Correlazioni fra empatia e neuroni specchio


neuroni specchio

Spesso vediamo al cinema o in televisione personaggi dotati di particolari abilità, dimenticando, però, che ognuno di noi possiede o può sviluppare determinati “poteri”. Queste capacità si sono sviluppate ed hanno avuto una evoluzione nel corso dei millenni, esse sono direttamente connesse alle caratteristiche del nostro cervello: capace di creare, di ideare, di riflettere, di valutare, di esaminare, di essere più potente di un computer. Infatti alcune abilità che il cervello umano possiede e gestisce da secoli con una certa facilità e continuità non sono state ancora trasmesse – proprio per la complessità del nostro cervello – alla robotica od a qualunque apparecchiatura che dovrebbe fare le veci dell’essere umano.

 

Uno di questi “poteri”, insito - ma solo in parte - nel DNA umano e che volendo può essere coltivato, migliorato e  potenziato,  è senza dubbio l’empatia. Ovvero la capacità dell’essere umano di comprendere le emozioni dell’altro, immedesimandosi anche nelle sensazioni e nel contesto descritto dall’altra persona.

Rispetto agli altri animali, anche quelli considerati più sensibili, l’uomo ha sviluppato maggiormente la capacità di partecipare alle emozioni ed ai sentimenti altrui. Tanto da decifrare o da anticipare alcuni comportamenti. Questa abilità, che non possiedono solo gli addetti ai lavori nel campo della psicologia, spesso consente di potersi anche difendere da chi abbiamo di fronte e non ha un atteggiamento benevolo nei nostri confronti. Però, in genere, quest’abilità ci consente di aiutare gli altri, di stare vicini alla persona che ha bisogno di aiuto ed ha avuto il coraggio di segnalarcelo oppure, più timidamente, di lasciarcelo intendere. La base di questa abilità sta nei cosiddetti “neuroni specchio”, che si attivano quando compiamo una determinata azione o la vediamo compiere da altri. In altre parole esiste una sincronia fra azione ed osservazione, scientificamente dimostrata tramite accurate ricerche poste in essere mediante ausili quali la risonanza magnetica funzionale, la stimolazione magnetica transcranica e l’elettroencefalografia. Esperimenti effettuati sulle scimmie hanno localizzato questi neuroni nella circonvoluzione frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore.

Questa categoria di neuroni è stata individuata nei primati, in alcuni uccelli ed ovviamente nell'uomo. Nell'essere umano, oltre ad essere localizzati in aree motorie e pre-motorie, si trovano anche nella corteccia parietale inferiore e  nell'area di Broca. Alcuni neuroscienziati considerano la scoperta dei neuroni specchio una delle più importanti degli ultimi anni nell'ambito delle neuroscienze. In particolare, il neuroscienziato indiano Vilayanur S. Ramachandran, non ha avuto alcuna esitazione nell’affermare che: «I neuroni specchio saranno per la psicologia quello che il DNA è stato ed è per la biologia».

I neuroni specchio consentono al nostro cervello di “vivere”, di percepire, una sorta di simulazione dell’esperienza altrui, necessaria per interagire con chi abbiamo di fronte. L’importante è sapere discriminare tra la nostra esperienza e quella altrui, per evitare di finire in risonanza con il nostro interlocutore oppure con il paziente, per quanto attiene al campo medico ed a quello psicologico. In sostanza le emozioni ed i sentimenti dell’altra persona non devono scalfire il nostro modo di essere o di reagire ad un evento ma interagire con l’altro in maniera empatica ma asettica. Anche se in letteratura questo concetto potrebbe apparire come un ossimoro, sanno bene i professionisti del settore (psichiatri, psicoterapeuti, psicologi o counselor) che è sempre necessario sapere mantenere una propria indipendenza dai fatti e dalle emozioni che l’altra persona trasmette. Se ci si lasciasse coinvolgere, in maniera empatica, su avvenimenti particolarmente penetranti, si correrebbe il rischio di assorbire come proprio quello stato d’animo anche dopo avere incontrato la persona con la quale si è manifestata l’empatia. L’empatia, pertanto, è frutto dell’intelligenza emotiva, cioè di vicinanza, di comprensione, di condivisione momentanea del problema, di supporto al paziente, ma non è contaminazione psicologica, ovvero assorbimento dell’eventuale malessere o di uno stato d’animo negativo.

Lorenzo Lorusso

Potrebbero interessarti ...