La relazione tra counselor e cliente può consistere nel lavorare sulle alternative non esplorate, per trovare significati alternativi. Il cliente ha conosciuto un solo tipo di realtà, il counselor fa vedere un’altra realtà. Il counselor può utilizzare significati personali per individuare come si è formato un problema. È necessario, allora, attraverso il colloquio o la narrazione scritta, riuscire ad individuare significati specifici e punti critici. Ma occorre porre le domande giuste per andare al nocciolo del problema. “Perché è importante questo... per te?” o “perché vorresti questo...?” sono domande che vanno ad esplorare, a scandagliare. La domanda già permette il cambiamento in quanto, in questa individuazione e ricerca, si è messi gradualmente nella condizione di cercare e creare nuove alternative di conoscenza e di vita.
“Che cosa è...?” chiedeva Socrate e tale domanda era tesa non tanto a cercare un chiarimento quanto a spingere al dialogo l’interlocutore. Scopo di Socrate era stimolare con tutti i mezzi – compresa l’ironia – l’interlocutore, così da portarlo ad una “valutazione” delle proprie concezioni; si ponevano, così, le basi per una ricerca di ciò che è bene per se stessi. Socrate irritava l’altro, cercava insieme, senza nulla presupporre, con chiunque, egli stesso dubbioso; Socrate giungeva al punto interrogativo, ponendo gli altri, sicuri di sé in partenza, in contraddizione. Giocava con le parole, mettendo sempre tutto in discussione, in dubbio, le certezze abitudinarie. Utilizzava, in tal modo, un principio utile per diventare se stessi.
Il sapere socratico non era un sapere teoretico, né tecnico ma un sapere che si attuava nel realizzare pienamente il sé in una consapevolezza critica dei propri limiti e perciò delle proprie concrete possibilità. Ogni volta sapendo come era bene attuare il proprio mestiere e, dunque, a un tempo, come realizzare il proprio sé come uomo, in rapporto agli altri uomini, perché già ciascuno è sé in quanto è relazione con gli altri. Solo in questo modo si riesce a capire ciò che è bene o male per noi.
E non è poco! Da qui la considerazione socratica che il male è ignoranza, il male cioé è agire senza esame, perché è da quell’esame che scaturisce il sapere. E ancora. Proprio in quanto tale sapere non ha oggetto, ma si costituisce di volta in volta attraverso la stessa ricerca: il bene di oggi non può essere il bene di ieri, per cui agire da uomini, essere uomini consiste nel modificarsi e nel modificare, uscire dalla cristallizzazione e dalla sclerosi di ciò che facciamo.
Questa filosofia di Socrate potrebbe, dunque, costituire un insegnamento per il counselor. L’esame e la domanda attraverso cui rendere l’altro consapevole spingono a rimettere tutto in discussione, per cui quando si giunge alla fine ciascuno saprà quel che deve fare: ciascuno, per conto proprio, senza che esista una risposta unica, che valga per tutti. In tal modo, il counselor non insegna, non fa prediche ma risveglia in ciascuno la consapevolezza critica su ciò che è bene per sé.
Ciò è possibile attraverso il ragionare insieme, attraverso la conoscenza dei dati, della situazione, delle possibilità, conoscendo, appunto, noi stessi per instaurare il giusto ordine, in sé e ad un tempo negli altri.
Lucia Balista
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