Filosofia e orientamento [puntata 5/10]

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Filosofia e orientamento [puntata 5/10]

 

Quello che noi oggi chiamiamo “virtù” era chiamato in Grecia “Aretè”, intendendo con questo termine ciò che rende una cosa buona e perfetta in ciò che è, o, meglio ancora significa quell’attività o modo di essere che perfeziona ciascuna cosa facendola essere ciò che deve essere. Realizzare la propria virtù vuol dire vivere la propria felicità o “eudaimonia” (la buona sorte e una vita piacevole).

Voglio ri-utilizzare oggi queste parole per sostenere che l’eccellenza non deve essere misurata su criteri estrinseci (eccellenza ed eteronomia non sono compatibili); l’eccellenza non si misura in termini di traguardi esternalizzati di quantità o di profitto; l’eccellenza non ha a che fare con la competizione, la competitività o con l’atteggiamento belligerante del “vincere” i competitors.

L’eccellenza significa, oggi, e deve significare ascoltare il proprio Daimon, seguire le proprie passioni, rispondere a motivazioni intrinseche, creare le condizioni per esprimere i propri talenti, divenire “perfetti” in ciò che siamo, divenire ciò che vogliamo essere in accordo profondo con la nostra autenticità.  L’orientamento allora esplica una funziona epocale, morale, sociale e ci porta nel cuore di una rivoluzione culturale dei modelli di uomo e di business: sono eccellente, non perché tu sia meno di me, o perché io abbia prodotto più di te! Sono eccellente nella misura e nel momento in cui sono me e divento me!     


 

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