisi dell’Io. Per il caposcuola della psicoanalisi l’empatia è un processo di immedesimazione che consente ad altre persone di capire l’Io estraneo: si tratta di un importante pre – requisito per l’interpretazione del paziente, ma non è per Freud di per sé un fattore terapeutico. Per la psicoanalisi infatti si arriva alla guarigione solamente attraverso la presa di coscienza, da parte del paziente, del suo mondo interiore, che gli giunge grazie all’interpretazione delle sue dinamiche interne fornite dall’analista. Allo psicoanalista pertanto non viene richiesto di mostrare attenzione e interesse per il vissuto del paziente: ciò che deve fare è concentrarsi unicamente sulla rilevazione e interpretazione degli aspetti inconsci che l’altro gli comunica.

CARL GUSTAV JUNG

Carl Gustav Jung propose un’interpretazione della psiche umana alla luce della sterminata produzione simbolica dell’uomo, allontanandosi quindi da Freud che al contrario riduceva tutta la vita psichica alle determinanti biologiche, cioè agli istinti.

Secondo Jung si poteva giungere a conoscere se stessi anche attraverso l’analisi delle produzioni simboliche di altri esseri umani, comprendendo gli elementi comuni e prendendo coscienza degli elementi differenti che permettono di considerarci “individui”. Partendo da queste considerazioni, Jung, si metteva in ascolto dei pazienti cercando di cogliere i vissuti di questi soggetti alla luce della sua teoria. L’atteggiamento di Jung di ascolto è basato sull’empatia e sulla ricerca del senso della sofferenza, allo scopo di proseguire il cammino evolutivo. Per Jung l’analista non è come lo intendeva Freud “uno schema vuoto”: egli interagisce con il paziente attraverso la sua personalità. Il rapporto empatico che si stabilisce è un rapporto proiettivo di una parte di sé che successivamente viene risperimentato come appartenente a sé, in altre parole vengono empatizzati aspetti inconsci di se stessi proiettati sull’altro. Il concetto di empatia di Jung, è dunque, fortemente “monadico”e non “relazionale”, come invece lo concepiranno altri autori.

CARL ROGERS

Nella rassegna sulla concezione dell’empatia nei vari orientamenti psicologici, non poteva mancare la citazione a Carl Rogers, per il quale, del resto, l’empatia non è solo alla base della tecnica terapeutica ma dell’esistenza stessa.

Rogers guarda all’uomo come a un essere attivo, che esperisce la propria esistenza e che ha un fine: quello di servirsi della vita per fare qualcosa in cui crede.

Per questo autore l’empatia è fondamentale nei rapporti umani: si tratta di saper entrare nel mondo personale dell’altro e starci a proprio agio, come a casa propria. Ciò implica avere una sensibilità eterocentrica ed essere in grado di comprendere, momento per momento, il cambiamento dei significati delle cose nell’altra persona. Per questo l’empatia è per Rogers una disposizione ancorata alla struttura di personalità, in quanto imprescindibile dal mondo delle convinzioni, dei bisogni e degli interessi di ciascuno, ma è anche un’acquisizione che ciascuno può raggiungere riorganizzando lo stile del pensiero e il sistema delle priorità.

Attraverso l’atteggiamento empatico del terapeuta, per Rogers, il paziente può esplorare il proprio mondo interiore e comprendersi sempre più in profondità, fino ad accettarsi così come è. Il terapeuta diventa un compagno del cliente, che lo assiste nella scoperta dei significati per lui sconosciuti della propria vita interiore, di quelle esperienze che hanno difficoltà ad entrare nel campo della coscienza.

I fattori che limitano la comprensione empatica sono: rigidità mentale, insicurezza, immaturità affettiva, tendenza ad esprimere giudizi, atteggiamento direttivo. L’atteggiamento egocentrico del terapeuta ha luogo quando egli dà vita a un confronto tra ciò che ascolta e ciò che pensa, mostrando scarso interesse per i racconti del cliente o per il cliente stesso.

ROBERT CARKUFF

Carkuff è uno degli allievi di Rogers che, pur riconoscendo valide le ipotesi del maestro, superando le tecniche non direttive, è arrivato ad elaborare una diversa metodologia terapeutica, indicata con il nome di action oriented.

Secondo Carkuff il terapeuta, oltre all’accettazione calorosa del paziente e alla comprensione empatica, deve operare con interventi di orientamento e di confronto, che spingano il cliente verso l’azione, per attuare quanto emerso nelle fasi di auto-esplorazione e di conoscenza. Il significato della comprensione empatica viene arricchito al punto di definirla come una sensibilità del terapeuta nel cogliere i sentimenti del momento, ma anche come l’abilità verbale per comunicare questa comprensione con un linguaggio adeguato ai sentimenti presenti nel paziente.

Per Carkuff senza empatia non si può aiutare gli altri: dall’empatia dipende la soluzione stessa dei problemi del paziente.

Per comprendere la persona in modo empatico, il terapeuta dovrà affinare sempre di più la sua sensibilità e la capacità di osservazione, in modo da cogliere il tipo di sentimento caratterizzante il cliente in un dato momento e il suo grado di intensità.

I sentimenti provati dovranno poi essere riformulati e ri-espressi al paziente nella loro intensità, senza enfatizzarli né minimizzarli.

Da quanto detto, si può dedurre che l’empatia si esprime attraverso la comprensione e la riflessione del vissuto di un’altra persona; questo atteggiamento determina nell’altro un abbassamento delle proprie difese e una maggiore disposizione all’introspezione e alla comunicazione, per cui è possibile avviare un processo di interazione più aperto ed efficace.

Empatia significa, dunque, una comprensione dell’altro dal suo interno; ciò implica il sapersi calare nella sua esperienza emozionale e riuscire a provare ciò che l’altro prova: sentirsi con lui, dalla sua parte, non solo al suo posto ma nella sua pelle.

La comprensione empatica è fondamentale in tutte quelle professioni che offrono servizi e assistenza a chi ne ha bisogno. Essa permette di:

 -        accogliere la persona, farla sentire a suo agio;

-        interessarsi alla persona stessa, non al problema che porta;

-        rispettare il soggetto e manifestargli rispetto e considerazione;

-        facilitare la comunicazione;

-        essere trasparenti, ossia stabilire una certa coerenza tra i sentimenti manifestati e quelli realmente provati, evitando di simulare sentimenti poco realistici;

-        immedesimarsi nell’interlocutore per comprendere il suo punto di vista;

-        accettare l’altro in modo incondizionato, astenendosi da qualsiasi valutazione approvazione o disapprovazione

 Riassumendo, fondamentalmente tutti sono dotati di capacità empatica, che fa parte della natura umana, ma alcuni raggiungono più facilmente l’eccellenza in questa abilità perché hanno ottime capacità di introspezione e di comunicazione, sanno comprendere il linguaggio del corpo, hanno una buona esperienza della realtà e non mancano di curiosità per la vita e di interesse verso gli altri.

Ricordiamo, però, che la comprensione empatica potrà essere attuata solo nel momento in cui si assume un atteggiamento di decentramento cognitivo, ossia solo nel momento in cui il soggetto sarà in grado di uscire dal proprio schema di riferimento esistenziale e valoriale per muoversi all’interno dello schema di riferimento dell’altro.

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